Sull’orlo di una guerra nucleare. Il primo che “spara”, vince! Intanto gli USA si addestrano in casa

Occidente e Oriente sono sull’orlo di una battaglia per la supremazia che finirà per favorire una piccola élite

“In realtà, come Winston ricordava, erano solamente quattro anni che l’Oceania era in guerra con l’Eurasia e alleata dell’Estasia. Ma questa era come una specie di nozione rubata, ch’egli per caso possedeva perché la sua memoria riusciva a non essere del tutto sotto controllo. Ufficialmente, uno scambio di alleanze non era mai avvenuto. L’Oceania era in guerra con l’Eurasia: quindi l’Oceania era sempre stata in guerra con l’Eurasia. Il nemico del momento rappresentava sempre il male assoluto, e ne conseguiva che qualsiasi alleanza, passata o futura, con lui diveniva impossibile” – George Orwell, 1984
Nazioni, culture e popolazioni sono controllabili in maniera più efficace attraverso l’uso di falsi paradigmi, scrive Brandon Smith su Alt-Market.com. Questa è una tattica storicamente provata e sfruttata per secoli dagli oligarchi di tutto il mondo. Secondo la dialettica hegeliana (il fondamento dell’ideologia marxista e collettivista), si potrebbe riassumere la trappola dei falsi paradigmi come segue:
Se (A) la mia idea di libertà confligge (B) con la tua idea di libertà, (C) nessuno di noi due può essere libero finché non saremo tutti d’accordo nell’ essere schiavi.
In altre parole: problema, reazione, soluzione. Due lati sono contrapposti tra di loro. Ogni lato è portato a credere che la sua posizione sia la posizione buona e giusta. Nessuna delle due parti si interroga sulla legittimità del conflitto, perché ogni lato teme che questo porterebbe alla debolezza ideologica e alla disunione.
Le due parti vanno in guerra, a volte economicamente, altre volte militarmente. Entrambi i governi chiedono agli individui di rinunciare alla libertà, all’indipendenza e all’autonomia, un sacrificio che “deve essere fatto” in modo che la vittoria possa essere raggiunta. Alla fine, né la nazione, né la società ha davvero vinto. Gli unici vincitori sono gli oligarchi, che cantano le parole di lealtà ai loro rispettivi campi, agendo di concerto fin dall’inizio. Il loro obiettivo, il loro unico obiettivo, è stata la cittadinanza stessa – le masse attonite ora ipnotizzate dallo shock, dallo stupore e dal terrore.
Il metodo del falso paradigma e della dialettica hegeliana sono in pieno vigore oggi. Solo pochi anni fa, la Russia, la Cina e gli Stati Uniti erano considerati stretti alleati politici ed economici. Oggi, queste alleanze sono state rapidamente demolite per fare spazio al conflitto, un conflitto utile solo ad una selezionata élite internazionale. Quando si guarda al di là di tutta la retorica teatrale tra Barack Obama e Vladimir Putin, la realtà è che il rapporto di entrambi i governi con l’élite bancaria globale è la stessa.
Durante entrambi i mandati presidenziali, Obama ha inondato il suo gabinetto di attuali ed ex dipendenti di Goldman Sachs, un terreno di prova per finanzieri elitari con aspirazioni globaliste.
E chi è il consigliere economico principale di Vladimir Putin e dello Stato russo? Goldman Sachs , ovviamente!
Le élites statunitensi ed europee hanno chiesto una centralizzazione del potere economico sotto il controllo del Fondo Monetario Internazionale, così come una nuova valuta globale .
Non sorprende che anche Putin voglia una nuova moneta globale sotto il controllo del FMI.
Obama è strettamente consigliato dai globalisti come Zbigniew Brzezinski, membro del Council on Foreign Relations e cofondatore della Commissione Trilaterale, che nel suo libro ‘Between Two Ages: America’s Role In The Technetronic Era’ sostiene :
“Lo stato-nazione sta gradualmente cedendo la sua sovranità … Un ulteriore progresso richiederà maggiori sacrifici americani. Più intensi sforzi per modellare una nuova struttura monetaria mondiale dovranno essere intrapresi, con qualche conseguente rischio per la relativamente favorevole posizione attuale americana … ”
Fintanto che è stato al potere, Putin è stato strettamente consigliato da Henry Kissinger , ancora un altro membro del CFR e fautore della Commissione Trilaterale, che ha detto :
“Alla fine, i sistemi politici ed economici possono essere armonizzati solo in uno di due modi: creando un sistema di regolamentazione politica internazionale della stessa portata di quello del mondo economico, oppure, riducendo le unità economiche a una dimensione gestibile da parte di strutture politiche esistenti, che rischia di portare ad un nuovo mercantilismo, forse di unità regionali. Un nuovo tipo di accordo globale sul modello di Bretton Woods è di gran lunga il risultato preferibile … ”
Kissinger e Brzezinski si riferiscono a questa struttura economica e politica globale armonizzata come il “Nuovo Ordine Mondiale.” Il fatto che i leader politici della Russia e degli Stati Uniti sono chiaramente stati diretti da tali uomini non deve essere preso alla leggera.
Anche la Cina, ha chiesto una ristrutturazione del sistema monetario globale in un paniere di valute centralizzata sotto il dominio del FMI.
I legami della Cina con l’elite bancaria di Londra sono ben documentati.
Gli appelli per un nuovo sistema monetario e la fine del dollaro come riserva mondiale sembrano contraddire notevolmente la fantasia che l’Oriente e l’Occidente sono fondamentalmente in disaccordo. La progressione verso una moneta mondiale e / o governance economica sembra anche crescere insieme con il consolidamento dei legami economici e militari tra le nazioni orientali. Ciò suggerisce che l’ascesa dell’ Oriente e il declino dell’occidente sia effettivamente vantaggiosa per i banchieri globali nel lungo termine.
Mentre gli agenti della disinformazione e i complici i media hanno tentato di minimizzare ogni pericolo per la forza dell’America e del dollaro, i governi orientali stanno rapidamente stabilendo alleanze per smarcarsi dall’influenza degli Stati Uniti.
Lo storico accordo trentennale sul gas tra Russia e Cina è stato firmato. Questo accordo sta già mangiando spazi di mercato e influenzando il modo in cui il commercio energetico si comporta tradizionalmente.
Cina e Russia hanno inoltre ampliato i propri accordi bilaterali effettuati nel 2010, rimuovendo il dollaro come valuta di riserva nelle transazioni tra le due nazioni.
La sete di oro della Cina continua, mentre il paese sta ora costruendo il proprio gold exchange per rivaleggiare con il Comex Stati Uniti.
La Russia ha recentemente istituito quello che Putin chiama “Unione economica Eurasiatica”, un accordo che include Kazakistan e Bielorussia, due paesi che detengono grandi, appena scoperti, giacimenti di petrolio .
In risposta al conflitto in Ucraina, così come aal ” Pivot Asia-Pacifico” degli Stati Uniti, la Cina ha apertamente chiesto un nuovo patto di sicurezza con la Russia e l’Iran.
Inoltre, non dimentichiamo che la Cina è destinata a superare gli Stati Uniti come più grande economia del mondo entro il 2016, secondo l’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OCSE).
Mentre l’ascesa dell’Est viene dipinta nei circoli occidentali come una minaccia per il dominio di USA e NATO, il quadro più grande viene nascosto alla vista. Sì, in effetti, il consolidamento dell’Est è una minaccia considerevole per il dollaro e l’economia americana – soprattutto nel caso in cui la Cina si rifiutasse di accettare dollari come pagamento per le esportazioni e i debiti. Con il più grande esportatore/ importatore mondiale che si rifiuta di accettare dollari come riserva, la maggior parte delle nazioni inevitabilmente seguirebbe il suo esempio.
I giocatori del Nuovo Ordine Mondiale hanno posizionato Oriente e Occidente in rotta di collisione. Perché? In un recente articolo “Chi è il nuovo segreto compratore del debito degli Stati Uniti?”, vengono fornite prove che indicano che la Banca dei regolamenti internazionali e il FMI stanno preparando il mondo finanziario ad un nuovo sistema monetario globale, che dovrebbe nascere da una seconda conferenza di Bretton Woods. La svalutazione del dollaro e l’ascesa dell’Est non sono ostacoli a questo piano. Piuttosto, sono i fattori necessari. Non ci può essere nessun sistema veramente globale economico senza “armonizzazione”, la scomparsa dello status di riserva mondiale del dollaro e la fine della governance economica sovrana.
Per coloro che dubitano di questo scenario,Smith riprende l’ultima dichiarazione di Paul Volcker, come riportata da Zero Hedge .
Volcker, lo stesso uomo che è stato direttamente coinvolto nella distruzione del primo accordo di Bretton Woods e il rantolo finale del gold standard, sta promuovendo un accordo in stile nuova Bretton Woods in cui valute sono ancorate a un sistema di mercato controllato – in sostanza, un sistema monetario internazionale centralizzato. Volcker suggerisce anche che una singola valuta di riserva a base nazionale, come il dollaro potrebbe essere un pericolo per la salute fiscale complessiva.
La propaganda viene accuratamente piantata all’interno del mainstream. Christine Lagarde del FMI in tutte le interviste con i media inserisce la frase “Reset dell’economica globale”,senza spiegare esattamente che cosa comporterebbe, mentre le élite delle banche centrali come Volcker suggeriscono una conferenza di Bretton Woods II che porterebbe ad una nuova autorità monetaria globale. Nel frattempo, i media russi finanziati dal governo come RT producono pezzi che accusando gli Stati Uniti di essere una minaccia nucleare, mentre gli americani credono ad un complotto russo per danneggiare l’economia statunitense. I rappresentanti di Cina e Stati Uniti litigano tra di loro durante le riunioni geopolitici alimentando i timori di composizione diplomatica, mentre il Pentagono “suggerisce” che potrebbe rivedere le sue strategie militari in considerazione di un’altra guerra mondiale. Proprio come nel libro di Orwell, 1984, vecchi nemici diventano alleati e poi nemici, ancora una volta, e alla fine di tutto, è tutta una farsa.
Le migliori bugie contengono elementi di verità. La verità è che l’Oriente sta creando alleanze in opposizione all’Occidente, l’Occidente è impegnato in operazioni segrete in tutto il pianeta, ed entrambi i “lati” sono sull’orlo di una battaglia catastrofica per la supremazia. La grande bugia è che i dettagli importanti sono stati lasciati fuori della nostra piccola storia. Entrambe le parti sono soltanto marionette in un grande gioco di scacchi a livello mondiale, e ogni conflitto in ultima analisi è a beneficio di un piccolo gruppo di uomini. Essi comprendono i finanzieri internazionali che hanno influenzato il tessuto politico di ciascun governo sperando che una nuova crisi possa finalmente regalare loro il “Nuovo Ordine Mondiale” che hanno sempre sognato.

Fonte: http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=8054

http://informazioneconsapevole.blogspot.it/2014/06/occidente-e-oriente-sono-sullorlo-di.html

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Efficace Preghiera a Maria, Mediatrice di Grazie e CorRedentrice; per gli “Ultimi Tempi”

Efficace Preghiera
Immacolata Concepita senza peccato originale,
Madre di Dio e Onnipotente per Grazia,
Regina degli Angeli, Avvocata e Corredentrice
del genere umano,
ti supplico di non guardare le mie indegnità,
ma di volermi accogliere come tuo figlio
peccatore addolorato
e di non abbandonarmi mai.
AVE MARIA…
Madre mia e fiducia mia,
a chi altri potrò ricorrere per essere aiutato?
Tu sola sei la Mediatrice di tutte le Grazie,
Colei che nella Luce di Dio
distribuisce a chi vuole,
come vuole e quando vuole
i frutti della Redenzione
operata dal Tuo Dio e Figlio Gesù.
Tu puoi aiutarmi in tutte le mie necessità,
tu sola sei la Salute degli infermi,
tu sei l’unica Madre che vuol salvare
dalla dannazione eterna tutti i figli.
AVE MARIA…
Io ricorro a Te perché Gesù Ti ha eletta
Mediatrice di tutte le Grazie,
Ti ha dato autorità universale
sul mondo visibile ed invisibile,
Ti ha arricchita della Sua Divinità,
trattenendosi per nove mesi nel Tuo grembo.
AVE MARIA…
Io mi consacro incondizionatamente a Te
perché Tu faccia di me tutto ciò che vuoi.
Mi abbandono al Tuo Amore
di Madre del Signore Gesù,
supplicandoti di accogliere unitamente a me,
la mia famiglia, tutte le persone a me care
e coloro che si affidano alle mie preghiere.
AVE MARIA…
Invoco il Tuo aiuto e la Tua protezione sull’unica
Chiesa fondata dal Signore Gesù, quella Cattolica.
Tu sei Madre di questa Chiesa!
Per i poveri peccatori privi della Luce Divina
Ti chiedo di convertirli.
Sulle sante Anime del Purgatorio
rivolgi il Tuo sguardo
e conducile presto in Paradiso.
AVE MARIA…
Ti prego di sostenere,
proteggere e guidare sempre
la Tua Associazione Cattolica “GESÙ E MARIA”,
di preservare da pericoli e difficoltà
tutti coloro che vi lavorano per la Gloria di Dio.
Di aiutare e custodire tutti gli associati
e quanti diffondono le pubblicazioni
e lavorano con amore
per far conoscere Gesù e Te.
AVE MARIA…
Tu sei stata Assunta in Cielo in Anima e Corpo
e sei viva e vera. Sei Onnipotente per Grazia
ed ascolti anche ogni mio sospiro
e ogni mio pensiero.
Sono assolutamente sicuro
che Tu adesso mi stai ascoltando,
Tu già conosci tutto di me
perché mai mi perdi di vista.
Tu mi sei stata sempre accanto,
ma io sono stato distratto.
Aiutami adesso e donami
questa Grazia a me necessaria
(chiedere la Grazia).
AVE MARIA…
O Madre Santissima, prostrato ai Tuoi piedi,
a Te che riversi come un fiume le Grazie di Gesù
e le distribuisci a coloro che Te le chiedono,
per i Tuoi dolori, per i Tuoi meriti,
per la Tua obbedienza ed umiltà,
Ti chiedo in ginocchio di farmi questa Grazia
(chiedere la Grazia).
AVE MARIA…
Ti ringrazio o Madre mia,
l’amore che ho per Te
e l’affetto che Tu hai per me
mi danno certezza che Tu
questa Grazia me la farai.
Io devo vivere da vero e buon Tuo figlio,
pregare e perseverare ogni giorno,
ma la Grazia che Ti ho chiesto
-nonostante tutti i miei peccati-
me la farai (chiedere la Grazia).
Lo so, ne sono certo,
è l’amore che ho per Te a dirmelo
perché ho piena fiducia in Te,
credo fermamente nel Tuo amore per me.
SALVE REGINA…
CONSACRAZIONE DA RECITARE OGNI GIORNO
(con approvazione ecclesiastica)

Lo zelo di Zola. Il vescovo di Lecce che per primo credette alle rivelazioni di La Salette

ZOL

Lo zelo gentile e profondo di un “normale” vescovo del Sud ottocentesco, postunitario e massonico: Salvatore Luigi Zola. Che dell’ordinarietà seppe fare eccezionalità. Rapito dal mistero e radicato nella realtà, mescolò l’eterno al quotidiano. Per questo fu considerato subito santo, senza mai esserne proclamato. Vita del vescovo che per primo riconobbe, contro ogni corrente contraria, i segreti della apparizioni de La Salette e protesse Mèlanie Calvat

 

 

1506533_10203053101907211_1212125424_n (1)di Pierpaolo Signore

Quella che sto per raccontarvi è una storia semplice, di un vescovo santo… mai fatto santo. Non è un gioco di parole. Una causa di beatificazione che si è arenata, forse definitivamente, forse no, per motivi a noi sconosciuti, per delle cause solo ipotizzabili, ma assolutamente incerte. Del resto, oltre ai santi ufficialmente canonizzati esiste quella sterminata schiera di santi sconosciuti che popola la cosiddetta “Chiesa trionfante”, quella comunione di persone che al cospetto di Dio intercede incessantemente per noi uomini ancora nella prova e bisognosi della grazia divina.

Un vescovo santo… mai fatto

ZOLAÈ la storia del servo di Dio Salvatore Luigi Zola, vescovo di Lecce dal 1877 al 1898, la storia di un Pastore e della sua vita spesa nell’ordinaria premura di curare il proprio gregge. Un racconto che non promette nulla di eccezionale, che non presenta alcun effetto speciale di particolare interesse o miracoli in 3D, ma che lascerà in noi solo una serie di interrogativi senza risposta.

Siamo negli ultimi decenni dell’Ottocento, quando la società pugliese viveva uno dei periodi più intensi e travagliati della sua storia. Le masse popolari erano costituite esclusivamente da contadini senza terra, costretti a prendere in fitto piccoli appezzamenti di terreno e le condizioni di vita aggravate dall’entrata in vigore della legge sul servizio militare obbligatorio che poteva anche prolungarsi tre anni, e che sottrasse molte braccia ai campi. Come se non bastasse, nel 1881 si registrarono anche un forte declino demografico, una crescita produttiva e commerciale bassissima per la persistenza di un sistema feudale e fondiario con una eccessiva frammentazione della proprietà agricola insieme ad una arretratezza delle tecniche di produzione e commercializzazione che si allontanavano inesorabilmente dagli standard nord-italiani e nord-europei. In cima alla lista dei propositi politici dei governi c’era sempre l’estromissione della Chiesa da ogni sistema educativo e prossimo alla gente comune.

Gli esiti del contrasto fra Stato e Chiesa erano evidenti quasi ovunque: negli Stati del mondo in cui esisteva una cospicua o, semplicemente, attiva presenza cattolica, era all’ordine del giorno la violenza, non solo verbale, ma anche legislativa, da parte dei governi che si alternavano.

Il vescovo Zola, sin dall’inizio del suo episcopato, cercò costantemente di creare un dialogo tra le correnti laiche e quelle cattoliche, convinto che senza la Chiesa «nulla può vivere né all’ordine, né al progresso, né al ben essere dell’umano consorzio». Zola denunciava senza alcuna remora l’esistenza, all’interno della società, di molti nemici della Chiesa, i quali miravano a distruggerla, sfruttando ogni mezzo a propria disposizione: «Tale e non altra è la tendenza dell’ammodernata società, la quale, senz’addarsene, prepara a se stessa la morte».

Per questo motivo, Zola esortava i fedeli ad amare la Chiesa e Gesù Cristo in essa, a guardarla come madre e maestra infallibile, a «non uscire mai da quest’arca di salute, perché andreste perduti». Scriveva anche: «I suoi comandamenti sono sacri, la sua legge è veneranda. Chi non ascolta questa madre […] è un uomo fuori dall’arca, gettato in mezzo alle onde, in pericolo di naufragio». Il rimedio vero ed efficace era, quindi, quello di stringersi attorno alla Chiesa e di unirsi, per difenderla dagli assalti dei nemici, senza rimanere freddi, inoperosi e indifferenti.

Da Napoli alla Finibus Terrae, nel deserto morale post-unitario

Esortazioni, le sue, che si ponevano in maniera, quasi meticolosa, all’interno del magistero di Leone XIII e seguivano le sue indicazioni, le uniche che avrebbero potuto portare alla soluzione dei problemi della società. Egli sperava di riconquistare, in breve tempo, il rapporto benefico tra la Chiesa e lo Stato, senza per questo chiudere gli occhi sui vari volti della guerra dichiarata alla Chiesa, tanto da scrivere: «L’odierno Nazionalista, Panteista, Massone, Liberale, Cattolico-liberale, Socialista, Comunista e Nichilista non faccia insulti alla Chiesa. Tutti questi essendo tanti lupi, conosceteli: come tanti serpenti, perché altro non sono, schiacciate loro il capo. Iddio vi benedirà e la Chiesa vi terrà in conto di benemeriti figli».

Zola, in tutto ciò, procedeva convinto che il pontificato di Leone XIII fosse «uno di quei grandi Pontificati, che rimarranno immortali nella storia, per i vantaggi e per i beni recati non solo alla Religione ed alla morale dei popoli, ma alle scienze, alle arti, alle lettere, alle virtù».

Certamente, il Servo di Dio non si limitò a seguire teoricamente il magistero di Leone XIII, ma spese tutta la sua vita cercando di tradurlo in azione. Egli, in quanto «vigile sentinella nella casa del Signore», si sentiva «obbligato a smascherare e le mene e le astuzie dei malvagi, ad opporsi con eroico coraggio ai loro intendimenti, e confermare i fedeli a ciò che i tristi presero particolarmente a combattere».

In particolare, dopo gli anni ’60 – ’70, si erano diffuse dottrine ostili alla Chiesa la quale, essendo considerata nemica della grandezza della Patria e guardata con sospetto, era spogliata dei suoi beni. Così, il vescovo di Lecce, rivolgendosi «ai Principi» che «presiedono alla società civile» e «alla civile Magistratura», esortò costoro a tener presente il fatto che il potere era stato loro concesso da Dio e che, se avessero tenuto in considerazione le dottrine della Chiesa, sarebbero riusciti a procurare il bene dei sudditi e a punire con giustizia i malvagi. Essi dovevano considerare che la Chiesa ha un’azione benefica e il Papa non è un nemico dello Stato, come sosteneva la stampa fallace, ma è sempre attento alla prosperità degli Stati.

Anche per quanto concerne la stessa realtà ecclesiale, la situazione era divenuta molto grave. Molti seminari erano stati chiusi e tra questi, quello leccese, occupato nel ’71 e usato come caserma. Così la formazione dei nuovi sacerdoti era ostacolata e nel clero ormai serpeggiavano divisioni e apostasie favorite dai nuovi governanti.

«la conversazione, il portamento, il tratto, e fin l’abito» : la ricostituzione del clero

Piazza della Cattedrale e del seminario in Lecce

Così Zola, comprendendo che la Chiesa leccese sarebbe dovuta ripartire da una profonda formazione del nuovo clero, avvertì la necessità di riportare in esso la purezza della dottrina della Chiesa.

Zola ebbe così una grande premura verso i suoi sacerdoti poiché ne considerava la grandezza e la immensa responsabilità nel guidare le anime loro assegnate. Li esortava incessantemente ad essere di esempio, non solo con le parole, ma anzitutto con le opere, a far trasparire la loro santità sottolineando che tutto in loro, «la conversazione, il portamento, il tratto, e fin l’abito» avrebbe dovuto far trasparire «il soave odor della virtù».

Li incoraggiava a curare lo spirito con la preghiera, la meditazione, la celebrazione dei Divini Misteri, la recita devota dell’Ufficio divino, gli esercizi spirituali e con sano realismo aggiungeva: «Questa cultura poi spirituale che io raccomando assai, non vada separata dalla cultura dell’intelletto mediante i buoni studî ed assidui», perché oltre alla santità è necessaria la dottrina per «spezzare al popolo il pane della Divina parola, nel combattere il vizio, nel confutare le false dottrine, per rispondere ai sofismi degli empi».

Zola riuscì a raggiungere questi obiettivi curando in particolar modo la formazione dei seminaristi nei quali «mirò a trasfondere le virtù sacerdotali […] con l’istruzione e con l’educazione» e una vita «satura di preghiera e di slanci purissimi verso Dio».

Ma chi era Salvatore Luigi Zola? Nato a Pozzuoli il 12 Aprile 1822 dal Conte Francesco Zola e da Donna Giuseppina di Fraia, rinunciò presto al titolo di Conte. Fu un uomo di profonda cultura avendo studiato lettere e scienze teologiche e morali e fu dedito anche alla musica. Entrò a far parte dell’Ordine dei Canonici Regolari Lateranensi a Piedigrotta dove insegnò per ben venticinque anni lettere italiane, latine, greche, scienze fisiche e matematiche, sacra eloquenza e teologia, dopo essere stato ordinato sacerdote il 9 febbraio 1845.

Il 7 luglio 1870 fu nominato Abate, avendo dato prova di «prudenza singolare nel governo e di virtù conciliative» ed in seguito, l’Abate Zola verrà ricordato dai fedeli come un «sacerdote Santo, come un oratore zelante, pio». La sua giornata aveva un preciso svolgimento: «la mattina scendeva in chiesa verso le otto e rimaneva in confessionale fino alle sedici. Nel pranzo era parco, si accontentava di ciò che gli portavano e non si preoccupava se non gli portavano nulla». Narra, secondo stilema, la ricostruzione agiografica.

La stima nei suoi confronti crebbe e nel 1873 fu creato vescovo di Ugento, in provincia di Lecce, perché «occorreva un Vescovo santo per ricostruirla e ravvivare nelle anime la vita soprannaturale». Lì non trovò una facile situazione poiché tale Diocesi era vacante dal 1863, quando «Ugento vide […] disperse e chiuse le Case Religiose, arrestata, o sospettata, o vigilata l’azione del Clero. La nomina dello Zola a Vescovo di Ugento giunse in buon punto […]. Nella Diocesi rinacque la vita. Ben presto ritornò l’ordine e la pace».

Ad Ugento rimase pochi anni poiché il suo breve governo «fu sufficiente a richiamare l’attenzione delle più alte Autorità ecclesiastiche e farlo destinare a mansioni più onorifiche e di maggiore responsabilità».

Così fu traslato nel 1877 a Lecce dove. compresa subito la situazione in cui versavano la Diocesi e la città, scrisse una lettera in cui invocava l’aiuto della Divina Provvidenza e dei suoi nuovi coadiutori «nei tristi tempi nei quali è combattuta espressamente la Chiesa, impugnata la fede, diffuso e onorato il vizio, insegnato anche dalle Cattedre l’errore, scosse le basi della civile convivenza, che non può reggersi senza giustizia».

Immediatamente sembrò che tutti intuissero che lui sarebbe stato «il vero Padre, il vero Pastore, capace a sollevare tutte le miserie, capace a restaurare le sorti di Lecce» come già era avvenuto a Napoli dove «tutti lo conoscevano, tutti volevano parlargli, baciargli la mano, farsi benedire e poi intorno a lui era un affollarsi di poveri, di fanciulli, di sventurati d’ogni genere».

Egli divenne «senza dubbio il Vescovo più popolare e amato tra quelli di Lecce dell’ultimo secolo perché alla nobiltà dei natali e alle elette qualità di cuore e di mente, unì la santità della vita».

La fede che “Converte in dolcezza tutte le amarezze”

Il vescovo Zola negli ultimi anni della sua vita

Nella sua analisi dei mali della società dell’epoca Zola partiva dalla considerazione che la società era ammalata perché «non crede, non spera, non ama».

In effetti trionfava l’incredulità più ostinata, ogni dogma veniva impugnato e deriso ed «è tutto dire che in mezzo al secolo XIX, secolo, come vogliamo chiamarlo, di luce, di progresso, di civiltà, un Concilio siasi trovato costretto a stabilir la Fede nella esistenza di Dio!». Egli, quindi, proponeva tre riforme da introdursi nella società: riaffermare la fede, la speranza, la carità.

Rilevava, inoltre, che esse erano completamente distrutte dallo scandalo della bestemmia, contro la quale Mons. Zola levò il proprio grido, tanto da dedicare a questo argomento un’intera lettera pastorale. In effetti la bestemmia rovina la fede, chiude il cuore alla speranza in Dio e all’intercessione della Madonna e dei Santi che oltraggia «con il suo linguaggio blasfemo», distruggendo anche la carità, perché colui che bestemmia «ferisce [Dio] nel suo cuore», propaga la ribellione, calpesta l’autorità ecclesiastica e quella civile che da Lui è voluta, distrugge la morale cattolica e la civiltà dando scandalo. Per questo, Zola auspicava il ritorno alla religione dell’Italia che è «una terra cattolica, una terra civilissima e che perciò [vuole] punita la bestemmia che, col suo propagarsi, distrugge [quanto ha di] bello».

Per far ciò, Zola raccomandava ai cattolici di ravvivare lo spirito della fede e di confermarla con le opere, senza vergognarsi di confessarla pubblicamente, di accettare qualsiasi sacrificio, di impegnarsi a diffonderla con ogni mezzo, di «credere con umile sottomissione di cuore», senza superbia e con umiltà, sottomettendo la propria ragione a Dio. Diceva, infatti: «Umiliati – Inchina, o uomo la tua finita ragione alla ragione infinita; dì a Dio nella umiltà del cuor tuo: Per quel velo, di cui la Fede si ammanta, Tu richiedi, o Padre celeste, la mia sottomissione».

Egli ricordava che la fede ci permette di sopportare tutte le contraddizioni umane e le tribolazioni e «converte in dolcezza tutte le amarezze» permettendoci di abbracciare volentieri la Croce.

Per questo bisogna rimuovere gli ostacoli che sono di impedimento alla fede quali: l’infedeltà che nasce dalla superbia ed è il massimo degli impedimenti e dei peccati; l’eresia che nel XIX secolo è il razionalismo che attacca ogni dogma cattolico e deifica la ragione umana; l’apostasia per cui molti cristiani, trovando troppo dure le dottrine evangeliche, si allontanano da Cristo; il libertinaggio, cioè i piaceri sensuali che oscurano la mente; la lettura dei libri proibiti che insinuano l’errore e la corruzione nel cuore, l’empietà nelle dottrine e la depravazione nei costumi.

Estremamente attuali sono le parole del Vescovo riguardo alla virtù teologale della speranza: egli rilevava che non si sperava più ciò che si doveva sperare: «Ahimè! All’opposto io veggo tanti e tanti, forse la più parte, che sperano non altro, se non una totale emancipazione da ogni legge Divina e umana; una libertà che si risolve nella più illecita e ributtante sfrenatezza; un progresso, che innalza il materialismo, una civiltà che conduce alla barbarie».

Proprio alla mancanza della speranza, Zola attribuiva l’incremento del fenomeno del suicidio, un tempo rarissimo in Italia, perché l’uomo «vittima di un misterioso abbattimento […], giunge infine ad attentar puranco alla esistenza di se medesimo con gravissima ingiuria di Dio. E per qual motivo? Spesse volte per un nonnulla; per un interesse fallito, per un capriccio, per un disgusto, per un’offesa ricevuta a torto; e la disperazione si spinge al passo fatale del suicidio».

Riguardo, infine, alla carità, egli scriveva: «È un fatto, che non si ama più quello che deve essere amato. La Carità verso Dio non ha più luogo sulla terra, mentre regna ovunque un vergognoso indifferentismo e al dolce nome della carità cristiana verso il prossimo è subentrata un’arida filantropia, ed una fredda e sterile fratellanza. […] Chè mai oggi si ama? La materia, e si applaude al suo trionfo: la carne, e se ne desidera il più vituperevole commercio, il mondo, le ricchezze, i piaceri, la fama, e di tutte queste cose si formano tanti idoli al cuore» lasciando Dio «nella più assoluta e indecorosa dimenticanza».

Con sapiente umorismo criticava la “carità” laicista: «Ma come si solleva il poverello che giace nello squallore e nella miseria? Con quale animo si accorre a spezzargli il tozzo di pane? Se la tanto decantata Filantropia e Fraternità del secolo fosse qualche cosa […] di buono, le nostre contrade dovrebbero essere ormai spoglie di poveri. Ma in cambio la povertà cresce e si rende ogni dì più sensibile e straziante. Che indizio è mai questo? Appunto che in tanti cuori manca il sentimento della vera carità».

La carità doveva, invece, essere considerata fonte di autentici vantaggi. Innanzitutto individuali, quali «la pace della coscienza, la tranquillità dello spirito, il gaudio in mezzo alle lagrime di questa vita», poi religiosi perché la Chiesa non avrebbe travagli, non sarebbe perseguitata, non si vedrebbero eresie e scismi, e ci sarebbero vantaggi sociali quali la concordia tra gli individui, nelle famiglie che formano lo Stato e da esso dipendono, e il rispetto da parte del popolo delle autorità stabilite dal Cielo per governare la terra.

Con una religione alla moda e una morale umana, non si educano i figli

Per restaurare la società, Zola puntava poi, ineludibilmente «sul ruolo esercitato in essa dalla famiglia e sull’opera di educazione che l’istituto familiare può svolgere». Come, infatti, auspicava Leone XIII, egli esortava i cattolici a «ricomporre sopra tutto con le massime del Vangelo e della morale cristiana la famiglia» perché è da essa «che deve prender le mosse la sociale riforma, perché questa ben composta e riformata sarà pure tutto il corpo sociale che dalle private famiglie appunto assorge […]. Datemi famiglie veramente cattoliche e io vi do per sicura la pace e la prosperità della Chiesa e della società civile».

Leone XIII

Egli sottolineava l’indissolubilità del vincolo matrimoniale, che è legge di natura, e la sacralità della sua istituzione. Per questo motivo rammentava la pericolosità del divorzio poiché «oggi grazie ad una nuova religione non già edificatrice ma distruggitrice di tutto ciò che è santo si vuol ritenere il matrimonio un contratto qualunque» e quindi auspicava il ritorno alla concezione cattolica del matrimonio mentre «l’unione puramente legale è uno scandalo inaudito dato dai cristiani in mezzo alla fulgida luce del Vangelo». Con questo Zola non condannava il matrimonio civile inteso come «civile cerimonia imposta ai novelli sposi dalle odierne leggi, di regolarizzare cioè anche dinanzi allo Stato la propria posizione […] per attestare civilmente la legittimità della prole, […] per assicurare i diritti di successione», ma ammoniva gli sposi cristiani a non fermarsi al solo matrimonio civile perché quello religioso è l’unico che ne contiene la vera essenza.

Inoltre esortava i genitori a non trascurare l’educazione cattolica dei propri figli. Scriveva, infatti: «Con una religione alla moda e con una morale puramente umana non si potrà giammai né formare lo spirito, né educare il cuore del piccolo fanciulletto; non si potranno moderare i giovanili suoi affetti, non porre un freno alle sue passioni, non dirigere la sua ragione al bene, non difendere da tanti pericoli la sua innocenza, né prepararlo per un felice avvenire».

Inoltre auspicava la recita comune del Santo Rosario almeno la sera, come era raccomandato dal Pontefice, e ribadiva l’importanza della santificazione del giorno festivo perché esso rinvigorisce la «fiamma celeste che sola è capace di alimentare nei nostri cuori l’amore di Dio». Per questo scrisse una lettera pastorale sul giorno di festa in cui denunciava il «doloroso spettacolo» della profanazione del giorno festivo poiché «i disprezzatori del dì festivo contradicono apertamente a Dio e antepongono i propri capricci alle sovrane intenzioni di Lui» e nello stesso tempo insultano la Chiesa.

La “riforma satannica” della società. Contro le ideologie

Lecce, piazza Sant'Oronzo durante la festa del patrono. Come appariva più o meno ai tempi dell'episcopato zoliano e dello strapotere massonico

Zola non si stancò mai di denunciare quei «falsi profeti, eredi di quel protestantesimo che aveva lacerato la Chiesa di Cristo e del paganesimo della Rivoluzione francese». Questi, nel suo secolo, disprezzavano l’autorità e la legge di Dio, rifiutando il Papa, i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le monache, volendo attuare una riforma laica della società che, per il nostro Vescovo, era una «riforma infernale», una «riforma satannica».

La fede era minacciata in un contesto in cui si subiva l’influenza di dottrine come quella dello «scellerato Proudhon», secondo il quale era dovere dell’uomo libero cancellare dalla propria mente la nozione della divinità in quanto, se Dio c’è, egli stesso è il male. Anche la massoneria incideva negativamente nella società perché mirava alla negazione di Dio che diveniva una «parola vuota di senso». Alla fede in Dio e alla Rivelazione divina veniva, poi, contrapposto un empio Razionalismo, a cui si aggiungevano gli articoli di «certi sozzi giornali, le bestemmie orribili e continue che si ascoltano». Così Zola scriveva: «Non si crede più ai Sacramenti, non all’intercessione di Maria Santissima, non alla esistenza di una vita futura, non al premio di una virtù, non al castigo del vizio. Molto meno poi si crede alla Chiesa, e niuna fede si presta alla parola infallibile del Vicario di Gesù Cristo. […] Questa […] è la cancrena che rode la povera società, cancrena terribile e funesta! […] Ma e non è la incredulità il peggiore stato in cui può cadere la umanità?»

Purtroppo c’era anche un «fatale indifferentismo» che, «partorito dall’orgoglio e dalla corruzione del cuore, dà morte a tutti i nobili affetti», c’era un «freddo razionalismo» che proponeva la «individuale ragione» come guida esclusiva del credere e dell’operare. Di fatto, i razionalisti erano dei «miscredenti e nemici della ragione stessa», in quanto la divinizzavano, le attribuivano un valore che non ha. Erano, quindi, «fabbri di menzogna e sostenitori di dottrine false e perverse». Essi sostenevano fermamente che fosse contrario alla ragione credere all’incomprensibile, ma Zola ribadiva che è contro ragione il non crederlo perché sarebbe come se il cieco non credesse ai colori sol perché non li vede.

Allo stesso modo, era sopraggiunto anche un «lurido sensualismo, che getta la umanità nella più sozza abiezione, rendendola simile ai bruti che non hanno intelletto. È venuta una incredulità generale che ti spaventa, che non ammette differenza alcuna tra vizio e virtù […] che ammette per legittimo tutto quello che può farsi impunemente, che chiama la coscienza pregiudizio, una debolezza il rimorso, che dichiara unici moventi dell’essere ragionevole l’interesse e il piacere […]. E stabilisce uguale dinanzi alla morte tanto l’uomo dabbene che lo scellerato». Era un secolo che predicava una stolta filosofia e divinizzava la ribellione dell’uomo a qualsiasi autorità divina e umana.

Inoltre, commentando l’enciclica Quod Apostolici muneris di Leone XIII, il Vescovo metteva in evidenza l’esistenza della «Triplice setta» formata da socialismo, comunismo, e nichilismo che trasformava la società in un «nome vuoto di senso» perché considerava nulla il regio potere, la proprietà privata, i Sacramenti, la patria potestà e le leggi, portando alla formazione di Stati completamente privi di Dio e di scuole e università laiche, alla pretesa della sovranità da parte della moltitudine e alla bramosia dei soli beni terreni. Negando Dio, fonte e origine di ogni autorità, si nega difatti l’autorità medesima e quindi quella paterna, quella religiosa della Chiesa, del Pontefice e dei Vescovi e la stessa autorità politica. Poiché Dio ad alcuni ha dato l’autorità di comandare e ad altri l’obbligo di obbedire, come nella Chiesa i laici, i sacerdoti e i Vescovi devono obbedire al Papa, così anche nello Stato i popoli devono obbedire a chi li governa, auspicando sempre una collaborazione tra Chiesa e Stato. La Chiesa, infatti, proprio perché suggerisce al popolo l’obbedienza, favorisce il benessere sociale e non le rivoluzioni.

Certamente, il Vescovo era anche ben consapevole che la cospicua presenza di una stampa anticattolica influenzava negativamente le masse, una stampa completamente anticlericale e che assumeva un carattere sempre più aggressivo creando «un clima di stato d’assedio un po’ dovunque, anche nel governo centrale della Chiesa. […] Si esercita un minuto e rigoroso controllo sulla vita delle singole diocesi, sul governo dei singoli Vescovi».

Anche nell’ambito dell’istruzione, l’amministrazione liberal-massonica compiva ogni sforzo per istituire o per potenziare scuole di vario tipo con l’obiettivo di sottrarre le nuove generazioni all’influenza della Chiesa cattolica. Per questo Zola, per contrastare quest’orientamento, si impegnò con ogni mezzo a sua disposizione a fornire al Seminario leccese scuole organizzate secondo le disposizioni governative «affinché i giovani non chiamati al sacerdozio potessero continuare la carriera di studi senza alcun ritardo» e si adoperò affinché le Suore appartenenti all’ordine delle Marcelline accettassero la proposta di far nascere anche a Lecce un educandato femminile. Riuscì a coinvolgere in quest’impresa la cofondatrice Madre Marina Videmari, inizialmente del tutto contraria, convincendola finalmente ad aprire nella città salentina un Istituto nel 1882. L’istituto ebbe un enorme successo, tanto da essere frequentato dalle figlie degli stessi politici leccesi, perfino di stampo liberal-massonico. Ancora oggi, questa scuola è punto di riferimento dell’istruzione cittadina.

“Con gli occhi fissi all’altare”

La Salette

L’intenso impegno pastorale di Zola scaturiva da un costante dialogo con il Signore: era uomo di preghiera totale.

«Da giovinetto mostrò subito svegliatissimo ingegno, da sorpassare tutti i suoi compagni e dedicarsi con amore speciale alle lettere ed alle scienze teologiche […]. Quanto a morale fu edificantissimo, quantunque di carattere impetuoso, che seppe frenare con virtù, che ebbe tutto l’aspetto di un eroismo». A prima vista Zola sembrava avere un carattere «bollente, quasi impetuoso»; quando, però, lo si avvicinava e se ne approfondiva la conoscenza, «bisognava convincersi del contrario», cioè che fosse estremamente mite. «Era martire del proprio carattere. […] Aveva lampi di sdegno e fulgori di maestà uniti a celesti sprazzi di santità».

Mons. Zola fu «l’Angelo della preghiera», durante la notte passava molte ore in ginocchio «con gli occhi fissi all’Altare» e, a volte, lo si doveva scuotere e chiamare a gran voce, per quanto egli fosse intensamente assorbito nella sua estasi. Un giorno fu sorpreso immobile, steso bocconi per terra nella cappella dell’episcopio, dinnanzi al tabernacolo, così immerso nella preghiera tanto da rivolgere un paterno rimprovero a coloro che lo avevano distratto da quel suo intimo colloquio con Dio. La sua preghiera si prolungava spesso fino all’alba, specialmente nei giorni che precedevano le sacre ordinazioni dei novelli sacerdoti.

Spesso anche le preghiere liturgiche erano «intersecate da pianti e sospiri, pregava Dio con le sue lacrime». Quando «discendeva dall’Altare per la Comunione portando il suo Dio tra le mani, la sua andatura grave e raccolta gli dava l’aspetto di un Angelo». Ancora qui si notano i toni un po’ troppo carichi tipici dell’agiografia e delle rappresentazioni edificanti ottocentesche.

Dalla preghiera Zola attinse sempre forza e conforto per affrontare le avversità della vita. La preghiera e la mortificazione furono le vie percorse dal servo di Dio; egli le esercitò durante tutta la sua vita».

«Ogni suo apparire era sempre salutato da entusiastiche dimostrazioni di affetto. I suoi seminaristi lo amavano e «facevano a gara a chi dovesse servirgli la Santa Messa ogni mattina». In città, tutti accorrevano ad assistere alle sue funzioni, terminate le quali «era un esclamare generale: “Beato lui!. Che santo abbiamo in Lecce!” E si correa con tanta calca a baciargli la mano, chiamandosi fortunati quei che potevano arrivarvi».

Come Leone XIII, Zola dimostrò sempre di possedere un acuto spirito profetico. Infatti, come il Papa aveva denunciato i mali della società e precorso i tempi additando una strada verso la quale indirizzare gli animi degli individui e dei popoli, anche il Vescovo denunciò «i mali che si vanno di giorno in giorno aumentando, e annunziano alla società una catastrofe che sarà la più terribile fra tutte le altre narrate nella storia». Egli, infatti, reputava imminente lo scoppio di una guerra mondiale a causa dei mali che divenivano sempre più evidenti, e lo palesava scrivendo: «Guardate l’odierno atteggiamento delle Fronti coronate; guardate gli eserciti permanenti; ascoltate il convulso moto delle nazioni; oh Dio! I sintomi di una guerra terribile e mondiale si fan pur troppo manifesti».

Come rimedi proponeva il ritorno alla devozione verso la Madonna, il Sacro Cuore di Gesù e i Santi. In particolare insisteva nel proporre il Santo Rosario come «mezzo efficacissimo per conservar sempre ardente nel nostro cuore la Speranza cristiana» ricordando che già Leone XIII ne aveva «ripetutamente consigliato la recita». Infatti Zola fu devotissimo della Vergine Maria ed esortò costantemente i cattolici a deporre le proprie preghiere «nelle mani di Colei che si chiama piena di grazia» poiché, in questo modo, sarebbero salite «più spedite al trono dell’Altissimo».

Bastava che fosse pronunciato il nome della Madonna, che lui si entusiasmava, i suoi occhi brillavano di gioia e «si elevavano in alto quasi cercasse tra l’azzurro dei Cieli la sua Mamma bella». Egli diceva che, dopo Dio e Gesù Cristo, il più valido sostegno della nostra speranza è la Vergine Maria «come in causa secondaria e istrumentale, ond’esser da essa soccorsi per ottenere il bene ordinato all’eterna beatitudine». Ella, «per eterno consiglio dell’augustissima Triade, è destinata a compiere in Cielo l’amorevole ufficio di mediatrice fra la giustizia e la misericordia e perorar con buon esito ogni causa dei travagliati mortali». Per questo motivo «taccia lo sciagurato apostata Lutero e con esso tutti gli antichi e moderni eretici, che lo sperar nella Vergine Maria hanno in conto di gravissima ingiuria a Dio, ed a Gesù Cristo».

Zola fu soprattutto il «Vescovo dell’Eucaristia» per la sua ardente devozione verso il SS. Sacramento: «Per lui l’Eucaristia è più che una sublime dottrina […], è Gesù con tutte le attrattive stupende della sua Santissima Umanità». Egli ebbe anche un amore particolarissimo per le Anime abbandonate del Purgatorio. Infatti, «bastava vederlo durante la Messa nel Memento dei Defunti. I suoi occhi si imperlavano di lacrime, i suoi sospiri, le sue preghiere si accendevano di fervore più intimo. Pareva che dinanzi a lui falangi di anime si presentassero a domandargli il pane della carità, il suffragio tanto desiderato. Qualche cosa di sovrumano parea che volesse sprigionarsi dalla sua anima impetrante dal Signore la liberazione, non risparmiando d’offrirsi vittima d’espiazione per le anime che tanto gli stavano a cuore, e per le quali offriva in quel momento tutte le sue pene, tutte le sue insonnie, tutte le trafitture del suo cuore».

La pietà di Zola

Lapide commemorativa di Zola, a Lecce

Monsignor Zola visse sacrificando sempre le sostanze di cui disponeva. Quando era vescovo ad Ugento, per la particolare devozione per la Madonna, si occupò del Santuario di Santa Maria di Leuca, si adoperò affinché fossero restituiti al Santuario i fabbricati facenti parte dell’antica Mensa Vescovile e dell’Ospizio che erano stati incamerati dal Governo. Da Vescovo di Lecce, invece, restaurò il Seminario spendendo ingenti somme e molto spesso mantenne, a proprie spese, numerosi studenti che per insufficienza dei mezzi non avrebbero potuto frequentare gli studi.

Diede un così grande prestigio al nuovo Seminario che fu frequentato da molti che venivano da altre Diocesi. Nel 1887 dettò un corpo di Regole che resero il Seminario leccese il primo della Puglia per disciplina, studio e pietà, tanto che molti Vescovi vicini vi mandarono i propri giovani affinché si perfezionassero e altrettanti, fra quelli lontani, adottarono le stesse Regole.

La sua carità, oltre ad indirizzarsi a vantaggio del clero, si estese al popolo «che in lui vedeva sempre il proprio benefattore. Erano centinaia di lire che distribuivansi settimanalmente ai numerosi poveri che piovevano all’Episcopio, come all’asilo sicuro del soccorso».

Un sacerdote scriveva: «I poverelli, conosciuto il cuore di questo Padre caritatevole, venivano a fiumane presso la sua porta per chiedere e per chiedere ancora oltre il necessario. Più volte egli mi diceva con tutta semplicità: “Oggi non tengo proprio un soldo!” Ed io che sapea ciò anche prima, mi facea di fuoco, impedendo che altri poveri venissero». Era un continuo pellegrinaggio sull’Episcopio «di accattoni, di famiglie erubescenti, di studenti privi di libri e mancanti di mezzi per pagare le tasse, di chierici poveri aspiranti al sacerdozio, di fanciulle bisognose di dote, di operai senza lavoro, di uno sterminato numero di diseredati e proletari, cui mancava qualche cosa».

Istituì anche “la visita dei poveri a domicilio”, spronando le associazioni laiche a compierla abitualmente. Lui stesso, senza alcuna ostentazione metteva il necessario a disposizione dei bisognosi, perfino a costo di umiliazioni tanto da farlo esclamare: «Io mi sono ridotto lacero e sono sempre ricambiato con ingratitudine». Se ne accorsero bene le Figlie di san Vincenzo de’ Paoli quando videro che il loro vescovo aveva le vesti lacere e provvidero alla donazione di nuovi abiti.

Famose restarono nella memoria collettiva le visite che fece nel 1886 a Torchiarolo (in provincia di Brindisi) colpito, come altri comuni limitrofi, da una gravissima epidemia di colera che, solo in questo piccolo paese di 1800 anime aveva già causato in un mese la morte di 74 persone. Mons. Zola, incurante del pericolo, lo si vide aggirarsi da solo nelle case, nei tuguri, ovunque si trovava un coleroso. Quasi tutti i giorni vi si recava prendendo a nolo una carrozza e intimando al cocchiere di lasciarlo alle porte del paese. Così, con mille premure lo si trovava al capezzale dei moribondi, per dispensare loro quel che poteva per il loro sostentamento e per spronarli a ricevere i sacramenti.

«La carità fu il suo ideale […]. Finché avea soldi visitava i poveri; quando non ne aveva, visitava i ricchi» e la sua «carità sconfinata […] non poteva lasciarlo insensibile verso i bambini che, nati sordomuti, rimangono come fuori dal consorzio umano crescendo senza potere apprendere dalla viva voce della mamma o dei maestri i principi della religione e della istruzione». Ma «la Provvidenza gli aprì la via». Infatti nel 1882 arrivò a Lecce un sacerdote napoletano, Filippo Smaldone, che gli manifestò la volontà di dedicarsi all’educazione dei sordomuti. Così fu fondata nel 1888 una piccola comunità di suore che furono poste sotto la protezione di San Francesco di Sales e dei SS. Cuori di Gesù e Maria.

Zola diede forte impulso alla nascita di associazioni devozionali, con fini di promozione spirituale ed assistenziale, affiancando il clero che diveniva meno numeroso. Istituì il primo Oratorio domenicale per i giovani nel 1888, un Comitato per gli Interessi Cattolici di Lecce nel 1892, l’organizzazione delle Donne cristiane, l’Opera dei Tabernacoli e delle Chiese povere e l’Assistenza ai malati poveri.

Consigliò costantemente l’adesione alle Associazioni cattoliche quali la Propagazione della Fede e la Santa Infanzia, quella delle Buone Opere, della Buona Stampa, delle Madri Cristiane ed altre ancora.

Zola non ignorò la presenza e lo sviluppo delle antiche Confraternite presenti nel territorio, sollecitandole a puntare su un ruolo sociale e su «un’azione di contrasto nei confronti di organizzazioni laiche “contrarie alle istituzioni della Chiesa”, per cristianizzare la società e provvedere al decoro del sacro culto». Il ruolo delle Confraternite doveva essere quello di opporsi alle associazioni anticattoliche al fine di «promuovere la carità verso Dio e verso il prossimo, dare ospitalità ai pellegrini, dare assistenza agli infermi, «vestire i nudi», seppellire i poveri gratuitamente, «accompagnare i condannati all’estremo supplizio».

Tra le opere attuate da Zola ci fu anche il riordino della liturgia. Infatti egli «ordinò e volle disciplinate le funzioni religiose, e fu severo nello svolgimento delle cerimonie liturgiche, inculcando lo studio tra i giovani leviti e togliendo degli abusi che deformavano i sacri riti». Inoltre impedì che «si continuassero le vecchie cantilene nella salmodia liturgica, contrarie alla disciplina della Chiesa, ed incoraggiò, benedisse, premiò l’introduzione del canto gregoriano, istituendo nel Seminario non solo la scuola di Sacre cerimonie, ma anche quella per il canto liturgico». Nella notificazione del 2 dicembre 1894 scriveva: «Noi dichiariamo obbligatoria per i Seminaristi e i Chierici la scuola di canto, […] niuno sia promosso agli Ordini Sacri senza l’attestato di profitto nel detto canto».

“Questa è la mia ultima messa”. La salma insepolta

Il sarcofago di mons. Zola, nella cattedrale di Lecce

Mons. Zola aveva addirittura preconizzato la sua morte, tanto che il suo segretario scriveva: «Per me sta che a Mons. Zola l’ora della morte era stata rivelata». Infatti, quando da Lecce andò a Cavallino, un paese poco distante, nove giorni prima della sua dipartita, disse agli abitanti: «Me ne vado, figli miei, a Cavallino, per ritornare morto alla mia Lecce […]. Son sicuro che la fine di questo mese non la vedrò certo». Infine, tre giorni prima della sua morte, disse di aver celebrato la sua ultima Messa. Quando morì tutti «lo piansero amaramente ed a ragione, perché avean perduto in Lui, il Padre, il benefattore, l’amico!». I suoi funerali furono una vera apoteosi, la folla mesta e raccolta bene, senza sosta, per sfilare e inginocchiarsi davanti al Padre tanto amato».

Anche quattordici anni dopo la sua morte, quando la sua salma fu riesumata per essere, poi, trasportata nel Duomo dal cimitero, ci fu un’imponente dimostrazione di affetto da parte dei fedeli provenienti da tutta la Provincia: più di sessantamila persone, una folla immensa per una piccola città come era Lecce all’epoca, assistettero alla traslazione della salma. La gente si era riversata da tutto il Salento, dalle provincie limitrofe e da altre parti d’Italia, con i mezzi più disparati. Folle che volevano attestare il loro affetto per la santità di questo semplice vescovo, la cui bontà aveva travalicato la propria Diocesi, grazie alle innumerevoli amicizie e atti di carità che aveva prodigato con il suo cuore. Paradossalmente, «dopo l’apoteosi tributata alla salma incorrotta del Servo di Dio, questa rimase per 22 anni insepolta nello stanzino retrostante al monumento erettogli in Cattedrale» fino a quando non avvenne la sepoltura canonica il 27 aprile 1935, giorno dell’anniversario della sua morte. Anche in questa circostanza «non fu possibile allontanare l’immensa calca di popolo che aveva invaso il Duomo fin dalle primissime ore del giorno».

Il suo elogio fu sulla bocca di tutti perché era venerato non solo come un dotto ma «ancora, e sopratutto, come un santo». Infatti, furono raccolte innumerevoli firme per promuovere la causa di Beatificazione di questo perfetto discepolo di Cristo.

Il segreto di Melanie Calvat

La Madonna de La Salette. Statua in cartapesta lecce, risalente all'epoca del vescovo di Lecce, Zola, che ne fu devoto e difensore

Certamente degno di nota è l’interesse che il Vescovo Zola dimostrò per l’apparizione della Madonna avvenuta a La Salette, in Francia, nel 1846, tanto da poter facilmente intuire la stretta assonanza tra alcune sue lettere pastorali come quelle sulla bestemmia e sulla domenica giorno del Signore e le fondamentali ammonizioni rivolte dalla Vergine Maria nell’apparizione. Determinante fu l’incarico affidato a mons. Zola di dirigere spiritualmente la veggente Mélanie Calvat che lo portò ad assumerne la difesa in seguito ai molteplici attacchi da lei subiti, il più grave dei quali fu quello di voler dimostrare l’inattendibilità di una parte del segreto che la Madonna le avrebbe rivelato.

A tal proposito emblematica è la corrispondenza che si sviluppò nel corso degli eventi e di cui riporto solo alcuni stralci, che potranno dare un’idea di ciò che è avvenuto, specie in seguito all’imprimatur che il vescovo Zola diede alla pubblicazione del famoso “segreto” di Melanie.

Il 29 gennaio 1872 Zola scrive a nome di Monsignor Petagna al Vescovo Emerito di Luçon,: «[…] Abbiamo appreso che si osa far giungere voci menzognere sulla condotta di quella povera figliola fino al nostro Santo Padre, il Papa […]. Monsignor Petagna è desolato nell’apprendere questa triste notizia e […] vi prega anche di parlarne col Sommo Pontefice, perché il suo cuore paterno non abbia a soffrirne oltre. […] Melania in tutto si è dimostrata sottomessa al suo vescovo ed a quanti esercitano autorità su di lei. Ecco, Monsignore, la verità che esprimo con piena sincerità davanti a Dio e che certifico davanti a voi […]. Si vede che questa guerra è suscitata dal demonio, non tanto contro quella povera cara figliola, quanto contro le celesti rivelazioni de La Salette, allo scopo di distruggerle, o quanto meno di affievolirle, onde impedire, se fosse possibile, il bene delle anime e la conversione del mondo».

Una forte polemica investì, poi, anche lo stesso Zola in seguito, come già detto, alla concessione dell’imprimatur per la pubblicazione del segreto, ma egli ne aveva dato il nulla osta solo dopo aver appurato che le norme stabilite a riguardo dalla Costituzione Dominici Gregis di Pio IV erano state perfettamente rispettate e dopo che il segreto «tutto intero» era già stato reso noto a Leone XIII nell’edizione di Napoli. Il Pontefice aveva incaricato un tale Avv. Nicolas di comporre un libro capace di spiegare l’intero segreto, affinché fosse compreso dal pubblico. La notizia dell’incarico riempì di gioia il Vescovo Zola, il quale rispose all’avvocato: «Ho ricevuto la vostra buona lettera […], la quale mi ha fatto molto piacere per le notizie che mi donate. […] Mi felicito del vostro zelo nel difendere, propagare e far meglio comprendere il segreto de La Salette. Continuate a lavorare per la gloria di Dio e della Divina Maria; le anime pie resteranno edificate del vostro buon libro; i nemici de La Salette rimarranno confusi; io benedico voi ed il vostro pio lavoro. Vi seguirò con le mie preghiere. Poiché la lotta si svolge alla luce del sole ed attinge la sfera religiosa, nella questione del segreto de La Salette, non c’è motivo che io mi opponga al desiderio che mi avete espresso di pubblicare la mia lettera […] se giudicate che la sua lettura possa apportare qualche frutto. […] Nostra Signora de La Salette, che ha cominciato la sua opera, la compia!»

Importante è quanto attestò l’abbé Rigaux, parroco di Argoeuvres, che conosceva Melanié da moltissimi anni: «Ho 28 edizioni del Segreto con imprimatur di Cardinali Vescovi, ne ho anche diverse edizioni ornate da sigilli di vescovi francesi, ed il vescovo di Lecce ha dato il suo visto solo dopo aver visitato Leone XIII, che, dal 1878 possedeva il manoscritto di Melania. Ne fanno fede le mie lettere da Roma di quell’epoca, e Mons. Zola ha proceduto canonicamente, con il consenso del Papa. Posseggo la sua lettera autografa». E ancora: «Quand Léon XIII avait reçu Mélanie le 3 décembre 1878, il avait une belle occasion de la bâillonner s’il eut voulu rejeter le Secret destiné au public à partir de 1858». Questo conferma quanto dichiarato dalla veggente e cioè che Roma aveva esaminato il Segreto per ben quattro mesi senza rilevare nulla di contrario alla dottrina.

Mons. Zola da parte sua scrisse: «Tutti i prelati ed altri dignitari ecclesiastici di mia conoscenza che hanno conosciuto il Segreto, tutti, senza nessuna eccezione, hanno emesso un giudizio interamente favorevole a detto Segreto, sia in rapporto alla sua autenticità, sia per la sua origine divina, vagliata con le s. Scritture, ciò che dà al segreto un carattere di verità da cui d’ora in poi è inseparabile. Tra questi prelati basta nominare il Card. Riario Sforza, Arcivescovo di Napoli; Ricciardi, arcivescovo di Sorrento; Mons. Petagna, vescovo di Castellamare, ed altri prelati…».

Pio IX, letti i segreti, disse: «Devo rileggermi queste lettere con più calma. Sono flagelli che minacciano la Francia, ma la Germania, l’Italia e l’Europa tutta sono colpevoli e meritano castighi. Ho meno di temere per l’empietà dichiarata che per l’indifferenza ed il rispetto umano. Non è senza ragione che la Chiesa è chiamata militante e ne vedete qui il capitano».

Mons. Cortet Vescovo di Troyes, nel 1880 chiese che l’opuscolo fosse messo all’Indice, altrimenti non avrebbe mandato il cosiddetto obolo di San Pietro. Il pretesto era che il Segreto “causava disordine in Francia”. Il Card. Prospero Caterini, segretario del S. Uffizio, rispose con due lettere, di carattere privato, a mons. Cortet e al P. Archier, superiore dei Missionari di N. S. de La Salette dicendo loro che «con dispiacere la S. Sede ha visto comparire in pubblico il suddetto opuscolo. Per cui è suo volere che gli esemplari del medesimo, nella misura del possibile, vengano ritirati dalle mani dei fedeli, ma lasciati ai sacerdoti perché ne profittino».

È da notare che tale “provvedimento”, dunque, non aveva carattere di condanna, ma di consiglio, per evitare scandalo nei fedeli.

Il Vescovo di Tryes, però, non osando pubblicare questa lettera, la inviò al Vescovo di Nimes che la pubblicò omettendo la parte, oltremodo significativa: “ma lasciati ai sacerdoti perché ne profittino” e sostituendola con dei punti di sospensione.

Melanie Calvat, ormai matura, "esiliata" in Puglia, dove morì

Nonostante tuttto ciò, e sebbene le numerosissime attestazioni di bontà sul contenuto del segreto accompagnate dal silenzio-assenzo di ben due pontefici – Pio IX e Leone XIII –, nel 1923 la Santa Sede condannò con un decreto il libro di Mélanie iscrivendolo nell’Indice dei libri proibiti. Va soltanto precisato che la Chiesa non ha mai condannato il segreto in sé, ma solo la versione pubblicata da Mélanie nel 1879. Un documento del Santo Uffizio, datato 4 giugno 1936 (Prot. 28/1910), attesta che la pubblicazione del segreto costituì un grande ostacolo alla causa di beatificazione di Monsignor Zola «perché si darebbe occasione con essa di riparlare del famoso Segreto de La Salette. E ciò anche se nulla sia da osservare sul modo di trattare usato dal medesimo Mgr. Zola con la serva di Dio Melania Calvat de La Salette».

Finisce qui, per ora, la storia di mons. Zola. Chissà, forse un giorno la causa di beatificazione sarà riaperta oppure il suo ricordo finirà definitivamente nel dimenticatoio

Sappiamo che non sempre i santi vengono riconosciuti tali, non perché non lo siano, ma a volte la Provvidenza ha altri piani a noi sconosciuti. Possiamo solo umanamente rattristarci, ben sapendo che ci sono in Cielo più santi di quanti ne possiamo immaginare, e magari anche più grandi e immensamente più intercessori di quelli canonizzati. Per me Mons. Zola è uno di questi! E sorrido di cuore al pensiero di aver visto un giorno d’estate, con i miei stessi occhi, una torma di turisti, che ignari di chi fosse sepolto in quella tomba, la più anonima di tutte, la più semplice del Duomo di Lecce, impolverata e quasi abbandonata, si sono fermati davanti ad essa per fare delle foto all’altare prospiciente e iniziare a dire sorpresi tra di loro di aver sentito l’inaspettato rumore di uno scroscio di acqua, come di un fiume proveniente da quella tomba. E so che non è la prima volta che il fenomeno si ripete. Mah, tante volte, la Provvidenza fa sentire a noi ignari spettatori di questa fulgida santità, il rumore del Mistero che vorrebbe inondarci della sua grazia.

“Alla scuola di Gesù”: un grande Catechismo per i piccoli, senza bisogno di pagliacciate…

da Agere Contra

Alla scuola di GesùIl testo che segue, che riprende e consiglia il libro a lato sembra giungere provvidenziale. Esso insegna la Tradizione ai piccoli e dimostra come sia semplice la sana Dottrina Cattolica che non ha bisogno di scadere in pagliacciate o peggio per essere compresa e diffusa, fin dalla tenera eta…

Segnalazione di Pietro Ferrari

di Luca Fumagalli

E’ ancora possibile educare cristianamente la gioventù? E’ questa la grande sfida che propone la contemporaneità a tutti gli adulti che, nei rispettivi ruoli, hanno a cuore la crescita umana e spirituale dei ragazzi. In un mondo sempre più appesantito da stimoli costanti ed eterogenei è facile perdersi in vicoli ciechi e affrontare schizofrenicamente la quotidianità. Si fatica a discernere, a distinguere ciò che è bene o male, ciò che è giusto o sbagliato; tutto sembra appiattirsi lungo un orizzonte che annulla le differenze. Ma questa supposta neutralità è un male che sradica qualsiasi sana aspirazione umana, compresa la più alta, l’anelito a Dio.

Allo stesso modo è innegabile che anche l’educazione cristiana sia stata preda, negli ultimi anni, del fascino perverso del mondo moderno. Basta sfogliare qualche Catechismo di recente edizione per entrare in una sinistra galleria degli orrori dove la certezza della Fede è tramutata in qualcosa di liquido e mutevole. Si parla genericamente di amore, dialogo e rispetto, ma tutta la Dottrina viene ridotta ad un sentimentalismo dalle preoccupanti tinte agnostiche.

Se è evidente che il legame con il cristianesimo per i ragazzi che si preparano alla Prima Comunione e alla Cresima è quasi totalmente di natura affettiva – e non potrebbe essere altrimenti data l’età – ciò non deve comunque escludere uno studio accurato dei punti fermi del Credo Cattolico, necessari per l’anima del fanciullo almeno come lo è il seme per generare una bella e rigogliosa pianta.

In questa prospettiva educativa si situa il Catechismo per fanciulli del meritorio CLS, Centro Librario Sodalitium (www.sodalitium.it), da tempo impegnato nella diffusione in Italia e all’estero della buona cultura cattolica. Il libro, intitolato “Alla scuola di Gesù”, è una ristampa anastatica di un’opera degli anni sessanta e contiene le nozioni di base della Religione Cattolica che il bambino deve conoscere per accostarsi coscientemente a questi sacramenti. E’ strutturato in trentotto lezioni con le domande del Catechismo minore di San Pio X, varie storie, delle belle illustrazioni a colori e un fioretto da fare. Sul secondo volume, chiamato “Quaderno Attivo”, ad ogni lezione sul corrisponde un esercizio con domande, risposte e immagini da colorare. Utile per catechisti, genitori e tutti coloro che hanno a cuore la formazione dei ragazzi secondo lo spirito di Cristo e della Chiesa Cattolica: una perla rara da non farsi sfuggire.

Luca Fumagalli

Alla scuola di Gesù. Catechismo della Prima Comunione e della Cresima (conQuaderno Attivo), Verrua Savoia, Centro Librario Sodalitium, 2013. Prezzo: 8 Euro.

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Voi che non conoscete Dio ed il Suo Regno: preparatevi e state pronti!

Vi sottopongo in questa nuova sede un quesito che mostra quanto siamo soggiogati dalla mentalità del mondo. I manipolatori della coscienza di Dio, infatti, ci impongono una nuova coscienza che chiamano libertà di rifiutare Dio e di vivere secondo nuovi parametri “prestabiliti” da un nuovo ordine mondiale; che ci fanno credere sin da bambini, che Egli, Iddio, non controllerebbe neppure il Male; e che quindi non è di per se Onnipotente e, semmai, potrebbe anche non esistere e non essere mai esistito. Se non fosse per Gesù che è storicamente esistito, ed il Vangelo (che pochi, in realtà hanno letto 😉 ) potremmo quasi arrivare a dare ragione a quei molti (che ora sono la maggioranza anche fra i cristiani ed i cattolici, che insinuano persino Dio sia lo “strumento” con cui antichi potentati mantenevano l’ordine ed il controllo sui popoli (il cosiddetto “oppio”). Ma, eccone una dimostrazione di come sia facile impressionarci e farci credere che possiamo essere indifferenti al Bene e lasciare che siano gli altri, i più attrezzati e organizzati economicamente, politicamente, culturalmente, socialmente, scientificamete a vincere sul nostro cuore, la nostra mente, la nostra anima, il nostro spirito. In questo breve filmato, cui seguirà un eloquente commento di Donpa sulla Nuova Gerusalemme ed i “servi del Signore” che vengono uccisi purque non portino la verità ai piccoli, osserviamo insieme come la tendenza a rimettere tutto in discussione, Dio compreso, noccia alla nostra stessa natura di essere di aiuto agli altri per il bene generale; e che alla fine, ogni dubbio ingenerato e indotto, non ha di per se senso e viene smentito con la logica della Fede. Perchè basta un minimo di ragionevolezza, grande come un granello di senape, per comprendere che Dio si re-invera ogni volta che lo chiamiamo in soccorso:

Gesù in Mc 4,1-2 ci illustra la realtà dinamica del «regno di Dio» – da intendersi come esercizio del regnare attraverso tre immagini relative all’attività della semina: la celebre parabola del seme caduto su diversi tipi di terreno (cf. Mc 4,3-20) e poi quella del seme che cresce spontaneamente e quella del piccolo granellino di senapa. Per dirla alla romana: cogliamo i senso del Regno, il bene che porta a noi e agli altri e damose da fà!

«Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra: dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa». Ecco la grande fede di Gesù in Dio, che deve essere anche la nostra fede: ciò che conta è seminare il buon seme del Regno, essere già nella Vigna del Signore, ossia predisporre tutto nella propria vita affinché il regnare di Dio possa iniziare a manifestarsi nella storia. Fatto questo, occorre dimorare nella pace, «poiché la terra produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco nella spiga». Non serve che ci diamo un gran da fare nel tentare di convincere gli altri delle nostre pur sincere intenzioni, se già non siamo del Regno e non siamo ancora pronti a dare testimonianza del Regno e presentarci come uomini del “futuro” incardinati nella Parusìa del Signore. Il contadino che han gettato il seme, il più piccolo che sia il seme o l’operaio, se è ricco di fede e di ingredienti (con una coscienza di dio e del Creato ed un DNA non manipolati geneticamente, proprio per la loro stessa natura insomma, perchè direttamente riconducibile al Pensiero di Dio che li ha generati è anche Via, Vita, Verità, Parola di Dio, Opera di Misericordia, di Carità e di Pietà cristiana, Operatrice di Bene e di Pace; e per questo non deve preoccuparsi, non deve intervenire per misurarne la crescita, perché minaccerebbe i germogli: il tempo della mietitura – ovvero l’ora del giudizio finale (cf. Gl 4,13) – verrà certamente, ma non per il suo operare, bensì per dono di Dio, che fa crescere il Regno e prepara l’ora della sua piena manifestazione (Parusìa). Anche in questo Gesù è il nostro modello: la sete del regno di Dio era la ragione profonda della sua esistenza ma, una volta annunciato il Regno con franchezza, Egli non si è preoccupato dei risultati immediati; anzi, ha accettato persino di essere rifiutato e messo a morte, identificandosi con il chicco di grano caduto a terra, che deve morire per portare molto frutto (cf. Gv 12,24).

Nell’altra parabola Gesù paragona il Regno a un granellino di senapa: è il seme più piccolo che esista eppure, una volta seminato, diventa un arbusto con «rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra» (cf. Ez 17,22-24). Ecco qui lo sviluppo straordinario del seme, sulla contrapposizione tra la sua piccolezza iniziale e la sua grandezza finale. Il regno di Dio ha una sua forza invisibile ai nostri occhi, è vivo ed efficace come la sua Parola (cf. Eb 4,12), ma questa potenza si manifesterà solo alla fine della storia. Con questa immagine Gesù non mira a consolare i credenti che vivono un oggi scoraggiante, assicurando loro un avvenire grandioso, ma vuole spiegare il senso positivo già presente nell’oggi: non è l’albero che dà la forza al seme, ma è il seme che con la sua potenza vitale si sviluppa in albero! Così accade per il Regno: nell’oggi dei credenti appare come una realtà piccola, ma alla fine dei tempi sarà manifestata la sua grandezza. La parabola rivela dunque che i criteri della grandezza e dell’apparire non devono essere applicati alla storia del regno di Dio, e ammonisce chi sa ascoltarla: la piccolezza non contrasta con la vera potenza. Basta avere fede pari a un granellino di senapa per spostare un monte (cf. Mt 17,20) e lo straordinario della nostra vita è nascosto, come «la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio» (cf. Col 3,3).

Eppure, c’è un punto che ancora ci risulta estraneo: cosa è il Regno di Dio? Immaginate dunque una Gerusalemme e qualcuno che ve l’annunci come la città ideale dei vostri sogni, dove essere eternamente felici con i vostri cari e tutte le persone cha amano intensamente… Ad un certo punto introducete nella storia l’ignoranza, la protervia, la rassegnazione al male, gli interessi di un gruppo ristretto di manipolatori e cultori di morte, di ingannatori e mentitori, di assassini e potentati, i cosiddetti guastafeste

Vangelo di Luca 13,31-35

31 In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere».
32
Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. 33 Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”.

34 Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! 35 Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”»

Commento preso dal sito di Don Paolo Spoladore

Preparati

Gerusalemme, Gerusalemme, hai ucciso e lapidato i profeti che sono stati mandati a te per prepararti all’incontro con Colui che viene a offrire salvezza. Gerusalemme, Gerusalemme, hai ucciso e lapidato i profeti che sono stati mandati a te e così non solo non ti sei preparata all’incontro con Colui che viene a donare salvezza, ma hai aperto le porte per far entrare tra le tue mura colui che viene a portare distruzione e devastazione. Gerusalemme, Gerusalemme, non hai voluto incontrare Colui che viene a offrire salvezza e, ormai, colui che porta con sé distruzione e devastazione è dentro di te, ragiona in te, parla in te, si muove in te. Gerusalemme, Gerusalemme, non hai accettato che Colui che viene a offrire salvezza raccolga i tuoi figli come fa una chioccia con i suoi pulcini sotto le sue ali, per proteggerli, metterli al riparo, accudirli, guidarli. Gerusalemme, Gerusalemme, non hai accettato di metterti sotto le ali di Colui che viene a offrire salvezza, e ti sei fatta proteggere dai lupi rapaci del mondo, che sono entrati tra le tue mura per sbranarti, ti sei fatta difendere dai poteri forti e violenti degli imperi, che non hanno altro in cuore che approfittare di te e saccheggiarti, hai affidato la tua vita in mano a re senza scrupoli che non desiderano altro che schiavizzarti e sottometterti, a politici corrotti che non sanno fare altro che organizzare i propri interessi, a scienziati senza amore, a maghi, istrioni, falsi illuminati e profeti senza onore, che amano solo il denaro e il potere.
Preparati, popolo della vecchia Gerusalemme, preparati perché quello che non hai cantato al tuo Signore in sapiente gratitudine e intelligente riconoscenza, lo hai proclamato al principe delle tenebre e della morte e, prima che il Signore torni, il principe del male si sta organizzando in tutto il mondo per attirarti nel suo abisso. Preparati, popolo della vecchia Gerusalemme, preparati perché le porte che non hai aperto al tuo Signore nella gioia e nell’amore, le hai aperte al principe della separazione e dell’inganno e, prima che il Signore torni, il principe del male sarà entrato in ogni tua strada, piazza, stanza e giaciglio.
Figli di Gerusalemme, vi siete vergognati di Colui che viene a offrire salvezza e lo avete disprezzato, per osannare colui che porta con sé distruzione e devastazione. Figli di Gerusalemme, la vostra scelta è rispettata ed ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Figli di Gerusalemme, siete stati abbandonati a voi stessi e non vedrete più il volto di Colui che viene a offrire salvezza, fino al giorno in cui Colui che viene a offrire salvezza tornerà, e tutta l’umanità canterà: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! In quel giorno finiranno le argomentazioni, le filosofie, le ideologie, le discussioni, i pareri, le opinioni, i parlamenti, i ragionamenti, le dimostrazioni, le dottrine, le culture, e tutto sarà sostituito dal canto dolcissimo e solenne dell’umanità risvegliata e amante della nuova Gerusalemme.
La nuova Gerusalemme non si rivolgerà più a Colui che viene a offrire salvezza con le parole e i discorsi, ma solo con il canto, il canto che nascerà dalla profondità del cuore e con tutta la forza dell’intelligenza: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!

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La distruzione della terra è voluta per rinnegare la Bellezza

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Da: Che Tempo che Fa, 13 ottobre 2013: Renzo Piano

20.33 Preferisce essere chiamato architetto, si sente più preparato. Ma racconta della grande emozione provata entrando in Senato: “Un orgoglio civile, non un orgoglio personale”.

20.34 Quale il rapporto tra arte e politica? “La politica è un’arte. Io penso sempre al giuramento della Polis, in cui i politici giuravano di consegnare al termine del mandato un’Atene migliore di quella che avevano ricevuto”. Come oggi proprio, eh.

20.36 “L’Italia è per forza una culla delle cultura, perché ha la testa in Europa e i piedi in Africa”.

20.37 Si parla dunque del progetto delle città del futuro: per lui sono le periferie. “Spesso non sono fotogeniche, ma sono ricche di umanità. Il destino delle città è nelle periferie. La nostra generazione ha fatto un po’ di disastri su quello che ci hanno lasciato i nostri avi, ma i giovani devono guardare alle periferie”.

20.39 Il suo concetto non è ‘ampliare’ le periferie, ma completarle, raffinarle, ma non estenderle, anche perché bisogna tutelare la fragilità del nostro territorio. “Il nostro Paese ha bisogno di un’opera ciclopica di ‘rammendo’, sul fronte idrogeologico, sismico. E come una casa bella ma mai manutenuta”.

20.41 La sua bellezza, la sua idea di bellezza è nell’urbanità, nel costruire luoghi di incontro.

20.42 Perché da noi non si punta sulle energie alternative? E’ uno dei grandi misteri. “Se mettiamo insieme la bellezza paesaggistica, quella costruita e la bellezza del suo popolo, l’Italia è imbattibile”.

20.43 “La bellezza è come il silenzio, come lo evochi sparisce. Ma quella dell’Italia non è fatta di cipria, di superficie, ma profonda, di cultura. Che non è affatto inutile. Ed è quello che deve dare la forza ai giovani”. Un discorso molto ‘politico’ nota Fazio.

20.44 La differenza tra buon lavoro e un bel lavoro? “Il buon lavoro è bello anche dentro…”.

20.46 Fazio ricorda che la prima barca che ha costruito era sbagliata. “Non l’avevo disegnata io, ma la costruì. E non passava per la porta del garage”. Aveva 18 anni, eh.

20.47 “Si parla tanto di local, ma quando lavori sulle radici, che ti porti sempre con te, diventa il tuo universale”.

20.48 Perché non ha votato la fiducia? “Perché ero a New York. Ma ho intenzione di onorare le istituzioni. Io ho un ufficio a Roma, ed è la prima volta che ho un ufficio e ci andrò. E questo è proprio il mio progetto più ambizioso. Ma quello che ha colpito me e le matricole è che è un impegno a vita: non è una corsa, è una maratona”.

20.49 “Qualche gentile critico ha parlato di me e di noi senatori a vita come una ‘pedina’ nelle mani di qualcuno: ma figuratevi se io o Carlo Rubbia possiamo diventare pedine di qualcuno! Nessuno di noi si farà mai usare”.

20.51 Darà il suo emolumento da senatore per girarli a giovani progettisti per il consolidamento di istituti pubblici, scuole in primis.

20.51 “I mestieri di grande responsabilità penso debbano essere retribuiti. Questo depauperamento della politica mi preoccupa, temo livelli alla mediocrità”: così Fazio, che mi sa lancia già frecciate al prossimo ospite…

20.53 “E’ importante che i giovani non si abituino alla mediocrità” dice Piano che non fa che parlare di giovani, giovani, nuovi mestieri per i giovani, ai quali lui sta e vuole lavorare. “Mi domando se questo sia possibile in un Paese che si sta ripeigando su se stesso, che si autocommisera, fino all’autodistruzione”. E il consiglio è sempre lo stesso: viaggiare, per conoscere e capire gli altri. E capire che la diversità è un valore, non un problema”. E per capire anche quanto sia bella l’Italia, alla quale siamo fin troppo abituati.

21.00 Brunetta: “Posso dire una cosa? Bellissima intervista politica a Renzo Piano”; Fazio: “Beh sì, politica ALTA”. Si inizia alla grandissima.

20.55 “Pubblicità, sennò ci danno la multa”: altra frecciata?

Si consideri che quanto riportato non è tutto ciò che è stato detto da Piano, perchè si è pure impegnato in disquisizioni filosofiche e spirituali di alto livello.

Qui ho ritenuto inserire il soprariportto testo:

Pierpaolo-pasolini-io-chi-sono-i-responsabili-della-distruzione-antropologica-degli-italiani-responsabili-della;

Lo-scopo-della-guerra-non-e-la-vittoria-ma-la-continuita-e-la-distruzione-di-quanto-prodotto-dal-lavoro-umano;

Slow-food-story-lavventura-di-carlo-petrini-diventa-un-film-la-decrescita-felice-e-il-cibo-passando-per-i-presidi-alimentari;

Dio-patria-e-famiglia-se-ne-sono-andati-ma-per-risorgere-ius-soli-giusto-non-tassare-la-prima-casa-bene-piu-sacro;

Sociologia-o-meglio-come-lo-sport-straniero-delocalizzato-e-la-tv-modificano-la-cultura-e-corrompono-i-costumi;

-La-cultura-viene-manipolata-da-cima-a-fondo-per-sovvertire-naturali-geni-loci-e-talenti-umani-watt-e-cecilia-gatto-trocchi;

I-borghi-di-xenobia-e-la-casa-del-pane-betlemme-nei-tempi-della-parusia-verita-carita-prontezza-e-gratuita;

Il-mecenatismo-tra-scuole-medicei-e-neorealismo-la-rinascita-diego-della-valle-contro-il-patto-sindacale-de-corsera;

– Cercate-il-bene-non-il-male-affinche-lo-eterno-sia-con-voi-amos-514-paura-conosciamo-le-cose-che-contano-davvero;

Su-cio-che-piace-e-non-piace-a-satana-dalle-lettere-a-berlicche-allesoterismo-di-dan-brown-codici-demoni-e-linferno;

Dalla-civilta-contadina-alle-campagne-trasformate-la-cultura-agricola-e-dei-pescatori-nella-vera-resilienza-cattolica.

Questi sono alcuni Titoli di escogitur dove ritengo ci sia attinenza con la bellezza ed il tema trattato da Piano

I peccati contro lo Spirito Santo

La vera contrizione, necessaria per non andare all’Inferno

image001[1]Scritto e segnalato da Carlo Di Pietro

I peccati contro lo Spirito Santo sono “quei peccati che manifestano la sistematica opposizione a qualunque influsso della grazia, e questo comporta disprezzo e rifiuto di tutti gli aiuti offerti da Dio per la salvezza”. (cit. Amici Domenicani, v. contrizione)

Vengono detti contro lo Spirito Santo perché l’opera della conversione e della santificazione è attribuita allo Spirito Santo. Sono sei:

– l’impugnazione della verità conosciuta;

– l’invidia della grazia altrui;

– la disperazione della salvezza;

– la presunzione di salvarsi senza merito;

– l’ostinazione nel peccato;

– l’impenitenza finale.

Come dice S. Giovanni, “la grazia e la verità sono venute da Gesù Cristo”. Perciò l’impugnazione della verità conosciuta, e l’invidia della grazia altrui appartengono più alla bestemmia contro il Figlio dell’uomo che alla bestemmia contro lo Spirito Santo. (Summa Th. II-II, 14, q.2)

S. Bernardo ha scritto, che “non volere obbedire è resistere allo Spirito Santo”. E la Glossa insegna, che “il pentimento simulato è una bestemmia contro lo Spirito Santo”. Anche lo scisma sembra opporsi direttamente allo Spirito Santo, dal quale dipende l’unità della Chiesa. (Ivi.)

I doni di Dio (…) che allontanano dal peccato, secondo l’Aquinate, sono due:

Il primo è la conoscenza della verità: e contro di esso sta l’impugnazione della verità conosciuta, che consiste “nell’impugnare le verità conosciute della fede, per peccare con maggiore licenza” (… quello che fanno, purché – o poiché – ben informati, i reprobi, gli eretici, gli apostati, gli scismatici, gli atei … e chi probabilmente li fomenta o giustifica, anche mezzo stampa, ed anche non correggendo pubblicamente le eventuali false interpretazioni date o “incomprensioni” che comunque sono figlie dell’ambiguità);

Il secondo è l’aiuto della grazia: e contro di esso sta l’invidia della grazia altrui, che consiste nel fatto che uno non solo invidia il fratello come persona, ma invidia la grazia di Dio che cresce nel mondo (… quello che fanno, credo, anche i falsi profeti, probabilmente invidiosi di chi è in grazia di Dio, desiderosi di far corrompere anche i loro fratelli).

Da parte poi del peccato due sono le cose che, secondo il Dottore Angelico, possono trattenere l’uomo dalla colpa:

La prima è il disordine e la bruttezza dell’atto, la cui considerazione suole indurre l’uomo a pentirsi del peccato commesso. E contro di essa abbiamo l’impenitenza, non nel senso di durata nel peccato fino alla morte, come sopra si è detto (infatti allora non sarebbe uno speciale peccato, bensì una circostanza del peccato), ma quale proposito di non pentirsi;

La seconda cosa (che può trattenere dalla colpa) è la meschinità e la brevità del bene che uno cerca nel peccato, secondo le parole di S. Paolo: “E che frutto aveste delle cose di cui ora vi vergognate?”. E questa considerazione è fatta per indurre l’uomo a desistere dal peccato. Ma questo effetto viene eliminato dall’ostinazione, cioè dal fatto che un uomo stabilisce il suo proposito nell’adesione al peccato.

Di queste due cose si parla in quel passo di Geremia: “Non c’è nessuno che si muova a penitenza del suo peccato, e che dica: Che ho mai fatto? Tutti son rivolti a correre per il loro verso, come cavallo che va di carriera incontro alla battaglia”. (Ivi.)

Cristo ha prodotto la grazia e la verità mediante i doni dello Spirito Santo, offerti da lui a tutti gli uomini. Non volere obbedire si riduce all’ostinazione; la simulazione del pentimento all’impenitenza; e lo scisma ricade nell’invidia della grazia altrui, dalla quale grazia sono compaginate le membra della Chiesa. (Ivi, IIª-IIae q. 14 a. 2 ad 3 ad 4)

La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo. Un tale indurimento può portare alla impenitenza finale e alla rovina eterna.

Il sacro Concilio di Trento ha dichiarato non essere lecito a chi ha sulla coscienza un peccato mortale e può avvicinare un confessore, di ricevere la Comunione, anche se pentito nella maniera più profonda, prima di essersi purificato mediante la Confessione (sess. 13, cap. 7, can. 11).

Poiché il popolo deve conoscere meglio di ogni altra cosa la materia di questo sacramento, si dovrà insegnare che esso differisce dagli altri soprattutto perché, mentre la materia degli altri è qualche cosa di naturale o di artificiale, della Penitenza sono quasi materia gli atti del penitente, cioè la contrizione, la confessione e la soddisfazione, com’è stato dichiarato dal Concilio di Trento (sess. 14, cap. 3 De Paenit., can. 4).

Il sacramento della Penitenza (oggi “confessione” se si riesce a trovare un vero confessore), oltre alla materia e alla forma, che ha in comune con gli altri sacramenti, contiene tre elementi necessari a renderlo integro e perfetto: la contrizione, la confessione e la soddisfazione. Dice in proposito san Giovanni Crisostomo: “La penitenza induce il peccatore a sopportare tutto volentieri: nel suo cuore  la contrizione, sulla bocca la confessione, nelle opere grande umiltà, ossia la salutare soddisfazione” (Grat., 2, causa 33, q. 3, dist. 1, can. 40). Ora queste parti sono indispensabili alla costituzione di un tutto. (Dich. Cat. Tridentino)

Ecco come definiscono la contrizione i Padri del Concilio di Trento: “La contrizione  un dolore dell’animo e una detestazione del peccato commesso, con il proposito di non più„ peccare per l’avvenire” (sess. 14, cap. 4). Parlando pi„ oltre della contrizione, aggiungono: “Questo atto prepara alla remissione dei peccati, purchéƒsia accompagnato dalla fiducia nella misericordia di Dio e dalla volontà‚ di fare quanto necessario per ben ricevere il sacramento della Penitenza”. Questa definizione fa ben comprendere ai fedeli che l’essenza della contrizione non consiste solo nel trattenersi dal peccare, nel risolvere di mutar vita, o nell’iniziare di fatto una vita nuova, ma anche e soprattutto nel detestare ed espiare le colpe della vita passata.

La contrizione è un atto della volontà‚ e sant’Agostino attesta che il dolore accompagna la penitenza, ma non è la penitenza stessa (Sermo 351, 1). I Padri Tridentini hanno espresso con il termine dolore la detestazione e l’odio del peccato commesso, sia perchèƒ la Scrittura lo usa cos€ (dice David al Signore: “Fino a quando nell’anima mia proverà… affanni, tristezza nel cuore ogni momento?”) (Sal 12,3), sia perchéƒ il dolore nasce dalla contrizione in quella parte inferiore dell’anima che è sede delle passioni. Non a torto, pertanto, è stata definita la contrizione come un dolore, perché produce appunto il dolore; i penitenti, per esprimere meglio il loro dolore, usavano mutare le vesti, come si ricava dalle parole del Signore: “Guai a te, Corazin, guai a te, Betsaida; poiché se in Tiro e Sidone fossero stati compiuti i miracoli compiuti presso di voi, già da tempo avrebbero far penitenza in cenere e cilicio” (Mt 11,21; Lc 10,13).

II dolore d’aver offeso Dio con i peccati deve essere veramente sommo e massimo, tale che non se ne possa pensare uno maggiore; la misura della contrizione dev’essere la carità. Giova qui notare che la Scrittura adopera i medesimi termini per esprimere l’estensione della carità e della contrizione. Dice infatti della carità: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore” (Dt 6,5; Mt 22,37; Mc 12,30; Lc 10,27); della seconda il Signore dice per bocca del profeta: “Convenitevi con tutto il vostro cuore” (Gl 2,12).

Come Dio è il primo dei beni da amare, così il peccato è il primo e il maggiore dei mali da odiare. Quindi, la stessa ragione che ci obbliga a riconoscere che Dio deve essere sommamente amato, ci obbliga anche a portare sommo odio al peccato. Ora, che l’amore di Dio si debba anteporre a ogni altra cosa, sicché non sia lecito peccare neppure per conservare la vita, lo mostrano apertamente queste parole del Signore: “Chi ama suo padre o sua madre più di me, non è degno di me” (Mt 10,37); “Chi vorrà salvare la sua vita, la perderà” (Mt 16,25; Mc 8,35).

Sarà utile ammonire i fedeli ed esortarli nella maniera più efficace a esprimere un particolare atto di contrizione per ogni peccato mortale, poiché dice Ezechia: “Ti darò conto, o Signore, di tutti gli anni miei, con l’amarezza dell’anima mia” (Is 38,15).

Da quanto abbiamo detto è facile dedurre le condizioni necessario per una vera contrizione:

La prima condizione è l’odio e la detestazione di tutti i peccati commessi. Se ne detestassimo soltanto alcuni, la contrizione non sarebbe salutare, ma falsa e simulata, poiché scrive san Giacomo: “Chi osserva tutta la legge e in una sola cosa manca, trasgredisce tutta la legge” (Gc 2,10);

La seconda è che la contrizione comprenda il proposito di confessarci e di fare la penitenza;

La terza è che il penitente faccia il proposito fermo e sincero di riformare la sua vita, come insegna chiaramente il Profeta: “Se l’empio farà penitenza di tutti i peccati che ha commessi, custodirà tutti i miei precetti e osserverà il giudizio e la giustizia, vivrà; ne mi ricorderò più dei peccati che avrà commesso”. E più oltre: “Quando l’empio si allontanerà dall’empietà che ha commesso e osserverà il giudizio e la giustizia, darà la vita all’anima sua”. E più oltre ancora: “Convenitevi e fate penitenza di tutte le vostre iniquità; così queste non vi torneranno a rovina. Gettate lungi da voi tutte le prevaricazioni in cui siete caduti e fatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo” (Ez 18,21ss).

La medesima cosa ha ordinato il Signore stesso dicendo all’adultera: “Va’ e non peccare più” (Gv 8,11) e al paralitico risanato nella piscina: “Ecco, sei risanato: non peccare più” (Gv 5,14).

Comanda il Tridentino ai preti e confessori (Dich. Cat. Tridentino al n° 251) “Cercheranno infine i pastori d’ispirare nei fedeli un odio sommo contro il peccato, sia a motivo della sua immensa e vergognosa bruttezza, sia perché arreca gravissimi danni in quanto aliena da noi la benevolenza di Dio, da cui abbiamo ricevuti tanti beni e tanti maggiori ce ne ripromettiamo, mentre poi ci condanna alla morte eterna con i suoi acerbi tormenti senza fine.

Va ricordato che la Penitenza (oggi “confessione”) differisce dagli altri Sacramenti perché “nella Penitenza sono quasi materia gli atti del penitente, cioè la contrizione, la confessione e la soddisfazione“, com’è stato dichiarato dal Concilio di Trento (sess. 14, cap. 3 De Paenit., can. 4). L’uomo, quindi, dovrà fare un esame di coscienza (l’ignoranza non scusa), dovrà essere contrito e dovrà “soddisfare” perché la soddisfazione è “l’integrale pagamento di ciò che è dovuto, poiché è soddisfacente ciò a cui nulla manca“. Esempio: ”Chi ha rubato, ormai non rubi più; lavori piuttosto con le sue mani per venire incontro alle necessità di chi soffre” (Ef 4,28).

Dal canto suo, il Sacerdote, ascoltando le confessioni dei fedeli, ha il compito di giudicare se veramente esiste in loro il pentimento richiesto per la valida assoluzione sacramentale; se questo manca, non può concedere l’assoluzione e, se lo facesse lo stesso, commetterebbe un peccato grave di sacrilegio: il penitente pure peccherebbe gravemente. Può esserci assoluzione solo se c’è la volontà esplicita del penitente di non peccare più (il peccato prevede deliberato consenso e piena avvertenza).

Esempio: CjC 1917, Can. 2356. “Bigami, idest qui, obstante coniugali vinculo, aliud matrimonium, etsi tantum civile, ut aiunt, attentaverint, sunt ipso facto infames; et si, spreta Ordinarii monitione, in illicito contubernio persistant, pro diversa reatus gravitate excommunicentur vel personali interdicto plectantur“. (I bigami, cioè quelli che, nonostante l’impedimento del vincolo coniugale, abbiano tentato un altro matrimonio, sebbene soltanto civile, come dicono, sono per lo stesso fatto infami, e se, disprezzato l’ ammonimento dell’Ordinario persistano nell’illecito concubinaggio, secondo la diversa gravità del reato, siano scomunicati o siano puniti con un interdetto personale.)

Altro esempio: CjC 1917, Can. 855. “§ l. Arcendi sunt ab Eucharistia publice indigni, quales sunt excommunicati, interdicti manifestoque infames, nisi de eorum poenitentia et emendatione constet et publico scandalo prius satisfecerint“. “§ 2. Occultos vero peccatores, si occulte petant et eos non emendatos agnoverit, minister repellat; non autem, si publice petant et sine scandalo ipsos praeterire nequeat“. (Sono da respingere dalla Eucaristia i pubblicamente indegni, i quali sono : gli scomunicati ,gli interdetti e i manifestamente infami a meno che non risulti manifesto il loro pentimento e la loro correzione e non abbiano prima scontato la pena per il pubblico scandalo. Invero i peccatori che agiscono di nascosto, se di nascosto chiedano e il ministro non li avrà riconosciuti emendati, li respinga, invece se chiedono pubblicamente e senza scandalo non può trascurarli).

È scomunicato automaticamente: – chi ricorre all’aborto ottenendo l’effetto voluto e chi procura tale aborto; – chi è responsabile di apostasia, eresia e scisma; – l’appartenenza a logge massoniche; – ecc …

C’è un altro tipo di dolore, detto “imperfetto” che è l’attrizione. ”Il dolore imperfetto (attrizione) ci ottiene il perdono dei peccati quando è unito alla confessione“. (cit. Il mio libro di preghiere, CLS, Verrua Savoia)

E’ buona cosa comunque recitare ogni sera una preghiera o supplica a Dio affinché, in casi gravi, ci conceda la grazia della vera contrizione finale e non ci faccia perire improvvisamente. Ciò, ben inteso, deve comunque prevedere già nell’animo della persona un pentimento attuale, casomai anche recitando l’Atto di dolore. Si ricordi il lettore che comunque Dio è misericordioso ma giusto, quindi non permette che reprobi, scandalosi, peccatori contumaci, ecc … ricevano il “premio della vita eterna” che invece è riservato ai giusti. Dio non mente e non è ingiusto, quindi ognuno riceverà in base a ciò che ha dato, “sapendo che come ricompensa riceverete dal Signore l’eredità. Servite a Cristo Signore” (Col 3,24); il motivo – e non lo scopo – della ubbidienza del servo ideale è l’eredità; l’«eredità incorruttibile, immacolata» (1Pt 1,4); la «corona della giustizia» (2Tm 4,8); la «vita eterna» (Gv 6,47) .

Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)

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Per un percorso autentico di Conversione in Gesù

Il Giorno della natività di Nostra Signora (8 settembre) nasce un sito dedicato solo al racconto narrato degli accorgimenti con cui seguire le neoconversioni, o la scoperta di non essere mai stati felici perchè non in stato di Grazia; questo sito vuole insegnarci a imparare a richiamarci ogni giorno al Ciao Ciao evangelico dell’APOTASSO. Ossia, se vuoi essere Felice prendi le distanze da Mammona.

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per ogni approfondimento sugli Inganni contro la Felicità visita escogitur.it

per imparare a compiere un percorso di Conversione, per la Felicità, resta qua!

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Vangelo di Luca 6,20-26

In quel tempo, Gesù, 20 alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri
perché vostro è il regno di Dio.
21
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
22
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. 23 Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.

24 Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
25
Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
26
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».

Beati

All’uomo e alla donna non è stata concessa l’opportunità di vivere l’esperienza della vita sulla terra per imparare a cacciare, a seminare e raccogliere, a vendere e a comprare, a lavorare, a innamorarsi, a riprodursi. All’uomo e alla donna non è stata concessa l’opportunità di vivere l’esperienza della vita sulla terra per imparare a diventare uomo e donna liberi, sapienti, maturi, illuminati, consapevoli. All’uomo e alla donna non è stata concessa l’opportunità di vivere l’esperienza della vita sulla terra per imparare a raggiungere il successo, la fama, il plauso, la popolarità. All’uomo e alla donna non è stata concessa l’opportunità di vivere l’esperienza della vita sulla terra per imparare a studiare, a crescere nella cultura, nell’arte, nella scienza, nella civiltà. All’uomo e alla donna non è stata concessa l’opportunità di vivere l’esperienza della vita sulla terra per imparare a raggiungere i primi posti, essere vincenti, ricchi, potenti, influenti, per imparare a esercitare dominio, controllo, supremazia, egemonia. All’uomo e alla donna non è stata concessa l’opportunità di vivere l’esperienza della vita sulla terra per imparare a fare bella figura, per imparare a non deludere qualcuno, per rendere fiero qualcun altro, per diventare quello che gli altri si aspettano, desiderano, impongono.

All’uomo e alla donna è stata concessa l’opportunità di vivere l’esperienza della vita sulla terra per imparare solo e unicamente a essere felici. La felicità è lo stato eterno in cui l’uomo e la donna vivranno nella città celeste insieme a Dio nel cielo di Dio. È decisivo e fondamentale per l’uomo e la donna imparare a essere felici già su questa terra, per poter vivere la felicità per sempre. In qualsiasi modo l’uomo e la donna optino di vivere su questa terra, scelgano di educare le nuove generazioni su questa terra, stabiliscano ciò che è legale e ciò che non è legale, ciò che è buono o cattivo, giusto o sbagliato, non avrà nessuna importanza per la vita eterna, assolutamente nessuna importanza, se non sarà servito a imparare a essere felici. Qualsiasi sia la concezione che un uomo e una donna possano aver avuto di Dio e dell’essere umano su questa terra, sarà del tutto irrilevante per la vita eterna, se non sarà servito a imparare a essere felici.

Per entrare nella vita eterna di Dio sarà del tutto irrilevante per l’uomo e la donna vivere sulla terra degli affetti, delle amicizie, intrecciare delle relazioni, generare dei legami di sangue, di parentela, faticare, impegnarsi, dedicarsi, affannarsi, se in queste realtà l’uomo e la donna non avranno imparato a essere felici. Nella vita terrena è assolutamente immorale e perverso quello che non ti rende felice e quello che non espande la felicità per tutti. Ciò che nella vita terrena non serve all’uomo per imparare a essere felice, è contro Dio e contro la vita eterna in Dio.
L’uomo può evolversi spiritualmente tanto da imparare a essere felice anche vivendo realtà non facili, non armoniose, perché nella vita terrena la realtà, a causa della pressione e dell’inganno satanico, non è sempre facile e armoniosa, ma non c’è dubbio che in (via) qualsiasi situazione in cui l’uomo e la donna non riescono a essere felici, è un luogo di morte. Quando l’uomo e la donna non riescono a essere felici, è un tempo di morte. Gesù è chiaro, e non lascia spazio a interpretazioni e discussioni nel cuore stesso del suo messaggio, che sono le Beatitudini. O l’uomo e la donna si incamminano sulla strada della beatitudine, crescono nella felicità, si riempiono di gioia, o nulla, assolutamente nulla ha senso. Quando Satana si è messo contro Dio, non ha perso i suoi poteri, la sua forza, la sua intelligenza, ma ha perduto immediatamente la sua gioia, e lui l’ha perduta per sempre, per questo usa tutto ciò che è e che conosce per togliere in qualsiasi modo la gioia agli uomini e alle donne della terra. O l’uomo e la donna usano la vita, ogni istante e realtà della vita, per imparare a essere felici e a moltiplicare per tutti la felicità, o la vita umana, in ogni istante e in ogni realtà, è una vita che non raggiunge il suo scopo, non ha direzione, non raggiunge la vita eterna nella felicità senza fine di Dio.
Nulla senza gioia.

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QUESTO PERCORSO DI FELICITA’, NELLE BEATITUDINI, D’ORA IN POI LO ASSOCEREMO AL TERMINE PIU’ APPROPRIATO COME CI HA INSEGNATO GESU’. ED IL RIFERIMENTO E’ AL SUO “DISCORSO DELLA MONTAGNA”: CONVERSIONE. CONVERTITEVI CHE VOSTRO SARA’ IL REGNO DEI CIELI

DOVE E’ CARITA’ E AMORE, LA’ C’E’ DIO

Manuale ragionato per l’avvicinamento individuale e di coppia alla Conversione: perchè dalla vita possa nascere vita e la famiglia umana sia prospera di beni e felicità

Un ringraziamento davvero speciale a Stefania, “l’ultima” che ho tanto amato, e che con durezza mi ha ricostruito dentro “sottoponendomi ad un percorso di purificazione in Maria”; “accompagnandomi con dolci e soavi suoni musicali nonchè ammonimenti fraterni”; consigliandomi di “performarmi al Cristo oltre le intenzioni”; poi portandomi per mano e talvolta a calci per consegnarmi tra le “braccia di Gesù”. Ma, tutto d’un tratto si è ecclissata tra le tenebre perchè il “nuovo uomo” che aveva accompagnato dal Signore, non aveva più nulla a che vedere con il Mondo. E lei che è ancora del Mondo non aveva ancora preso le misure di ciò che significava chiedere agli Altri di essere totalmente di Dio e nella Pace. Perchè chi si fa strumento di Dio non sempre è già Convertito a Lui. Ora dunque sono io che ho un dovere morale nei suoi confronti: eccomi pronto!

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“Io Gesù, Vi racconto del mio sacrificio cruento sulla Croce”.

Sono Io che vi ho creati perchè volevo vedervi Felici. Volevo e potevo darvi tutto perchè poteste godere nella gioia di tutta la Mia Potenza. Invece qualcosa non è andata come doveva essere. Per questo Mi sono assumo tutte le responsabilità se grazie al “libero arbitrio”, che ho dato a tutti voi, il motore che serviva a rendervi Felici, non sempre ha funzionato. Potevate scegliere e non sempre avete saputo scegliere. Avete cercato spesso percorsi contorti, più lunghi, avete ceduto tempo in cambio di effimere chimere e così avete perso di mira la felicità che avevate à a portata di mano. Vi siete mai guardati intorno per godere delle meraviglie della Natura che ho creato per voi? Vi siete mai stupiti per un parto? Non avete mai pensato se il piacere che provate durante un amplesso non sia stato io a darvelo? E il sorriso, le piccole e grandi gioie della vita, la gratuità dei prodotti della terra che saziano anche le più piccole ed invisibili delle mie creature, pensate siano state le multinazionali o i petrolieri o i governanti a fornirveli? Alcuni Mi si sono rivoltati contro, mi hanno voluto rinnegare di fronte al mondo intero e per questo hanno manifestato tutto il Male contro le Mie creature, m soprattutto contro te.

Mi piacerebbe dirti che dopo la Mia Passione Morte e Resurrezione tutti, indistintamente siete stati definitivamente liberati dal Male. Invece devo sirvi che ciò è avvenuto Potenzialmente. Ora spetta a voi capire e darvi da fare per liberarvi dalle catene del Male e dell’Inganno che vi legano a Mammona privandovi della “gioia” di esistere a Mio Nome e scoprire la Felicità; Io ho infatti riscattato ogni “debito” contratto da Adamo e da Caino e da ogni Figlio della Perdizione, sequela dell’Iniquo, dell’Empio, della Menzogna, dell’Assassino Antico. Ma voi, ogni giorno, ne contraete di nuovi attraverso la subdola formula del dio denaro. Da questo debito Io non posso liberarvi, se non con la vostr diretta partecipazione e consapevoleza. Perchè la brama di potere di chi vi avvita e “inchioda” attorno all’idea che senza denaro non possa esservi Felicità, ha lavorato incessanemente per creare una società umana fatta a sua immagine e somiglianza, pervasa da strutture di Peccato, da Paure, Ingustizie facendovi apparire delizie il Vizio. E così, senza che ve ne accorgiate, vi rubano continuamente il Tempo che avreste potuto dedicare per stare con Me, per essere Felici con le persone che amate, per godervi tutte le immenze Bellezze del creato. Ma loro hanno fatto di più: le hanno rese inaccessibili queste bellezze e se non bastasse le stanno distruggendo con atti vandalici e criminali, costruzioni che danneggiano il paesaggio, veri e propri ecomostri, guerre devastatrici che portano carestie, pestilenze, morte, morte e morte. Che ad un certo punto vi portano ad odiare la vita stessa. E così, come Io ho riscattato i vostri debiti spirituali presso Mio padre, voi invece di affidarvi a noi, porgete lo sguardo altrove e tentate nel vano tentativo di riscattare i vostri debiti temporali e materiali, di raggiungere dei compromessi con i vostri aguzzini per avere un minimo di Felicità e di Tempo per godervela. Ma non vi accuso per questo di essere stolti e mal avveduti. Perchè, invece, alcuni di voi, i Sacerdoti, hanno contratto una loro dose di responsabilità per quel che fanno e dicono, ma ancor di più per ciò che “non fanno”; perchè li Ho nominati alla Mia destra e gli Ho dato un potere divino che nemmeno gli Arcangeli e Mia Madre hanno. Costoro infatti, attraverso la Santa Eucaristia, la Santa Messa, i Sacramenti, la Benedizione, l’esempio santificatore ed evangelizzatore devono ricordarvi perchè Sono “volutamente” andato sulla Croce e soprattutto dove è la Felicità che voi perseguite giorno e notte senza trovarla. Dovrebbero dirvi perchè Mi sono sottoposto al rituale, pur non avendone bisogno, della Purificazione e del Battesimo. Dovrebbero insegnarvi a riconoscere le strade per la Felicità e la Gioia. Ed invece come pompieri cercano solo di spegnere il fuoco dopo aver lasciato che i piromani lo appiccassero senza diventare guide e testimoni del Mio messaggio.

Mi sono voluto porre, al contrario di voi che dalla croce sfuggite, nella sequela di chi vive del castigo a causa del Peccato Originale. Ma non per questo si può dire che Mi sia fatto Peccato. Il fatto vero è che nell’ordine delle responsabilità, Mi sentivo il primo responsabile, anche per le malefatte dei Miei stessi amici che si sono fatti traditori. E’ stato proprio un Mio traditore a consegnarMi agli aguzzini per un pugno di soldi; e sempre per mano traditrice, molte Mie creature rischiano di perdersi se non fissano, se non Mi si propone come Unica Pace, Salvatore e Redentore. Io che sono la Vera Luce, in quanto Via, Verità e Vita. Io che sono Carità e Amore. Ma perchè tutto questo fosse da voi percepito in forma inequivocabile, dovevo vivere anche su di Me la Morte e vincerla. Ed essere la Persona, prima che il Dio, da Imitare. Perchè a che serve Credere al Mio Vangelo, avere Fede nel Mio Nome, se poi disperdete il vostro tempo e le azioni, e le intenzioni della vostra anima fra i mille flutti che Mammona vi consegna ogni dì? Vi ho consegnato Me stesso per essere Miei Imitatori nella costruzione del Regno che è quello che voi cercate sognando, scrivendo, invocando, progettando, amando…

Adamo, infatti, come alcuni angeli, volle anche lui come voi, mettersi in proprio; e generò per una accelerazone della sua superbia, contro il Mio avviso, il figlio Caino, che avrebbe risposto direttamente all’asse del Male di coloro che sono Contro Natura e contro la procreazione, Contro la Mia Volontà che è Desiderio, contro l’Ordine Naturale che è parte integrante del Regno con la Sua sublime Legge che Mio Padre consegnò a Mosè e che io perfezionai nello Spirito d’Amore come traspare in tutto il Vangelo diffuso su tutta la terra.

Ora però, voi che sapete tutto, non potere dire che non sapevate. Non potete dire che le Mie colpe liberano dall’Inferno anche coloro che non vogliono essere liberati, che non amano, che non Mi desiderano ardentemente. Io infatti vi pongo di fronte ad una seconda scelta: dopo quella di liberarvi con il Battesimo comunitario e la Cresima personale dai Peccati di “indipendenza e autonomia” da Me, che Adamo vi ha trasferito geneticamente attraverso il Figlio della Perdizione che fu Caino, ora cambiate Abito; vi esorto a questa novità, che non piacque al Giovane Ricco che voleva essere salvo per l’Eternità: di indossare dopo questa mia invocazione, che è anche una Chiamata (perchè sono là alla Porta e busso sin dal vostro concepimento), un abito Nuovo; per vostra iniziativa, per vostra scelta, per vostra convinzione. A costoro, a tutti coloro che sentiranno viva questa chiamata, darò tutto per vincere la propria battaglia: in Provvidenza,Virtù e Carità.

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Vangelo di Luca 5,33-39

In quel tempo, 33 i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!»
34
Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? 35 Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».
36
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. 37 E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. 38 Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. 39 Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”»

Vecchio e nuovo

Nessuno prende un pezzo dal tessuto del vangelo, che è sempre nuovo e innovativo, per metterlo sul tessuto vecchio di una mente cristallizzata in fossilizzate convenzioni e convinzioni, altrimenti l’innovativa intelligenza del vangelo strappa il vecchio di quella mente, perché al vecchio di quella mente non si adatterà mai l’innovativa conoscenza e sapienza del vangelo. Nessuno versa il vino nuovo delle procedure evangeliche negli otri vecchi di vecchi cuori, logorati dalla rabbia, consunti dall’inganno, deteriorati dai pregiudizi, altrimenti il vino nuovo, frizzante ed effervescente delle procedure evangeliche spaccherà gli otri vecchi di quei vecchi cuori, si spanderà disperdendosi, e quei cuori andranno perduti. Il vino nuovo del vangelo bisogna versarlo in otri-cuori nuovi. Nessuno che beve il vino vecchio delle vecchie convenzioni, convinzioni, abitudini, consuetudini desidera il vino nuovo, innovativo del vangelo, perché troverà il vino vecchio delle tradizioni, delle religioni, delle filosofie, degli addestramenti umani più gradevole, e ripeterà a se stesso: non ha senso cambiare. La metanoia evangelica, il cambiamento di mentalità, l’inversione del modo di pensare che Gesù propone all’umanità per liberarla dalla paura, dall’ignoranza, dall’inganno satanico non è per i vecchi, e per vecchio il testo evangelico non intende certo vecchio per età cronologica, ma vecchio perché mentalmente cristallizzato in inamovibili certezze acquisite dall’addestramento sociale, vecchio, perché fissato in immutabili sicurezze morali, scientifiche, religiose, psichiche, culturali. Il vangelo non è per ciò che è vecchio. Il vangelo è per coloro che, indipendentemente dall’età, sono felici di poter rinunciare al proprio addestramento mentale, sono grati di poter cambiare il proprio orientamento mentale, sono onorati di poter mutare il proprio sistema di pensiero alla luce meravigliosa del vangelo, per incamminarsi verso l’evoluzione intellettuale e spirituale che Dio desidera per l’umanità.
Il vangelo è per tutti coloro che ritengono l’opportunità di poter sostituire i propri dialoghi interiori con le Parole di vita del vangelo, la realtà più importante e preziosa della propria vita. Gesù è chiaro: il vangelo è solo per quelli che hanno deciso, con amore, di farlo cantare incessantemente nella mente, nel cuore, nelle mani. Per gli altri, il vangelo è meglio che taccia.

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“Devo al Libro su La Imitazione di Cristo e al Trattato sulla Vera Devozione a Maria se mi sono rialzato immediatamente dopo essere caduto in un profondo baratro di tristezza e solitudine. Tramite loro, alla Insegna del Vangelo sopporto, supero ogni asperità e afflizione della vita e dell’amore e mi sottometto alla volontà e ai castighi del Signore con fervida compunzione del cuore; e ricevo il balsamo dell’umiltà e del discernimento e la cura per la mia anima.

Ma è il Saio che indosso che ora più che mai mi tiene fermamente legato a questi e a tutti i propositi confermati il 25 marzo 2011 a Fatima di voler essere, passo dopo passo, nel superamento delle matrici di inganno e delle strutture di peccato (radicate in questo mondo), un pellegrino, una guida ed un testimone verso la strada stretta della Salvezza che passa anche per i Tempi Finali dell’Apostasìa e della Grande Tribolazione; fondando e realizzando in me, con cuore ardente, la fortezza del Vangelo Vivente, anticamera del Regno; è il Saio di Arciere ed il proposito di riempire le Giare e gli Otri in attesa del Vino Buono che mi rende costante nella Recita del Rosario; che mi consente, ancor di più che se vivessi laicamente e quindi per piacere alla mondanità, di accostarmi, con molta più solerzia di quanto abbia fatto prima, al Confessionale di Dio; è il Saio che mi predispone e mi rinnova giornalmente il riconoscimento della Grazia di poter partecipare vivamente ed intensamente alla Santa Messa -senza distinzione di sorta tra giusto e falso secondo la Tradizione dei Padri- tenendo fermamente fra le dita i grani del Santissimo Rosario di Maria, nostra Sacra Arca della Bellezza e Avocatessa; e per cui, inginocchiandomi nel ricevimento della Eucaristia, provo con vivo stupore e grandissima meraviglia di sentirmi amato nella mia miseria e nella mia inutilità di servo; è proprio con il Saio di Discepolo di Nostra Signora della Tenda – figlio montfortiano di Don Bosco- che mi lascio trasportare lieve nell’Adorazione del Signore mio Dio, davanti al Santissimo Tabernacolo, ponendo Le due Colonne, Gesù e Maria -in questo mio nuovo modo di essere nel mondo- ancor di più e con consapevolezza fervente, sopra ogni cosa di questo mondo surreale, bellicoso, ingrato ed effimero” (Parusìa – Marco Turi Daniele Primo Preposito Generale dell’Arca)

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Vangelo di Luca 14,25-33

In quel tempo, 25 una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26 «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27 Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
28
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29 Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30 dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
31
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32 Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33 Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

Ciao ciao

È un’evidenza. La vita, in tutto il creato, da miliardi di anni, si prende cura perfettamente e prontamente di tutto e di ogni cosa, e regola, muove, organizza e sostiene, rigorosamente e con precisione l’esistenza di tutti gli esseri viventi. L’uomo che si attacca alle cose e alle persone, per paura che gli venga a mancare qualcosa o qualcuno, non conosce e non vive questa evidenza. Con il suo orientamento mentale, l’uomo che diventa possessivo rispetto a cose e persone nega questa evidenza, rinnega la perfezione della vita, maledice la perfezione con cui la vita si prende cura di tutto ciò che esiste, sfida l’organizzazione delle energie cosmiche, si pone in aperta rivolta con la vita stessa. È un’evidenza. Colui che vive di attaccamento e possessività dimostra non solo che non si fida affatto della vita, della sua organizzazione perfetta, ma attesta che si sente così scollegato dall’esistenza, che ritiene indispensabile, per la propria sopravvivenza, separarsi dall’organizzazione e dalla perfezione cosmica del sistema della vita, per organizzare per se stesso una forma distinta di garanzia, assicurazione, protezione e sicurezza.
Quando un uomo si attacca alle cose e alle persone è unicamente perché sospetta della vita, dubita dell’esistenza, non riconosce la perfezione e l’armonia del creato e della vita. Per questo si sconnette dalla propria dimensione spirituale, si scollega dalla propria intelligenza e lacera intimamente tutto il proprio sistema neuro-psico-emotivo, diventando un uomo fragile, pauroso, incerto, dipendente, ignorante, pigro, conflittuale, aggressivo. L’uomo che sospetta della vita, che non si fida della perfezione dell’esistenza, del modo in cui l’esistenza ha cura di tutto e di ogni cosa, è costretto a trovare le proprie sicurezze in ogni forma di attaccamento a cose e a persone, e questo genera inevitabilmente in lui lo stato spirituale della separazione, lo stato psichico della sospensione, lo stato fisico della tensione. È questa necessità di attaccarsi e di possedere che rende l’uomo immediatamente dipendente, e che, con il tempo, lo rende stupido, e, nel lungo periodo, pazzo. Ogni forma di attaccamento e possessività avvelena il dialogo interiore con ogni tipo di sospetto, dubbio, preoccupazione, e aumenta drasticamente la sete di controllo e dominio, generando ogni forma di invidia, gelosia, aggressività e violenza. Ogni forma di attaccamento e possesso è un atto di separazione dalla vita e da Dio. È un’evidenza. Chi crede nella vita e in Dio non ha bisogno di possedere nulla e di attaccarsi a nessuno e, al tempo stesso, chi desidera credere nella vita e in Dio non può possedere nulla né attaccarsi a nessuno.
Gesù dice: chi non rinuncia [greco: apotàsso, “dire ciao ciao”] a tutti i beni, non può essere mio discepolo. Il verbo greco apotàsso, usato in questo versetto del vangelo, significa proprio salutare, rinunciare, abbandonare, dire addio a una persona o a una cosa, separarsi. Gesù pone addirittura il “dire ciao ciao” ai propri beni – che in greco sono espressi con il termine ypàrchonta, i “possessi” – come la condizione essenziale e imprescindibile per poterlo seguire. Chi desidera unirsi a Gesù e al vangelo deve separarsi dai possessi. Perché Gesù è così drastico? Perché chi possiede i possessi, si separa ed è separato dalla vita e da Dio, e chi si separa dai possessi, si unisce ed è unito alla vita e a Dio. I possessi di cui parla Gesù non solo sono nell’ordine delle cose, ma anche e soprattutto nell’ordine degli affetti, delle relazioni umane, infatti precisa ulteriormente: Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.

Ti prego Signore Gesù,
nella mia vita fai tutto,
fai sempre, fai tu.

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L‘Imitazione di Cristo

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Libro I di IV

Questo piccolo libro ha costituito per secoli un preciso punti di riferimento per la spiritualità cristiana, tanto che si può considerare “il libro più letto dopo il Vangelo, meditato nei monasteri, letto nella vita religiosa e sacerdotale, tenuto come manuale di formazione cristiana robusta per tante generazioni di laici, di cristiani nel mondo”. L’Imitazione di Cristo, il cui autore resta sconosciuto, benché possa essere collocato in ambiente monastico attorno ai secoli XIII-XIV, costituisce un semplice e concreto tracciato di vita ascetica. La tensione spirituale che lo anima, ne fa un testo fondamentale nel tracciare una via alla ricerca di Dio, all’abbandono dell'”uomo vecchio” per costruire l'”uomo nuovo”, per radicare interiormente una profonda spiritualità personale.

Indice completo de La Imitazione di CristoLibro IINCOMINCIANO LE ESORTAZIONI UTILI PER LA VITA DELLO SPIRITO
Cap 01.– L’IMITAZIONE DI CRISTO E IL DISPREZZO DI TUTTE LE VANITA’ DEL MONDO
Cap 02. L’UMILE COSCIENZA DI SE’
Cap 03.L’AMMAESTRAMENTO DELLA VERITA’
Cap 04.LA PONDERATEZZA NELL’AGIRE
Cap 05.LA LETTURA DEI LIBRI DI DEVOZIONE
Cap 06. GLI SREGOLATI MOTI DELL’ANIMA
Cap 07. GUARDARSI DALLE VANE SPERANZE E FUGGIRE LA SUPERBIA
Cap 08. EVITARE L’ECCESSIVA FAMILIARITA’
Cap 09. OBBEDIENZA E SOTTOMISSIONE
Cap 10. ASTENERSI DAI DISCORSI INUTILI
Cap 11. LA CONQUISTA DELLA PACE INTERIORE E L’AMORE DEL PROGRESSO SPIRITUALE
Cap 12. I VANTAGGI DELLE AVVERSITA’
Cap 13. RESISTERE ALLE TENTAZIONI
Cap 14. EVITARE I GIUDIZI TEMERARI
Cap 15. LE OPERE FATTE PER AMORE
Cap 16. SOPPORTARE I DIFETTI DEGLI ALTRI
Cap 17. LA VITA NEI MONASTERI
Cap 18. GLI ESEMPI DEI GRANDI PADRI SANTI
Cap 19. COME SI DEVE ADDESTRARE COLUI CHE SI E’ DATO A DIO
Cap 20.
L’AMORE DELLA SOLITUDINE E DEL SILENZIO
Cap 21.
LA COMPUNZIONE DEL CUORE
Cap 22. LA MEDITAZIONE DELLA MISERIA UMANA
Cap 23. LA MEDITAZIONE DELLA MORTE
Cap 24. IL GIUDIZIO DIVINO E LA PUNIZIONE DEI PECCATI
Cap 25. CORREGGERE FERVOROSAMENTE TUTTA LA NOSTRA VITALibro II
INCOMINCIANO LE ESORTAZIONI CHE CI INTRODUCONO ALL’INTERIORITA’

Cap 01. IL RACCOGLIMENTO INTERIORE
Cap 02. L’UMILE SOTTOMISSIONE
Cap 03. CHI E’ COLUI CHE AMA IL BENE E LA PACE
Cap 04. LA LIBERTA’ DI SPIRITO E LA SEMPLICITA’ DI INTENZIONE
Cap 05. L’ATTENTO ESAME DI SE STESSI
Cap 06. LA GIOIA DI UNA COSCIENZA RETTA
Cap 07. L’AMORE DI GESU’ SOPRA OGNI COSA
Cap 08. L’INTIMA AMICIZIA CON GESU’
Cap 09. LA MANCANZA DI OGNI CONFORTO
Cap 10. LA GRATITUDINE PER LA GRAZIA DIVINA
Cap 11. SCARSO E’ IL NUMERO DI COLORO CHE AMANO LA CROCE DI GESU
Cap 12. LA VIA MAESTRA DELLA SANTA CROCE

Libro III
INCOMINCIA IL LIBRO DELLA CONSOLAZIONE INTERIORE

Cap 01. CRISTO PARLA INTERIORMENTE ALL’ANIMA FEDELE
Cap 02. SI FA SENTIRE DENTRO DI NOI SENZA ALTISONANTI PAROLE
Cap 03. UMILE ASCOLTO ALLA PAROLA DI DIO, DA MOLTI NON MEDITATA A DOVERE
Cap 04. INTIMAMENTE UNITI A DIO, IN SPIRITO DI VERITA’ E DI UMILTA’
Cap 05. MIRABILI EFFETTI DELL’AMORE VERSO DIO
Cap 06. CHI HA VERO AMORE, COME NE DA’ PROVA
Cap 07. PROTEGGERE LA GRAZIA SOTTO LA SALVAGUARDIA DELL’UMILTA’
Cap 08. LA BASSA OPINIONE DI SE’ AGLI OCCHI DI DIO
Cap 09. RIFERIRE TUTTO A DIO, ULTIMO FINE
Cap 10. DOLCE COSA, ABBANDONARE IL MONDO E SERVIRE A DIO
Cap 11. VAGLIARE E FRENARE I DESIDERI DEL NOSTRO CUORE
Cap 12. L’EDUCAZIONE A PATIRE E LA LOTTA CONTRO LA CONCUPISCENZA
Cap 13. METTERSI AL DI SOTTO DI TUTTI IN UMILE OBBEDIENZA, SULL’E. DI GESU’ C.
Cap 14. PENSARE ALL’OCCULTO GIUDIZIO DI DIO, PER NON INSUPERBIRCI DEL BENE
Cap 15. COME COMPORTARCI E CHE COSA DIRE DI FRONTE A OGNI NOSTRO DESIDERIO
Cap 16. SOLTANTO IN DIO VA CERCATA LA VERA CONSOLAZIONE
Cap 17. AFFIDARE STABILMENTE IN DIO OGNI CURA DI NOI STESSI
Cap 18. SOPPORTARE SERENAMENTE LE MISERIE DI QUESTO M. SULL’ESEMPIO DI CRISTO
Cap 19. LA CAPACITA’ DI SOPPORTARE LE OFFESE E LA VERA PROVATA PAZIENZA
Cap 20. RICONOSCERE LA PROPRIA DEBOLEZZA E LA MISERIA DI QUESTA NOSTRA VITA
Cap 21. IN DIO, AL DI SOPRA DI OGNI BENE E DI OGNI DONO, DOBBIAMO TROVARE LA PACE
Cap 22. RICONOSCERE I MOLTI E VARI BENEFICI DI DIO
Cap 23. LE QUATTRO COSE CHE RECANO UNA VERA GRANDE PACE
Cap 24. GUARDARSI DALL’INDAGARE CURIOSAMENTE LA VITA DEGLI ALTRI
Cap 25. IN CHE CONSISTONO LA STABILITA’ DELLA PACE INT. E IL VERO PROG. SPIRITUALE
Cap 26. L’ECCELSA LIB. DELLO SPIRITO, FRUTTO DELL’UMILE PREG. PIU’ CHE DELLO STUDIOCap 27. PIU’ DI OGNI ALTRA COSA L’AMORE DI SE STESSO RALLENTA IL NOSTRO PASSO VERSO IL SOMMO BENECap 28 CONTRO LE LINGUACCE DENIGRATRICI
Cap 29 INVOCARE E BENEDIRE DIO NELLA TRIBOLAZIONE
Cap 30 CHIEDERE L’AIUTO DI DIO, NELLA FIDUCIA DI RICEVERE LA SUA GRAZIA
Cap 31 ABBANDONARE OGNI CREATURA PER POTER TROVARE DIO
Cap 32 RINNEGARE SE STESSI E RINUNCIARE AD OGNI DESIDERIO

Cap 33 L’INSTABILITA’ DEL NOSTRO CUORE E LA INTENZIONE ULTIMA, CHE DEVE ESSERE POSTA IN DIO

Cap 34 CHI E’ RICCO D’AMORE GUSTA DIO IN TUTTO E AL DI SOPRA DI OGNI COSA
Cap 35 IN QUESTA VITA, NESSUNA CERTEZZA DI ANDARE ESENTI DA TENTAZIONI
Cap 36 CONTRO I VUOTI GIUDIZI UMANI
Cap 37 L’ASSOLUTA E TOTALE RINUNCIA A SE STESSO PER OTTENERE LIBERTA’ DI SPIRITO
Cap 38
IL BUON GOVERNO DI SE’ NELLE COSE ESTERNE E IL RICORSO A DIO NEI PERICOLI
Cap 39 NESSUN AFFANNO NEL NOSTRO AGIRE
Cap 40 NULLA DI BUONO HA L’UOMO DA SE’ E DI NULLA PUO’ VANTARSI
Cap 41 IL DISPREZZO DI OGNI ONORE DI QUESTO MONDO
Cap 42 LA NOSTRA PACE NON DOBBIAMO PORLA NEGLI UOMINI
Cap 43 CONTRO L’INUTILE SCIENZA DI QUESTO MONDO
Cap 44 NON CI SI DEVE ATTACCARE ALLE COSE ESTERIORI
Cap 45 NON FARE AFFIDAMENTO SU ALCUNO: LE PAROLE FACILMENTE INGANNANO
Cap 46 AFFIDARSI A DIO QUANDO SPUNTANO PAROLE CHE FERISCONO
Cap 47 OGNI COSA GRAVOSA VA SOPPORTATA, PER CONSEGUIRE LA VITA ETERNA
Cap 48 LA VITA ETERNA E LE ANGUSTIE DELLA VITA PRESENTE
Cap 49 IL DESIDERIO DELLA VITA ETERNA. I GRANDI BENI PROMESSI A QUELLI CHE LOTTANO
Cap 50 CHI E’ NELLA DESOLAZIONE DEVE METTERSI NELLE MANI DI DIO
Cap 51 DEDICARSI A COSE PIU’ UMILI QUANDO SI VIENE MENO NELLE PIU’ ALTE

Cap 52 L’UOMO NON SI CREDA MERITEVOLE DI ESSERE CONSOLATO, MA PIUTTOSTO DI ESSERE COLPITO

Cap 53
L’UOMO NON SI CREDA MERITEVOLE DI ESSERE CONSOLATO, MA PIUTTOSTO DI ESSERE COLPITO

Cap 54
GLI OPPOSTI IMPULSI DELLA NATURA E DELLA GRAZIA
Cap 55 LA CORRUZIONE DELLA NATURA E LA POTENZA DELLA GRAZIA DIVINA
Cap 56
RINNEGARE SE STESSI E IMITARE CRISTO NELLA CROCE
Cap 57 NON CI SI DEVE ABBATTERE ECCESSIVAMENTE QUANDO SI CADE IN QUALCHE MANCANZACap 58 NON DOBBIAMO CERCAR DI CONOSCERE LE SUPERIORI COSE DEL CIELO E GLI OCCULTI GIUDIZIO DI DIOCap 59 PORRE OGNI NOSTRA SPERANZA E OGNI FIDUCIA SOLTANTO IN DIO

Libro IV
INCOMINCIANO I CONSIGLI DEVOTI PER LA SANTA COMUNIONE

Cap 01 CON QUANTA VENERAZIONE SI DEBBA ACCOGLIERE CRISTO
Cap 02 NEL SACRAMENTO SI MANIFESTANO ALL’UOMO LA GRANDE BONTA’ E L’AMORE DI DIO
Cap 03 UTILITA’ DELLA COMUNIONE FREQUENTE
Cap 04 MOLTI SONO I BENEFICI CONCESSI A COLORO CHE SI COMUNICANO DEVOTAMENTE

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Vangelo di Matteo 22,34-40

In quel tempo, 34 i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35 e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36 «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?»
37 Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. 38 Questo è il grande e primo comandamento. 39 Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. 40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Amare la gioia

Quando ami, non puoi avere paura.
Quando hai paura, non puoi amare.
Quando hai paura di Dio, non puoi amare, né farti amare.
Quando hai paura di te stesso, non puoi amare, né farti amare.
Quando hai paura degli altri, non puoi amare, né farti amare.
Quando eserciti pressione e tensione sugli altri,
quando giudichi e condanni gli altri,
non stai vivendo amore, e non stai amando.
Quando eserciti dominio sugli altri,
non stai vivendo amore,
e non puoi amare nemmeno quelli che credi di amare.
Quando eserciti controllo sugli altri,
non stai vivendo amore,
e non puoi amare nemmeno quelli che dici di amare.
Quando sei possessivo, geloso, sospettoso,
non stai vivendo amore,
e non puoi amare nemmeno quelli che sei persuaso di amare.
Quando ti attacchi alle cose o alle persone,
non stai vivendo amore, e non stai amando.
Quando combatti, per qualsiasi motivo tu combatta,
qualsiasi cosa tu combatta, anche se combatti il male, l’ingiustizia, l’iniquità,
ma non vivi per seminare il bene, il benessere per tutti,
la gratitudine, la gratuità, la giustizia, la condivisione,
non stai vivendo per amare, né per amore,
e non stai amando niente e nessuno.
Quando pretendi ed esigi che quelli che dici di amare
cambino e modifichino il loro modo di essere e di vivere
perché tu li possa amare,
e tu possa essere fiero e orgoglioso di loro,
non stai amando niente e nessuno.
Quando non ami, puoi comunque fare ciò che vuoi della tua vita,
e puoi avere tutto ciò che riesci a conquistare nella vita,
ma non potrai mai, mai, mai vivere la gioia e provare la felicità.
Non sei costretto a essere felice su questa terra,
ma se per caso tu vuoi essere veramente felice,
devi sapere che senza amore non c’è gioia e non è possibile la felicità.
Amare Dio, con tutto il cuore e con il meglio di sé,
amare se stessi, e amare gli altri come si ama se stessi,
conduce alla gioia, porta alla gioia.
Non c’è legge, politica, istituzione, economia, psicologia, farmaco,
successo, ideologia, filosofia, scienza, istruzione, insegnamento,
educazione, civiltà, cultura, religione, che possa dare gioia all’uomo,
solo imparare ad amare, solo amare dà gioia all’uomo.
Solo amare, solo l’amore può far nascere la gioia nel cuore dell’uomo.
Dio è gioia, noi siamo fatti di gioia,
e, per raggiungere Dio e vivere la gioia, non c’è altra via che l’amore.

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Vi giunga a voi tutti questa considerazione vissuta direttamente su di me.

Avere Gesù nel cuore non vuol dire vivere, aver vissuto o intendere vivere come dice e ci insegna il Suo Vangelo e come ci tramanda la Chiesa dai tempi della Pentecoste, e quindi sostenuta e difesa dalla tradizione apostolica e apologetica.
Anzi.
Possiamo dire a ragione che esistono diversi modi di essere cristiani, senza per questo essere testimoni del Vangelo. E questi sono:

credenti in Cristo
fedeli in Cristo
imitatori di Cristo

Essere credenti è molto diverso da essere imitatori o fedeli: può essere un forte e motivato motto razionale che non ci esime però dal tralasciare la vita così come la stiamo vivendo; la Chiesa avrebbe dovuto essere più dura, forse, nelle espressioni evangelizzatrici, e la Gerarchia più severa con se stessa, nei ostumi, tralasciando le cose del mondo e dedicandosi alla formazione dell’individuo e della sua spiritualità interiore, per poi mandarlo a governare il mondo secondo le leggi di Dio e non degli uomini; e oltre ad affidarci lo statuto del Credo, di dichiarazione apostolica, e la fedeltà agli atti trasmessi anche sotto forma di Dottrina, sarebbe anche opportuno chiederci, individualmente, qualcosa di più circa la mortificazione di noi stessi. Ciò anche per farci uscire dal torpore in cui cadono spesso i Tiepidi, che oltre alla mancanza di amore per il prossimo, mancano di amore per Dio e per se stessi e di impegno e buone intenzioni verso gli indigenti a riparazione anche delle colpe e dei peccati; si lasciano piuttosto spesso soggiogare dal lassismo o dalla accettazione del proprio stato (ivi compreso l’abitudine ai peccati veniali) convinti che la fede ed il credere bastino da se stessi; e non mettono in campo nessun accorgimento secondo gli insegnamenti di Gesù. Nel gradino più basso quindi ci sono i credenti, ed in quello più alto gli imitatori. I fedeli sono solo in parte giustificati, perchè hanno fiducia nella Trinità ed in buona parte di ciò che Dio permette avvenga nella loro vita sia nel bene che nel male; ma ciò finchè tacciono, finchè restano nella loro vigile ignoranza, finchè temono Dio e non si insuperbiscono mettendosi in proprio; quando pur non imitando Gesù evitano anche di fare moralismi in nome di Dio; ma non per questo e per solo questo possono diventare Santi. Se non poniamo infatti come obiettivi successivi il perfezionamento cristiano di ognuno di noi verso la Santità, rischiamo di morire di accidia e ignavia, arroganza ed incontinenza, vizi e supponenze, vanità e orgoglio; la vera e unica Conversione in Cristo è quella di voler con ogni proposito, sacrificio, rinuncia, disprezzo per se stessi e per il mondo diventare Santi secondo il Vangelo a pura e sola imitazione di Cristo. In fondo, si può diventare credenti o fedeli per Convinzione, per Logica, per Opportunità, per Interesse ma non necessariamente per Conversione. E poi, quando si parla di Fede ci si riferisce a cosa? Ad un progetto che riconosciamo Buono e che vorremo imitare o ad un progetto che riteniamo valido per altri, per la società umana ma non per noi peccatori? E’ forse un “armiamoci e partite”? O è una promessa a Dio di indossare un altro abito, quello che si addice di più alla chiamata di far parte del Regno? L’impegno di fedeltà non è un fatto a se stante che si risolve con una preghiera o una andata settimanale all’Eucaristia domenicale che noi chiamiamo Messa. La Conversione è una Rivoluzione totale della nostra vita. Nulla più sarà come prima, forse nemmeno il matrimonio, il lavoro, il proprio stato di vita. Questa è l’unica vera Rivoluzione che si conosca capace di cambiare se stessi dalla radice.

Per maggiori informazioni leggiti:

Tommaso da Kempis – Imitazioni di Cristo

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Ciò premesso arriviamo a noi….

Fregene, 30 giugno 2013

Eccellenza Reverendissima Giovanni Marra,
Arcivescovo Emerito di Messina Lipari Santa Lucia del Mela; ArchiMandrita del Santissimo Salvatore; Ordinario Militare Emerito dell’Italia; già amministratore Apostolico della Diocedi Orvieto-Todi, Pax et Bonum.

Mi pregio ringraziarLa nuovamente per la dolce fermezza con cui ha parlato al mio cuore il giorno 27 giugno 2013, in una occasione del tutto particolare, come è stata quella che ha ricordato a tutti i presenti i 50 anni di matrimonio di Orazio e Maria Luisa, persone a me care come un papà ed una mamma. Apprendo, in seguito, che il giorno appresso, 28 giugno, alla vigilia della Festa dei Santi Pietro e Paolo, Lei ha compiuto 27 anni di Consacrazione Episcopale. E voglio, anche per questo, Le giungano con forza, anche se con due giorni di ritardo, a nome mio e dei miei amici Arcieri della Resilienza Cattolica i nostri più sinceri e sentiti motti d’amore di felice anniversario nel Signore per quanto da Lei compiuto nell’esercizio episcopale in questo arco di tempo; e per quanto ancora potrà fare anche per le nostre anime e per l’onore della Santa Sposa la Madre Chiesa.

Spero ardentemente, con supplica di discepolo di Maria Nostra Signora della Tenda e in quanto figlio montfortiano di don Bosco, che Lei voglia accogliere la umile richiesta di un incontro, tra Lei e me, nei modi, nei tempi e nei luoghi che mi indicherà; affinchè possa piegare, con il Suo sostegno ed il Suo incoraggiamento, le mie ginocchia di fronte alla Verità e alla Carità con un sano discernimento e sottomissione alla Sua guida spirituale la mia vocazione di cristiano e anche l’intero progetto della Confraternita dell’Arca della Bellezza; affinchè le Condotte, i Cenobi, le Diaconie, le Certose, gli Horti, le Skole, gli Areopaghi, le Domus Ecclesiae, ed i Lazzaretti di Fregene, Soriano, Fatima possano assumere un profilo Santo, consono alle attese della Chiesa per gli Ultimi Tempi.

Dopo il nostro incontro del 27 u.s.. mi sono fatto parte in causa di informare i miei amici, in particolare i più diretti consiglieri, riguardo i temi che abbiamo trattato e
che convergono sulle questioni più necessarie e più “scottanti” dei nostri tempi. E oltre a trovarli felicemente sorpresi e sinceramente innamorati di quanto il Signore ci prospetta (quando meno possiamo immaginarcelo), mi hanno sollecitato ad approfondire con Lei tutto ciò che ho nel cuore, e che rappresenta in grandissima parte ciò che vivono anche loro personalmente, singolarmente e in famiglia, con forti slanci ma anche grandi ambascie; affinchè possano loro stessi farsi animo ancor di più che il Signore, attraverso La Madre, Nostra Signora della Tenda, Augusto Tabernacolo, nuova Arca della Bellezza, tutrice della Santa Casa di Loreto, Nutrice del Dio Nostro Vivente, Signora di La Salette, Lourdes e Fatima, Madre Mercedaria e del Rosario, in un modo ed in un altro, ci sta chiamando tutti ad un atto di “partecipazione” proficua alla Redenzione, in questi tempi di desolazione, apostasìa e tribolazione.

Sono Pronto ad ascoltare, e loro attraverso me e magari in seguito anche attraverso la Sua voce, ogni Suo diretto suggerimento e insegnamento rispetto al progetto della nostra Confraternita che ha al centro il culto di Gesù e Maria nella fondazione delle CAERP (Cappellette di Adorazione Eucaristica e del Rosario Perpetuo) e costituzione di Comunità d’Amore secondo la Verità del Vangelo e per la rievangelizzazione della cultura attorno ai Borghi Eucaristici di Xenobia, a cui ci attestiamo e aiutiamo facendo nostra l’unica regola delle Tre Arche (o tre Bauli così come si chiamano a Fatima) che sono i Tempi di Missione, Comuntà e Famiglia; dalla cui pre-disposizione ed esercizio delle virtù di Prontezza, Umiltà, Degnità e Gratuità si dipartono le filiere della Carità con opere di Pietà, Misericordia Corporali e Spirituali e tutte le attività culturali, agricole e artigianali antiMammoniche; ed in qualunque caso a sottomettermi con Obbedienza inopinabile ed insindacabile a tutto quanto mi chiederà di fare, dire, annunciare, rinunciare, studiare, correggere e sospendere; confidando nella certezza che Lei è Degno successore degli Apostoli, avendo peraltro, nella Sua genealogia apostolica un ammiraglio e viceré di Sicilia, discendente di chi ha combattuto a Lepanto (Marcantonio Colonna); e chi ha suggerito al Clero, attraverso una santa enciclica (Pascendi Domini Gregis di Papa San Pio X), il Giuramento Antimodernista.

Rimetto a Lei e al giorno in cui l’ho conosciuta; e partecipo con amicizia e amore a questo evento tutti i miei confratelli, i sentimenti di gioia che ho riscontrato in questi giorni e che mi hanno dato molta animosità e rinnovato viva speranza nel mio percorso di fede e di desiderio di santità; per sentirmi ancor di più amato da Gesù e Maria (se già non bastasse quanto Loro si prodigano a fare per me da quando ho ricevuto il Santo Battesimo) nel desiderio di essere chiamato a condividere con Lei ed i miei amici il Regno di Dio ed il Paradiso da noi tanto agognato.
La abbraccio nell’amore sincero per il Signore, nella Domenica del Signore, restando in attesa di un Suo riscontro riguardo il prossimo nostro incontro.
Parusìa
in Gesù Adveniente e Maria CorRedentrice

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La regola, il modello, il fine

La battaglia della Resilienza Cattolica contro il Nuovo Ordine Mondiale anticristiano

La Religione Cattolica è vestire un Abito Nuovo per uscire tutti insieme dai problemi che la politica non riesce e non può risolvere se non rivolta al Regno, passando dagli Ultimi e dagli Indifesi. In questo senso la Società che ammette l’Aborto già è nell’Apostasìa

Se non pensate al Prossimo, al più prossimo, non parlatemi di Conversione, di Missioni e di visite agli Indigenti rimanendo sul piano delle parole che vi proiettano in Africa o addirittura in terre che vivono di guerre, carestie e pestilenze. Avete più bisogno di un buon analista o anche semplicemente di scegliere il Confessore a cui riuscite a raccontare tutto, ma proprio tutto, senza remora alcuna. Perchè è quando possiamo dire che schifo di persone siamo che allora diventa più semplice la diagnosi e ottenere risposte.

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La base dell’Innamoramento è l’occasione celeste

Questo non è più solo tempo di Conoscere e avere Fede in Gesù, ma quello della pienezza della Conversione nell’Amore e nella Partecipazione alla fondazione del Regno di Dio. Altrimenti rischiamo di rimanere inermi indifendibili Tiepidi.


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Perchè un Trattato sulla Vera Conversione alla base della coppia?

Pur essendo stato battezzato cattolico a giovanissima età ed aver osservato, poi, nel limite del possibile, in età della ragione, i requisiti della Fede, e i precetti della Chiesa sulla Morale e secondo i dispositivi del Catechismo Cattolico, ho dovuto lavorare molto e profondissimamente sul concetto di Conversione, sulla gradualità con cui si diventa veri cristiani “convergendo e non divergendo, amando e non convincendo, imitando e non solo credendo” senza dare per scontato nulla riguardo alla Salvezza tout court e alla Fede come un dato di fatto imperscrutabile; sui valori antropologici intrinseci al cattolicesimo che non è l’apice della Conversione, ma la compagine all’interno della quale si realizza e si inverano i propositi che ci siamo posti come condizione di testimonianza cristiana ed evangelica; e quindi su quanto lavoro avevo da compiere ancora su di me, senza andare a nominare Dio e Amore invano, per riuscire a liberarmi da taluni schemi che una volta per una ragione, un’altra per una certa consuetudine, un’altra ancora per taluni insegnamenti che si trasmettono da generazioni senza per questo costituire una tradizione ma esclusivamente una usanza; per altra via, seguendo l’interesse di comodo da parte di comunità dominanti, delle caste tra cui quelle sacerdotali e aristocratiche o borghesi considerate primizie (secondo loro) del sistema delle cose, ossia della filiera socio-economica, del capitolo culturale e pseudo-religioso di diritto romano e medioevale, del principio di rispetto, lealtà, sudditanza al potere pre-costituito per ceto, anzianità, primato “accademico”. Critica alla “dogmatica” imperante sulle prassi più che sulla teologia che non mi consentiva di uniformarmi, performarmi all’unico vero obiettivo della mia Conversione che è Gesù, in quanto: Via, Verità e Vita.

Quello che è difficile lasciar correre per un “non cristiano”, un “non convertito”, ma persino chi è incamminato in un percorso lineare, è il fatto di essere coinvolti in un rapporto di relazioni che comunque lo escludono dal diritto di partecipare direttamente o indirettamente in una decisione così definitiva che è la Conversione tout court che esclude completamente l’altro, il Prossimo, dall’orizzonte della propria nuova Dimensione.

In questo percorso, infatti, è necessario consegnarsi completamente ad un Padre Spirituale, a cui non si nascondono i particolari e nessun dettaglio possa essere determinante per capire gli eventuali danni ed entità di danno che si possono lasciare alle spalle. E’ quindi necessario per i neo Convertiti non solo, prima, risolvere le controversie umane, ricevendo il perdono qualora avessero sbagliato e non solo chiedendo scusa, ma cercando di creare i presupposti, anche aiutati dalla persona di cui si gode di maggior fiducia come un Sacerdote e un Confessore di ragionarla civilmente, anche in un consesso allargato di confronto franco e leale.

In fondo quello che queste persone spesse volte non fanno è di saper dire ad una eventuale moglie, marito, fidanzato o fidanzata, figlio, madre, ecc. , che “ora” loro non appartengono più direttamente alla loro vita. Lasciano tutto in sospeso come per lasciarsi una eventuale possibilità di recupero. E così questi neo Convertiti finiscono solo nascosta per chiudere uno dopo l’altro ogni contatto senza fare i conti con i sentimenti, quando questi sono ben inoltrati. Perché, in fondo, se la gente sapesse come stanno realmente messe le cose e se qualcuno le sta seguendo in tutti i punti, non ti sentiresti come un oggetto usato e abbandonato in un momento di esaltazione verso Dio, ma che un altro sorveglia per te senza trascurare i dettagli che sono anche questi importanti, al fine anche di evitare tragedie e colpi di testa. Perché a volte un chiarimento ragionato e ben argomentato, evita ai delusi di mettersi a lottare contro i mulini a vento. La faccenda andrebbe gradualmente a chiudersi per formare una nuova piattaforma di dialogo e sereni scambi di vedute e di esperienze.

Gli Arcieri, per esempio, possono sempre affidarsi ad un Manuale scritto appositamente per aiutare a compiere un buon discernimento, sugli “ammonimenti fraterni” intesi come Opera di Misericordia Spirituale, centrando la questione alle base delle scelte: vuoi vivere per Dio o per Mammona. Perchè, nella sostanza, “Tertia non datur”, non ci sono altre scelte prima di questa. Le altre le si subordinano tutte. Solo che molti neo Convertiti si rifugiano da tutto ciò che ha a che fare con questa scelta primaria, hanno paura, spesso non riescono ancora ad amare Dio e quindi temono ancora l’altro come un nemico; da cui ne uscirebbero indenni solo pochi essendo tutti, prevalentemente coinvolti con Mammona, e si finisce che i veri cristiani che vivono secondo il Vangelo, poi restano i più scottati, i più feriti, i più isolati, senza un Tribunale umano che gli renderà giustizia. Allora potremmo dire che questi che si dichiarano neo Convertiti, di cui ho raramente una considerazione particolare ma solo molta pena e pietà per colpa dei pessimi curatori di anime che si chiamano con il titolo di Sacerdote, faranno sempre e solo il discernimento in base a ciò che gli passa davanti agli occhi, nella mente e nel cuore e a ciò che al momento più gli conviene per modificare il meno possibile il proprio status quo: quindi, se erano conviventi, continueranno a rimanere tali; se facevano un lavoro usurante e non necessario per il menage della famiglia e per la salvaguardia di un equilibrio familiare, finiscono col rinviare il tempo per un ritiro spirituale, per una vacanza, per una valutazione concreta del nuovo stato spirituale ed emotivo. Dio anche vuole valutare se siamo al 100%, in quel momento, le persone fatte per la Salvezza, per non far credere che la Conversione sia un’autostrada dove chiunque può passarci ad alta velocità, esporre cartelli, parlare di Dio, in Nome dello Spirito Santo secondo le proprie convinzioni e le proprie esperienze. E se poi questi neo Convertiti scoprissero che era solo un colpo di sole e tornassero ad una vita secolare dopo aver detto a tutti che avevano avuto una folgorazione sulla via di Damasco, siamo sicuri che tutto ciò non noccia alla buona causa del Vangelo? Oggi tutto si usa e consuma come un pacchetto di patatine, un panino da McDonald, un piercing o un tatoo. E’ diventato moda anche “convertirsi” ed io mi sentirò sempre di dare calci tanti quanti ne prendo io, perchè sono salutari per misurare la consistenza del nostro Amore per Dio. Per esempio, questo modo di scomparire dandosi alla fuga e poi alla macchia, come fanno molti, trincerandosi dietro un “no comment”, “dont disturb”, ecc. senza un confronto sereno non serve a niente e crea solo disturbo, inquietudine e disaffezione verso la religione. Soprattutto se l’interlocutore è un cristiano che potrebbe anche aiutare a trovare un senso o comunque, anche se si tratta di una persona con cui hai condiviso tutto o pure solo un percorso di Fede. Sarebbe davvero forte la tentazione di lasciare queste persone cuocersi nel loro brodo, perché prima o poi qualche “Falso Profeta” o qualcuno che saprà strapazzarlo per bene, lo troveranno. Ma non è questo il compito di chi ha l’obbligo di prendersi cura di una simile anima che come un bambino ha bisogno di essere seguito e aiutato. E guardate che se scrivo tutto ciò è perché conosco i casi e come Arciere e Vigilante ne ho conosciuti molti e raramente se ne esce fuori indenni, perché Mammona ti risucchia nelle sue sacche e risacche e tu nemmeno te ne accorgi e pensi che la colpa sia dello sciagurato che si è preso cura di te e della tua anima (e che magari non di rado si spinto ben oltre) portando uno scombussolamento aggiunto e disordinato della chiamata di Dio. E se a questa chiamata alla Conversione, poi, si aggiungono delle persone che ti circondano con pareri e giudizi, e che vorrebbero anche darti consigli, o porti dei tempi, un programma, delle decisioni, allora il danno è fatto. E non ti accorgi che in realtà non sono quelle le persone più fastidiose, ma la tua incapacità di comprendere che la Conversione è possibile solo se cambi stato di vita ed esci dal peccato in cui stavi, che può essere una vita delinquenziale, un pensiero esoterico, una convivenza immorale (vissuta non castamente), l’appartenenza ad un’altra religione o alla massoneria. E questo è fondamentale per comprendere una volta per tutte se c’è possibilità di vivere la Conversione come uno stato di amore duraturo e felice verso Dio e per Suo tramite verso tutti gli esseri umani o no.

Una vera e buona Conversione mette tutti in pace con il mondo e ognuno può così trovare un percorso per sopravvivere anche se la chiamata porterà a prendere i Voti o a scegliere il Sacramento del Matrimonio o dell’Ordine Ecclesiastico.

La valutazione previa è questa: se un neo Convertito dice di aver generato un confusione all’inizio della sua relazione con altre persone, alimentando un sentimento senza esserne pienamente convinte, di sicuro il caos che potrebbe generare successivamente abbandonando un eventuale partner o socio su due piedi è di gran lunga peggiore. Se queste persone, infatti, sperano di risolvere quanto prima le questioni esistenziali della propria vita senza fare i conti con l’oste, devono anche valutare il modo di essere coerentemente seguiti da chi non si lascia coinvolgere direttamente dai sentimenti e che ti aiutano a sciogliere quanto prima ogni riserva: come per esempio se sussistono le reali condizioni per cambiare compagno di vita, se lasciare tutto e partire per una missione, se chiudere con il lavoro, se cambiare casa, città, abito, ecc. ecc. ecc..

Una persona che si Converte, spesse volte, però, ha altre attività e relazioni in corso. Tutto questo va rimesso in discussione. E nel contempo non va mai scisso il modo di come si risolvono le questioni passate dalle controversie che queste generano. In altro verso, ogni giorno la cronaca ci segnala di crimini efferati che alla base hanno un sentimento di gelosia, di abbandono, di conclusione di una storia, di un atto di gelosia esasperato, di un adulterio scoperto in fragranza di reato, ecc.. Oggi lo chiamano impunemente “femminicidio”. In realtà è un dramma molto più diffuso e sconosciuto ai più: è l’incapacità di risolvere le controversie facendosi assistere da persone capaci di motivare e animare la nostra nuova condizione umana e farlo capire, spiegandolo con argomentazioni plausibili a chi ne è potenzialmente vittima. Quello che accade nella società umana è uno specchio di quello che noi chiamiamo Conversione. Solo che la Conversione è lasciare Mammona per scegliere Dio. Le altre scelte, invece, avvengono prevalentemente dentro uno schema ben definito che fa riferimento solo ed esclusivamente a Mammona. Esistono anche casi di delusioni, tradimenti, inganni all’interno del Regno di Dio, ma questi fatti li chiariremo meglio nel nostro Dizionario che segue, addentrandoci sull’uso della terminologia.

Quello che è importante è definire i limiti entro i quali una persona estranea alla nostra Conversione può essere coinvolta o meno, e soprattutto come renderla informata senza offendere la sua intelligenza, senza farlo reputare colpevole di qualcosa, senza denigrarlo, umiliarlo, isolarlo, perché ciò renderebbe tutto molto più complicato e persino ridicolo, in un certo verso. La Conversione, infatti, è un fattore dell’anima assai complesso per i precedenti legami che avevamo con uno stato di vita disordinato e annesso alle logiche di Mammona, con cui comunque, continueremo per molto tempo a dover fare i conti, a meno che non ci andiamo da subito a chiudere in un monastero o a isolarci su un eremo o su una colonna come facevano molti “stiliti”. Però è vero che le persone più prossime con cui avevamo una relazione stabile e quotidiana meritano, almeno all’inizio, di essere coinvolti in questo percorso; e non è sufficiente chiedere scusa o spiegare che non te la senti di imbastire un discorso o riprogrammare tutto. In parte pensiamo di essere stati chiari, ed effettivamente possiamo esserlo stati anche con due righe, spesse volte scritte perché a parole si rischia di dire ciò che non vorremmo dire per non offendere o per non turbare la quiete della nostra Conversione. Ma di fronte abbiamo sempre un essere umano, con i suoi sentimenti, i suoi pensieri, le sue idee, i suoi sogni, i suoi progetti, i suoi ricordi, le sue aspettative, una vita che fino allora sembrava funzionare, produrre frutti, circondata di affetti e sicurezze. Ora gli sta crollando il mondo addosso e questo potresti non percepirlo perché sei rinchiuso nel tuo nuovo percorso, in una scelta che potrebbe diventare essenziale e determinante per il futuro dei tuoi giorni. Senza accorgertene potresti star armando la violenza in quella persona che fino allora ti sembrava pacifica, comprensiva, disponibile, buona, affettuosa, persino speciale. Potresti trovarti all’improvviso, invece che di fronte ad un uomo o ad una donna che amavi, stimavi, rispettavi, una bestia, pronta a farti pagare il prezzo sella tua dabbenaggine; e in men che non si dica scopri di aver costruito attorno a te l’Inferno, dove il Sacerdote Confessore potrebbe essere avvicinato perché lui capisca il male che sta procurando a te e alla tua relazione; potrebbe essere avvicinata la famiglia che ha ignorato tutto ciò o che ne è stata sostanzialmente la causa esplosiva per tutto un trascorso di incomprensioni, errori, sottovalutazioni, educazione distorta alla vita e ai sentimenti religiosi, ecc.. E quindi quella frase banale come può essere: non ti desidero più, non credo di poter continuare a lavorare qui con voi, non parto più per la vacanza perché ho altro da fare, non mi interessa più uscire con te la sera, cambio facoltà, mi faccio suora o prete, non mi sento più di far sesso con te, prima di avere figli vorrei risolvere la mia questione spirituale, interrompo il fidanzamento, smetto di correre, per il momento sospendo ogni mia partecipazione diretta al gruppo di lavoro o di preghiera, consideratemi fuori dal progetto, può nascondere una insidia senza misura. Perché dall’altra parte potrebbero scattare delle trappole infernali dal punto di vista umano, ma persino legale e formali. Il problema è che tu in quel momento in cui sei esaltato dalla Conversione, stai lasciando così su due piedi in mezzo ad una strada, senza preavviso, persone che avevano confidato in te ed ora si sentono traditi senza una motivata spiegazione. Dio conosce la profondità del nostro animo e quando la Conversione è sincera, Lui ci soccorre con la Grazia e le Virtù dello Spirito Santo. Il momento della Conversione, ma anche i momenti che seguono quella adesione alla Chiamata, sono meravigliosi perché divampa un fuoco purificatore come non si è mai visto nella tua vita. Chi ti è vicino resta disarmato e raramente avviene in quel momento ciò che si sviluppa dopo, quando subentrano le combinazioni umane, il calcolo, la rozzezza delle nostre intenzioni, dei nostri flop, delle nostre asserzioni, dei convenevoli, delle giustificazioni, delle spiegazioni senza senso e pieni di contraddizioni. Non serve essere istruiti o esperti per comprendere che se parli di Dio e di Conversione dal Peccato non puoi contestualmente vivere un’altra forma di Peccato. Non esiste Peccato grave e meno grave: esiste l’impegno a prenderne le distanze, se no in quel momento, la Conversione è solo una bolla d’aria. Perché quelli sono i momenti in cui è più forte il desiderio di astinenza, di povertà, di semplicità, di amore e altruismo, di pazienza e forza d’animo. E’ quello il momento in cui, un buon Ritiro Spirituale ti può portare in meno di una settimana a entrare in un Seminario. Una volta tutto ciò era semplice perché strutturato nella società attraverso le parrocchie, i Curati, le famiglie, che subito si prendevano la briga di portarti dalla autorità più alta per un discernimento del livello di Conversione e di Vocazioni, ossia di Chiamata. Si prendevano poi cura loro, il Vescovo o il Parroco di informare chi di dovere e lasciavano le persone Convertite nel pieno riposo dell’anima per potersi dedicare esclusivamente alla valutazione del suo nuovo stato che stava per inverarsi. Se poi era un abbaglio allora tutto rientrava nella normalità senza compromettere nulla; ma sempre con i dovuti supporti e l’esperienza millenaria della Chiesa per accertarsi che nessun essere umano potesse risentirne negativamente di eventuali reazioni emotive incontrollate, con dei sentimenti anche istintivi, di innamoramenti sfociati in tragedia. Perché, noi tutti lo sappiamo, come un inganno o una sottovalutazione dei rischi conseguenti, può portare alla pazzia, all’odio contro le religioni, all’autodistruzione, alla disistima per se stesso e al disprezzo per il mondo, per le persone come i neo Convertiti, per la struttura ecclesiastica, per i comportamenti incoerenti e illogici.

Dio quindi ci dice: lasciate che i morti seppelliscano i loro morti; lasciate che ognuno venga a Me come un bambino; vieni seguimi lascia tutto, prendi la tua croce; se sono Io a chiamarti non prenderti la briga per papà e mamma, per tua moglie, per tuo marito, per i tuoi figli, perché sarò Io stesso a prendermi cura per loro ed essi comprenderanno. Per questa ragione, però dobbiamo essere coerenti con il nostro stato. A che serve infatti che diciamo di aver ricevuto la Conversione se poi ci accompagniamo con un convivente o ci facciamo l’amante; a che serve che lasciamo un lavoro se poi ne prendiamo appresso un altro e magari più remunerativo. Cambiare vita vuol dire fare nostri nella pienezza della Grazia, i Sacramenti. Senza alcuna sbavatura, senza l’onta del Peccato o del Vizio. Ma prima di tutto la Conversione è cambio di stato: da Mammona a Dio. E questo significa valutare ogni situazione: il lavoro è legato in qualche maniera a Mammona? Mi prende la Domenica, mi allontana dal concetto di Famiglia? Produco o vendo per gente che vive di consumo e che indirettamente sfrutta bambini o donne del Terzo Mondo e che per ottenere ciò si corrompono governi, si portano guerre in Paesi lontani? C’è sfruttamento dei lavoratori e competizione meschina tra colleghi per la sopravvivenza ed il mantenimento del contratto? Ho tempo per stare con Dio? E via dicendo. Ecco in cosa consiste il discernimento per un buona e vera Conversione.

Insomma, il vero danno è che da una Conversione possa scaturire un Inferno proprio attorno a noi, fra le persone con cui abbiamo condiviso un percorso professionale una relazione sentimentale e che sono i nostri primi testimoni, che dovrebbero essere i nostri primi sostenitori e tifosi e che invece rischiano di diventare la nostra croce, il nostro assillo, il nostro dilemma, il segno della contraddizione portato al paradosso e non alla Croce di Gesù. Queste persone potrebbero cominciare a bestemmiare contro il tuo Dio, contro tutto quello che fai, contro ogni minima scelta, ogni minimo atteggiamento, parola, omissione; contro internet, contro l’informazione, contro i sacerdoti, contro le scienze, contro l’Adorazione che fai senza Amore (avendo appena finito di accoltellare persone che ti avevano dichiarato Amore). Insomma, se ti sei appena Convertito o credi di esserlo da tempo, devi saper valutare tutto quanto ti gira attorno, quando pensi di volerti dedicare solo all’Amore di Dio. Perché questo Amore si concretizza con il Prossimo, non con il Lontano. Oggi, potenzialmente, potresti star creando un criminale, uno che odia tutto e tutti e che potrebbe smettere di credere nell’Amore perchè l’amore di una persona che si credeva tutta di Dio, lo ha tradito nella maniera più disumana, screanzata e anticristiana.

Per parafrasare un antico detto sulla elezione del Papa, potremmo dire per la Conversione che la prima è dell’uomo, la seconda è del diavolo e la terza è quella dello Spirito Santo. Questo per spiegare che la Conversione ha i suoi tempi prima di diventare Centrata e non navigare nel Periferico.

Basti pensare che la Conversione quasi sempre se è immatura e acerba, non tiene conto che chi hai di fronte è una persona, non un animale, ma che può reagire come un animale ferito ed inveire contro un mondo che è proprio quello che tu dovresti rappresentare: il Regno di Dio. Ma la visione distorta che tu gli dài con il tuo comportamento potrebbe indurlo a pensare che hai scelto un Regno che procura solo dolore, mentre quello che hai scelto potrebbe essere solo un modo diverso di vivere Mammona, ma questo, al momento, lui o lei non lo sanno e d il danno se lo carica tutto Gesù, sulla Croce, stillando una ulteriore goccia di Sangue, se quello già versato non fosse stato sufficiente.

La seconda è di colui o colei che crede di sapere tutto, e va avanti per schemi precostituiti e miete anime a non finire.

Ora, siccome noi che abbiamo la pessima usanza di scrivere, e abbiamo un buon uso della testa in due secondi potremmo smontare tutto un teorema e dire che i cristiani neo Convertiti, oggi, sono solo delle suole di scarpa. E che a forza di metterli alla prova, a breve riusciamo a identificare la Conversione vera. Mi faccio briga di enunciarne tutte le contraddizioni, quando non si concretizzasse nella enunciazione che ripeto: da Mammona a Dio. A nessuno che pensa di vivere una Conversione autentica piacerebbe essere considerato come il testimonial di una pessima ingiuria e mistificazione contro Dio. Ti piacerebbe che io pensi questo di te, che il tuo Dio non mi piace? Abbi il coraggio, allora, di affrontare questo tema, affidandoti completamente ad un vero Padre Spirituale.

Parlare di Preghiere, di Dio, di Vangelo o che tutto questo è un modo per sentire Dio che ti parla, è come quello che entra in chiesa e si strappa gli occhi dicendo che ha sentito una vocina dentro; la gente ti capirebbe fino ad un certo punto. Infatti è e resta una esperienza privata, che mentre la vivi non serve a nulla che lo vai raccontando in giro. Ci sono anche quelli che sparano per strada, come fosse una giaculatoria, e non sapevano cosa facevano. Perchè sono in molti che vanno in chiesa e poi non si rendono conto che stanno uccidendo nei fatti, nei modi, nelle loro scelte egoistiche un’altra persona nel profondo della sua anima e che magari ama davvero con tutto il cuore. Questo ostentare della propria Conversione non è cristiano, sappiatelo e nemmeno valgono le scuse, cristianamente parlando.

Dovremmo imparare a dire tutti insieme questa frase: la mia “pazzia” è amore per Gesù, e quindi il rifiuto per il mondo così come ce lo propinano i media e le sue convenzioni.

Tutto ciò che dicevo facevo, pensavo, argomentavo, erano mal comprese e mal considerati: perchè secondo molti, a partire dai miei genitori, prima avevo l’obbligo dei doveri secondo il mio stato e dimostrare di essere capace di laurearmi, trovare un buon lavoro, mettere su famiglia per non apparire la mia pazzia una semplice fuga dalla realtà. Ma quella pazzia era la mia Conversione.

Così è cominciato un percorso di smantellamento di ogni categoria assunta per giusta, ma defraudata di ogni suo contenuto intrinseco per la vera Conversione. Ossia il grande ostacolo che andava rimosso per non dire che si poteva stare con un piede in una staffa (Regno di Mammona) ed un altro nell’altra staffa (Regno di Dio), E sopratutto l’impegno di imparare a contraddire quei sacerdoti, quei religiosi, quegli esegeti che nell’enumerazione delle cose da farsi e da dirsi se ne stavano comodi seduti sulle loro comodità, rendite di posizione, cure di interessi che in un modo o nell’altro avevano a che fare con l’abuso della religione e dello sfruttamento della stupidità umana.

Ebbene, quale è stata in definitiva l’unica strada percorribile per liberarmi da tutte le incrostazioni accumulate negli anni, che hanno costituito la forma del plagio emozionale e della prassi cui ero vittima e che non mi consentiva di raggiungere Gesù come sarebbe dovuto essere? Quella di San Francesco. Ossia spogliarmi di tutto per poter essere libero e nudo di fronte a Dio nell’impegno di una continua e progressiva Conversione spirituale, religiosa e programmatica che mi porta verso il Regno di Dio e dell’Amore nella Pace del Signore.

Ma la vera risposta alla mia domanda primaria di poter Amare Dio con tutto il cuore, l’anima, lo spirito, la mente ed il corpo è stato farmi prendere per mano da Maria, la Madre di Gesù attraverso il precetto che “chi è figlio di Maria è fratello di Gesù”. E questo lo devo a San Luigi Grignion da Montfort dal quale riprendo il senso del titolo del Dossier che sto per realizzare sotto forma di Trattato.

La tesi che è alla base del mio studio segue questo criterio: quale è il fondamento che lega la nostra Conversione alla Salvezza? Vogliamo essere Santi per giungere il Paradiso? Allora dobbiamo avere una percezione chiara di cosa sia il Paradiso. Ce l’abbiamo? E’ un bene a cui aneliamo o speriamo solo che la Conversione all’Amore verso Gesù ci aiuti solo a superare le contingenze con tutti i suoi problemi quotidiani? Consideriamo la Conversione come un surrogato alle malattie dell’anima, alla tristezza che ci prende nei momenti più down della nostra vita, al desiderio di pacificazione con noi stessi e con il mondo, alla speranza che tutto cambi perchè si possa vivere in un mondo di armonie, di gioia e di felicità perenne, oppure c’è qualcos’altro? Ecco il punto che caratterizza tutto questo studio. Decisamente c’è qualcos’altro che solo i Santi possono aiutarci a percepire. E dai Santi e dalla loro vita, senza necessariamente citarli tutti, prenderò spunto per mostrare il senso di ogni parola che usiamo correntemente ma privata del senso più logico. Cercherò di compiere pertanto lo sforzo di misurare l’attaccamento che ognuno ha per le cose della terra e del mondo e poi, di contro, mostrare che la Conversione ne è esattamente il distacco, lo sforzo di adeguarsi alla Grazia che si è appena ricevuta, di prenderne le distanze, con un impeto che solo la Conversione e l’Amore di Dio ci dà. Senza questa premessa è impossibile avere una percezione di cosa sia la Conversione e di dove ci sta portando. Serve un discernimento sano che questo studio dovrebbe aiutare a completare nella sua base semantica, per avere tutto in una visione chiara e cristallina.

Infatti, se non risolviamo questo vuoto creato dalla superbia dei dotti che tengono per loro la Verità, accusa più volte fatta da Gesù ai Farisei e ai Sadducei, continueremo a pensare che la Conversione avviene una sola volta nel momento in cui ci diciamo Cattolici e pensiamo di risolvere la nostra esistenza andando a Messa, seguendo i Precetti, recitando il Rosario, rispettando i Comandamenti, compiendo Opere di Misericordia, allestendo una famiglia, comportandosi bene con il Prossimo, prendendo un lavoro giusto e onesto e portandolo avanti fino agli ultimi giorni della nostra vita. Nulla di più errato! Perchè Gesù incontrando il Giovane Ricco, gli chiede se ha rispettato tutto questo e la risposta fu affermativa. Allora disse al “mal capitato” (e che mai poteva pensare che Gesù non si accontentasse e pretendesse da lui di più?): lascia tutto e seguimi. Caricati la tua Croce sulle spalle e vieni alla Vita. Ecco cosa cercava di spiegare Gesù e che sul momento nemmeno gli Apostoli intesero: esistono due forme di Conversione, alla Legge e alla Vita. Voi normalmente vi fermate alla Legge e vi aspettate che vi dicano che siete stati bravi, che avete obbedito, che siete buoni cristiani. Ma questo è ancora vivere secondo Mammona, anche se siete tra i migliori, i più diligenti, il modello. Dovete, invece, compiere uno sforzo in più e mostrare che siete miei veri Discepoli vivendo non secondo il Mondo, ma secondo la prospettiva che avete del Regno di Dio. Eppure a questo Regno non offrite nulla delle vostre fatiche, del vostro tempo, di voi stessi. Ricavate qualche minuto per la preghiera, per l’Eucaristia, per gli altri, ma sempre quando vi avanza del tempo. Prima vengono le incombenze quotidiane, il lavoro, i debiti da appianare, le vacanze, le malattie, il sonno, il mangiare. E, quando andrete a vedere, praticamente anche tutti i vostri problemi. E diventa come un cane che cerca di mordersi la coda.

Prima di tutto dunque, occorre avere una visione del Paradiso e del Regno di Dio. Una visione che Gesù non ci ha dato direttamente perchè non l’avremmo capita, ma che passa dall’Amore per Gesù che ci chiama a seguirlo. Gesù ci dice: intanto cominciata a vivere come vi ho insegnato, ossia nella maniera semplice, senza ambizioni, senza grandi pretese. Mia nonna diceva sempre: la tunica di Gesù non aveva tasche. Ecco, dovremmo rivedere il nostro rapporto con il denaro ed il suo accumulo e affidarci di più alla Provvidenza, agli aiuti Celesti. Questo non lo facciamo mai: parliamo di Fede senza affidarci. Siamo sostanzialmente degli sparvieri e dei fanfaroni e facciamo del nostro concetto di Conversione una arma che poi utilizziamo come ci pare: accettiamo i peccati sopra i quali ci accomodiamo per tirare a vivere la giornata senza rimanere soli e magari in virtù che li condividiamo e dividiamo con altri; poi facciamo il moralismo su quei peccati che invece sono più facilmente convertibili in bene. Diventiamo giustificazionisti in nome di una esistenza precaria e per questo non riteniamo nemmeno di doverne parlare con il Confessore che in questa epoca di Modernismo preferisce anche lui salvaguardare il suo gregge per non diventare un prete controcorrente e duro nella Verità. Mala tempora currunt, da quando la Messa è finita!

Per questo ho analizzato intensamente quali sono i gradi della Conversione che ti portano gradualmente a condividere la visione del Paradiso allontandoti giorno dopo giorno dal mondo e acquisendo una visione chiara che la vita monastica è il concentrato in terra di ciò che sarà il Paradiso, accresciuto di una dose di quel piacere psicofisico che è simile a quello che solo l’Amore Coniugale può riservarti se non esistessero anche le incombenze conseguenze del Peccato Originale che non consentono mai di stabilire uno status definitivo di gioia.

Dunque Conversione vuol dire “cambiare il proprio stato di vita da come era prima ad una nuova forma esistenziale che ha al centro della giornata il Regno di Dio nella Sua forma ideale e pratica. Noi dovremmo cominciare a concepire il lavoro solo in questa funzione apicale, massima, sublime, eccellente e porre il resto in secondo ordine, come funzionale al massimo conseguimento prefisso. Conversione vuol dire impegnarsi su se stessi per promuovere e propagare a chi ci è vicino la nuova forma che stiamo dando alla nostra esistenza prendendoci per mano con chi sta compiendo lo stesso percorso di Fede e chi già stringe forte a sè le mani di Gesù e Maria nella concordia, con un unico Cuore.

La Vera Conversione in definitiva consiste nel “decidere” di voler cambiare quanto prima l’abito vecchio con uno nuovo di Conversione, di cambio rotta che dall’allontanamento da Dio ci riporti a Lui dopo un brusco giro di boa, nel momento che riterremo opportuno dare un senso alla nostra Conversione. E ci si augura sempre che sia il più presto possibile, senza tentennamenti, senza infingimenti, senza inganni, senza giustificazioni tanto più quando non hanno nemmeno l’assillo di essere impossibili o dovuto ad impegni improrogabili, che di fronte a Dio non esistono nemmeno fosse una moglie infelice, un marito burbero, un figlio scontento, un creditore o un contratto.

Può coinvolgere anche il partner o la partner ma non se prima non si imbastisce un percorso in comune nella ricerca prima del proprio percorso di santificazione e poi della santificazione come percorso di coppia. Quindi, non state allarmati. Qui non parleremo di come portare le mogli, le fidanzate, i fidanzati ed i mariti lontani dall’amore coniugale. Anzi, il nostro impegno è curare questi rapporti pur senza sminuire l’importanza di sostenere la Vocazione qualora vi sìa di una vita sacerdotale, monastica o consacrata. Tenuto conto che normalmente i rapporti di coppia santi, proprio perché Viziati, sono destinati spesso ad una profonda crisi se non accompagnati da un ravvisato Padre Spirituale. Ma siccome le Comunità degli Arcieri sono intese come sponsali e diaconali è solo nel nostro interesse far sì che da una unione di coppia nasca un amore coniugale e quindi familiare e comunitario. Viceversa si creerebbero scissioni, separazioni, liti, allontanamenti clamorosi dalla fede, da Dio e dalla comunità sociale in tutti i sensi.

Il mio punto di partenza, per questa analisi comparativa sui vari stadi di Conversione sta dunque nelle parole che apprendiamo da subito, sin nella giovane età e che costituiscono nella loro comunicazione apicale un fatto non opinabile, perchè percepito come un unicum irremovibile di prassi, teorie, dati, conoscenze senza che necessariamente si fondino su una logica dinamica che invece ne costituiscono la forza vivificante. Vado ad elencarle in ordine alfabetico nonostante avrei potuto stabilire anche un ordine analitico più razionale e categorico, sperando per ogni voce di dare una definizione esaustiva secondo l’uso proprio che trasferisco agli Arcieri e ai Cattolici Resilienti nel loro personale percorso di Conversione, senza voler orientare lo studio con l’introduzione di alcuna terminologia tipica della Resilienza Cattolica, per non fuorviare l’attenzione sul principio che mi sono riproposto come tesi che: non esiste la Conversione al Cattolicesimo, ma ad un unico Progetto che coincide con Gesù che è la Via, la Verità e la Vita. la “critica” e la ricerca naturale delle risposte di quanto siamo stati condizionati nel tempo dalla declinazione impropria di termini che in origine, declinati sotto la voce “Conversione”, avevano tutt’altro significato, e che su questo sito ci impegnermo a sviluppare insieme:

– Abitudine, Costume, Prassi;
Ø
– Aborto;
Ø
– Abuso di Credulità Popolare;
Ø
– Accidia;
Ø
– Accumulazioni di Beni e Ricchezze;
Ø
– Accusare;
Ø
– Adorazione;
Ø
– Adozioni;
Ø
– Adulazione;
Ø
– Agio, Agiatezza;
Ø
– Agricoltura;
Ø
– Aiuto;
Ø
– Alleanza Nuova ed Eterna;
Ø
– Altare;
Ø
– Amarezza;
Ø
– Ambiente e Sviluppo Sostenibile;
Ø
– Ambizione;
Ø
– Amicizia;
Ø
– Ammonimento Fraterno;
Ø
– Amore e Odio;
Ø
– Angeli e Arcengeli;
Ø
– Anima;
Ø
– Animali, amarli, rispettarli e prendersi cura di loro;
Ø
– Ansia;
Ø
– Antichi Detti;
Ø
– Anticristo;
Ø
– Apocalisse;
Ø
– Apologetica;
Ø
– Apostasìa;
Ø
– Apostoli e Discepoli;
Ø
– Apparizioni Mariane;
Ø
– Approfondimenti Teologici;
Ø
– Armonie, Sintonie e Sincronie;
Ø
– Arroganza;
Ø
– Arte e Artisti;
Ø
– Assistenza;
Ø
– Assurdità;
Ø
– Astinenza;
Ø
– Ateismo;
Ø
– Auguri;
Ø
– Autorità e autorevolezza.
Ø
– Avidità;
Ø
– Avvocato del Diavolo;
Ø
– Babbo Natale;
Ø
– Baci, Carezze, Abbracci ed Efusioni
Ø
– Banche;
Ø
– Banco Alimentare;
Ø
– Baratto e Scambio di Beni e Servizi;
Ø
– Battaglia per la Salvezza;
Ø
– Beatitudini;
Ø
– Befana, o meglio Epifania;
Ø
– Bellezza, Eleganza, Stile, Buon Gusto;
Ø
– Bene, Male e la loro eventuale dicotomia;
Ø
– Beni Comuni;
Ø
– Beni Archeologici, Letterari, Artistici e Attività Culturali;
Ø
– Bibbia – Antico e Nuovo Testamento, Atti degli Apostoli;
Ø
– Biblioteche e Videoteche;
Ø
– Bigottismo;
Ø
– Blasfemia, Sacrilegio e Irriverenza;
Ø
– Borghesia;
Ø
– Buon Governo;
Ø
– Buone Opere e Buoni Frutti;
Ø
– Calendario;
Ø
– Cambiar vita;
Ø
– Cameratismo;
Ø
– Carenza;
Ø
– Carestia, Pestilenza, Cataclismi
Ø
– Carisma e Carismatici;
Ø
– Carità;
Ø
– Casa;
Ø
– Castello dell’Anima;
Ø
– Castità;
Ø
– Cataclismi;
Ø
– Catechismo;
Ø
– Catechismo;
Ø
– Cattolicesimo;
Ø
– Cattolici Integrali;
Ø
– Censura;
Ø
– Certezze;
Ø
– Chiesa Cattolica e Comunità dei Santi;
Ø
– Chiesa e Stato;
Ø
– Chiese, Cattedrali, Ornamenti;
Ø
– Cibo e l’arte del saper mangiare;
Ø
– Città e Conglomerati Urbani;
Ø
– Civiltà;
Ø
– Classici;
Ø
– Coerenza;
Ø
– Coincidenze;
Ø
– Colpa e senso di colpa;
Ø
– Comandamenti o Decalogo o Legge Morale;
Ø
– Comodità;
Ø
– Comprensione;
Ø
– Comunicazione;
Ø
– Comunità Religiose Consacrate e Laicali;
Ø
– Comunione e Ostia;
Ø
– Concupiscienza;
Ø
– Condivisione;
Ø
– Condizionamenti Psicologici e Plagio Emozionale;

Ø
– Confessione;
Ø
– Conoscenze;
Ø
– Consacrazione e Voti;
Ø
– Consapevolezza;
Ø
– Consenso, Dissenso, Disapprovazione;
Ø
– Conservatori e Innovatori;
Ø
– Consumo e Sprechi;
Ø
– Contraccezione e Depopolamento;
Ø
– Contraddizione e Principio di non Contraddizione;
Ø
– Controllo Globale;
Ø
– Conversione;
Ø
– Convivenza;
Ø
– Convivialità, Convitto, Convento e Convivere;
Ø
– Coraggio delle Idee;
Ø
– Corporeità e Nudità;
Ø
– Corruzione dei Costumi e del Senso del Pudore;
Ø
– Corruzione;
Ø
– Coscienza;
Ø
– Creazione vs Evoluzionismo;
Ø
– Credenze;
Ø
– Credo Apostolico o Atto Costitutivo della Chiesa;
Ø
– Credo, Credenti, Credibili;
Ø
– Creduloneria;
Ø
– Cremazione;
Ø
– Cripta;
Ø
– Crisi;
Ø
– Cristianesimo;
Ø
– Cristiani Separati;
Ø
– Cristo;
Ø
– Crociate e Guerre Sante;
Ø
– Crocifisso e Croce;
Ø
– Culto Mariano;
Ø
– Cultura Contadina;
Ø
– Cultura;
Ø
– Cuori Immacolati;
Ø
– Cuori Tiepidi, Caldi (ardenti, ferventi) e Freddi;
Ø
– Curare lo Spirito elevando la Psiche;
Ø
– Debito, Debitocrazia e Sudditanza;
Ø
– Dedizione e Impegno;
Ø
– Degnità;
Ø
– Delusione;
Ø
– Depressione;
Ø
– Desiderio;
Ø
– Determinazione;
Ø
– Devozione;
Ø
– Diaconi e Diaconie;
Ø
– Diavolo;
Ø
– Dieta;
Ø
– Difesa della Fede;
Ø
– Diffidare;
Ø
– Diffamazione;
Ø
– Dio (Trinità);
Ø
– Diritti e Doveri;
Ø
– Diritto Canonico e Sacra Rota;
Ø
– Discernimento;
Ø
– Disciplina;
Ø
– Discriminazioni;
Ø
– Diseredati;
Ø
– Dispensa Apostolica;
Ø
– Distrazioni;
Ø
– Disturbi Caratteriali e Instabilità Emotiva;
Ø
– Divina Commedia;
Ø
– Divorzio;
Ø
– Dogma;
Ø
– Dolore;
Ø
– Domenica;
Ø
– Dono;
Ø
– Doppi Fini e Doppio Giochismo;
Ø
– Ebrei e Altre Religioni;
Ø
– Ecologia del Territorio;
Ø
– Economia Domestica e non solo;
Ø
– Ecumene ed Ecumenismo;
Ø
– Educazione e Metodi Educativi;
Ø
– Egoismo;
Ø
– Egocentrismo;
Ø
– Elaborazione del Lutto;
Ø
– Elemosina e Obolo;
Ø
– Eletti?
Ø
– Emarginati;m
Ø
– Equa Distribuzione delle Ricchezze;
Ø
– Eredità;
Ø
– Eresia;
Ø
– Erotismo e Fantasie Sessuali;
Ø
– Esempio, Esemplare, Esemplificativo;
Ø
– Esistenza e motivazioni esistenziali;
Ø
– Esorcismo e possessione;
Ø
– Esperienza;
Ø
– Estremizzazione;
Ø
– Etica;
Ø
– Eutanasia;
Ø
– Evangelizzazione;
Ø
– Fallimento;
Ø
– Falsi Profeti;
Ø
– Fame nel mondo;
Ø
– Famiglia;
Ø
– Fanatismo Religioso;
Ø
– Farisei;
Ø
– Fatti e Argomenti;
Ø
– Fede;
Ø
– Fedeli;
Ø
– Felicità;
Ø
– Feste Patronali;
Ø
– Festività;
Ø
– Figli della Perdizione;
Ø
– Figli, Crescerli, Aiutarli e Liberarli;
Ø
– Filosofia di Vita;
Ø
– Fine dei Tempi;
Ø
– Fioretto;
Ø
– Fondamentalismi;
Ø
– Forma, Formalità e Formalismo;
Ø
– Formazione Professionale e Regola d’Arte;
Ø
– Gelosia;
Ø
– Genitori e Genitorialità;
Ø
– Gesù Cristo;
Ø
– Giaculatorie;
Ø
– Gioco di Squadra;
Ø
– Gioco, Giocatori e Regole del Gioco;
Ø
– Gioia;
Ø
– Giudici e Inquisitori;
Ø
– Giustizia;
Ø
– Grande Tribolazione;
Ø
– Gratuità;
Ø
– Grazia;
Ø
– Guadagno;
Ø
– Guerra;
Ø
– Guerre di Religione o di Civiltà;
Ø
– Idea di Società;
Ø
– Identità Culturale e Religiosa;
Ø
– Idolatria;
Ø
– Ignoranza;
Ø
– Ilarità;
Ø
– Immagini Sacre;
Ø
– Immagini Sacre;
Ø
– Immanente;
Ø
– Imparare a Dire;
Ø
– Impazienza;
Ø
– Impegno Civile;
Ø
– Impertinenza;
Ø
– Indipendenza Economica e Autonomia;
Ø
– Individualismo;
Ø
– Industria e Produzioni Industriali;
Ø
– Inferno:
Ø
– Inganno;
Ø
– Ingenuità, Sprovvedutezza;
Ø
– Iniquità ed Empietà;
Ø
– Iniziazione Cristiana;
Ø
– Inquisizione e Inquisitori;
Ø
– Insegnamento della Religione;
Ø
– Insegnamento della Religione;
Ø
– Interessi Personali;
Ø
– Internet e la comunicazione dei valori cristiani;
Ø
– Invidia;
Ø
– Ira;
Ø
– Isituzione Ecclesiale e Gerarchica;
Ø
– La Chiesa e l’Uso del Denaro;
Ø
– Laicità;
Ø
– Latino e Greco;
Ø
– Lavoro, Occupazione e Preoccupazioni
Ø
– Leadership;
Ø
– Lealtà;
Ø
– Leggi, Legislazione, Legale;
Ø
– Leggittima Difesa;
Ø
– Letture Proibite, Sconsigliate, Illuminanti;
Ø
– Limbo;
Ø
– Liturgia;
Ø
– Logica Formale ed Informale;
Ø
– Luoghi dello Spirito;
Ø
– Magnificenza;
Ø
– Mala Fede e Intrighi;
Ø
– Malati, Malattie e Disabili;
Ø
– Maledizioni e Benedizioni;
Ø
– Mammona;
Ø
– Martiri;
Ø
– Massoneria;
Ø
– Masturbazione;
Ø
– Mente, Mentire e Mentalità;
Ø
– Menzogna;
Ø
– Meraviglia;
Ø
– Meritocrazia;
Ø
– Messa o Eucaristia (qui mi sono permesso di anticipare un punto essenziale che molti ignorano, ossia su cosa significhi Messa)
Ø
– Miracoli;
Ø
– Misericordia;
Ø
– Missione e Missionari;
Ø
– Misticismo;
Ø
– Mitigazione del Dolore;
Ø
– Modello, Moda e Modellare;
Ø
– Modello di Società Ideale;
Ø
– Modernismo;
Ø
– Monachesimo e Vita Monastica;
Ø
– Mondo, Mondano, Mondanità, Mondato, Contingente;
Ø
– Monogamia, Poliandria e Poligamia;
Ø
– Monte dei Pegni;
Ø
– Morale;
Ø
– Moralità e Moralismi;
Ø
– Mortificazione;
Ø
– Movimenti Ecclesiali;
Ø
– Musei e Collezionismi;
Ø
– Musica, Spettacoli e Cinema;
Ø
– Natale;
Ø
– Natura e Prodotti della Terra;
Ø
– Noia;
Ø
– Normale, Normalità, Normalizzazione;
Ø
– Novissimi (Morte, Giudizio, Paradiso, Inferno);
Ø
– Nuovo Ordine Mondiale;
Ø
– Obbedienza;
Ø
– Occasione;
Ø
– Olocausto;
Ø
– Omelia;
Ø
– Onestà;
Ø
– Operai nella Vigna del Signore;
Ø
– Opere di Misericordia;
Ø
– Opere e Omissioni;
Ø
– Opportunità e Opportunismo;
Ø
– Oratorio;
Ø
– Ordini Religiosi;
Ø
– Ospitalità e Accoglienza;
Ø
– Ostilità al Cristianesimo;
Ø
– Ostinazione;
Ø
– Ottimismo e Pessimismo;
Ø
– Padre Nostro;
Ø
– Pagani, Paganesimo e NeoPaganesimo;
Ø
– Papa, Papato e Papolatria;
Ø
– Paradigmi Antropologici, Psicologici e Ideologici;
Ø
– Paradiso;
Ø
– Parassitismo;
Ø
– Parole, Parole e Parole;
Ø
– Parsimonia;
Ø
– Partecipazione;
Ø
– Partecipazione;
Ø
– Parusìa o Ritorno di Gesù;
Ø
– Pasqua;
Ø
– Passione;
Ø
– Patria e Patriottismo;
Ø
– Patriarca;
Ø
– Patrimonio, Matrimonio;
Ø
– Patrimonio della Chiesa;
Ø
– Paura, Terrore e Terrorismo;
Ø
– Peccati;
Ø
– Peccato Originale, Mela e l’Eden (Paradiso Perduto)
Ø
– Pellegrinaggi;
Ø
– Penitenza;
Ø
– Pensieri;
Ø
– Pensionamento;
Ø
– Pentimento;
Ø
– Perdono;
Ø
– Persecuzioni;
Ø
– Pettegolezzi e Maledicenze;
Ø
– Piacere;
Ø
– Piazza;
Ø
– Pietà;
Ø
– Politica e Partiti di Estrazione Cattolica (Confessionali);
Ø
– Popoli e Autodeterminazione;
Ø
– Pornografia;
Ø
– Potere;
Ø
– Povertà;
Ø
– Povertà in Spirto;
Ø
– Precetti;
Ø
– Predicazioni;
Ø
– Preferenze;
Ø
– Preghiere e Litanie;
Ø
– Pregiudizio;
Ø
– Preoccupazioni;
Ø
– Prepotenza;
Ø
– Presunzione;
Ø
– Presunzione di credere di Salvarci senza Meriti;
Ø
– Pretesa, Imposizione e Prosopopea;
Ø
– Preti e Suore in TV;
Ø
– Prigioni Mentali e Catene Reali;
Ø
– Processi alle Intenzioni;
Ø
– Processioni;
Ø
– Prodotti Naturali per i Rituali Sacri;
Ø
– Professione di Fede, Professionale, Professionalità;
Ø
– Profezie, Profeti;
Ø
– Profitto, Approfittare;
Ø
– Progetti di Vita;
Ø
– Promessa di Cristo;
Ø
– Pronti, Prontezza, Preparati, Preparazione;
Ø
– Propaganda Fidei e Dottrina;
Ø
– Proprietà;
Ø
– Proselitismo;
Ø
– Prossimo;
Ø
– Provvidenza;
Ø
– Prudenza;
Ø
– Pudore e Vergogna;
Ø
– Purgatorio;
Ø
– Qualunquismo;
Ø
– Raccomandazione;
Ø
– Ragione;
Ø
– Rapimento dello Spirito, Estasi ed Ascetismo;
Ø
– Rapporti Prematrimoniali;
Ø
– Rassegnazione;
Ø
– Razzismo;
Ø
– Realtà, Finzione e Mondo Surreale;
Ø
– Reati e Crimini;
Ø
– Redenzione;
Ø
– Regime, Portare o Mettere a Regime;
Ø
– Regno di Dio;
Ø
– Regole Istituzionali formalmente e sostanzialmente riconosciute;
Ø
– Regole Sociali e Convenzioni;
Ø
– Relativismo Etico;
Ø
– Religione Rivelata;
Ø
– Religione e Media;
Ø
– Religione e Potere;
Ø
– Reliquie e Reliquari;
Ø
– Remissione dei Peccati;
Ø
– Resistenza e Reazioni;
Ø
– Responsabilità;
Ø
– Retrogado, Mentalità Antica, Testardagine;
Ø
– Ricchezza;
Ø
– Riconoscimenti e Ufficializzazioni;
Ø
– Ricordi e Memoria;
Ø
– Risentimento;
Ø
– Risorse Economiche;
Ø
– Rispetto della Persona Umana;
Ø
– Ritiro Spirituale;
Ø
– Rito e Cerimonia;
Ø
– Rivelazione (Pubblica e Privata);
Ø
– Rivoluzioni;
Ø
– Rosario e Pratiche Religiose;
Ø
– Sacerdoti;
Ø
– Sacralità;
Ø
– Sacramenti;
Ø
– Sacrificio;
Ø
– Sacro Romano Impero;
Ø
– Saggi e Sapienti;
Ø
– Salvezza;
Ø
– Santi e loro Processo di Canonizzazione;
Ø
– Santuari;
Ø
– Sapere;
Ø
– Saper Fare;
Ø
– Scandalo;
Ø
– Scelta, Crisi;
Ø
– Scetticismo e Dubbio Metodico;
Ø
– Schiavitù;
Ø
– Scienza e Tecnologie;
Ø
– Scomunica;
Ø
– Scuola;
Ø
– Segno della Croce;
Ø
– Seguaci di Leader Religiosi e Comunità;
Ø
– Sepoltura;
Ø
– Servi e Servizio;
Ø
– Sesso, Sessualità, Omosessualità;
Ø
– Sfruttamento degli operai;
Ø
– Sicurezza, Insicurezza, Travaglio;
Ø
– Simboli Sacri;
Ø
– Sindrome di Stoccolma;
Ø
– Sinedrio;
Ø
– Sistema, Sistematico, Ripetitivo;
Ø
– Sobrietà;
Ø
– Società Umana;
Ø
– Sofferenza;
Ø
– Soldi;
Ø
– Solidarietà;
Ø
– Solitudine;
Ø
– Sopportazione;
Ø
– Speranza;
Ø
– Spettacolo, Spettacolare, Teatrale;
Ø
– Spirito Santo o Paraclito;
Ø
– Sport, Competizione e Tempo Libero;
Ø
– Standard;
Ø
– Status Sociale;
Ø
– Stermini e Genocidi;
Ø
– Storia dei Vinti o dei Vincitori?
Ø
– Storia della Chiesa;
Ø
– Strategia, Tattica e Organizzazione;
Ø
– Stress;
Ø
– Suicidio;
Ø
– Superficialità;
Ø
– Superstizione, Prodigi e Scaramanzia;
Ø
– Surrogati, Palliativi, Placebi, Finzioni;
Ø
– Sussidiarietà;
Ø
– Svago e Divertimento;
Ø
– Tabernacolo;
Ø
– Talenti;
Ø
– Tecnologia;
Ø
– Televisione e Media;
Ø
– Tempio;
Ø
– Tempo;
Ø
– Teologi, Esegeti e Teologia;
Ø
– Terra, Acqua, Aria, Sole… per tutti;
Ø
– Testimonianza;
Ø
– Tradimento;
Ø
– Tradizione e Tradizionalisti;
Ø
– Trasferimento e Conservazione delle Conoscenze;
Ø
– Trasferimento Ricchezza e Investimenti;
Ø
– Trascendente;
Ø
– Traspianti;
Ø
– Tristezza;
Ø
– Umanità;
Ø
– Umanitarismo;
Ø
– Umiltà;
Ø
– Usanza;
Ø
– Usura;
Ø
– Utopia;
Ø
– Valori o Sistema di Valori;
Ø
– Vangeli Apocrifi;
Ø
– Vanità e Vana Gloria;
Ø
– Vegenti;
Ø
– Venerazione;
Ø
– Vera e Unica Lotta (e imPreparazione dei Credenti. Omissione dei Particolari per Affidamento fideistico ai Vertici Corrotti);
Ø
– Verità;
Ø
– Vescovi e loro successione apostolica (ma a questo normalmente non si pensa);
Ø
– Via Crucis;
Ø
– Villaggi e Borghi;
Ø
– Viltà;
Ø
– Violenza;
Ø
– Virgilanza, Sorveglianza e AutoControllo;
Ø
– Virtù;
Ø
– Vita;
Ø
– Vivere e Abitare il Territorio;
Ø
– Vizi Capitali;
Ø
– Vocazioni Religiose, Sacramentali e Professionali;
Ø
– Volontariato.

-o0o-

Prima ci completare il lavoro, che intendo metabolizzare secondo il giusto discernimento, attendo anche di conoscere la reazione degli amici e magari qualche domanda. Perchè il punto è questo: a che serve spiegare come in un Manuale ciò che dovrebbe essere noto ad ogni cristiano dal Cuore Caldo, mentre i Tiepidi o chi vive in Mammona anche se sono interessati continueranno a vivere come già stanno vivendo? Da par mia sono sempre a disposizione per parlare, spiegare, discernere insieme. Resto nel proposito però che quanto scritto, al momento, già dovrebbe aprire molte finestre ai più distratti, ma sopratutto a coloro che credono di compiere un corretto percorso di Conversione.

Attenedo suggerimenti e suggestioni.

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Ecco la versione plastica in risposta a questo Trattato. L’evento si è realizzato l’11 luglio, il giorno in cui secondo il nuovo calendario romano si celebra San Benedetto. La data della fondazione del primo escogitur

Invito di Parusìa ai suoi amici per fare Festa tra il 2-5 agosto

Ti giungano i miei saluti affettuosi.
Pace e Bene nel Signore e nel Nome di Maria Santissima, Sua Madre, Nostra Signora della Tenda, augusto Tabernacolo!
In prossimità del mio 51mo compleanno (7 agosto), pensavo tra il 2 (venerdì) ed il 5 (lunedì) di agosto di incontrarci nella Certosa di Fregene (Fiumicino, Roma) con altri amici vicini a noi, con differenti carismi, impostazioni e interessi rispetto alla Confraternita Arca della Bellezza di cui sono uno dei fondatori antichi.
Il villino in cui ho il piacere di ospitarti e fare festa è abbastanza grande per ogni comodità e ha un giardino tutto suo e ben ombreggiato. E per quel periodo è anche libero da persone e ci sarebbe quindi posto per tutti, per dormire comodamente in stanze confortevoli e per stare in convivialità e nel massimo svago. Alla occorrenza, in prossimità della casa vi è anche un Bed & Breakfast a prezzi davvero modici, per chi volesse un minimo di privacy in più. C’è anche un bel forno per fare pizze e la griglia e per stare in allegria e credo che Stefano potrà assisterci in questa arte. E’ la Certosa ricavata dalla proprietà di famiglia che sto approntando per gli Arcieri che si trovano in fase di primo accostamento, apprendistato e formazione prima di avventurarsi nella esperienza elettrizzante e galvanizzante di vivere in un Borgo senza denaro e senza dipendenze da nulla. Questa Certosa non è stata ancora inaugurata e per questo vorrei condividere con te e gli altri amici ogni genere di riflessione per il da farsi da qui in futuro.
Nel programma mi piacerebbe inserire anche una escursione a Roma, dove vi farò da Cicerone nei tempi delle Civiltà Romana, Cristiana e Rinascimentale di quella che è il Caput Mundi.
Con l’occasione della vostra visita, inoltre, si potrebbe anche fare un salto tutti insieme a Soriano, quella che avrebbe dovuto essere la prima base per la formazione-vestizione, il discernimento, la meditazione, il seminario, i laboratori per la trasformazione dei prodotti e lo stockaggio, ecc.; per chiarire una volta per tutte se quel di Padre Michele può essere un posto degno per gli Arcieri o se soprassedere definitivamente e collegialmente lasciando Daniela libera di capire come organizzarsi nel seno dei settori dell’Arca dopo aver fatto da Guardiana per ben 4 anni in quel posto. Ricordo con piacere il nostro primo incontro con gli amici della prima ora nella casa di Luigi e Antonietta a Vergato, dove si misero le prime basi nel 2008 per l’Arca della Bellezza.
Comunque l’andata a Soriano potrebbe essere abbinata ad una piacevole escursione turistica del viterbese e della tuscia, nei luoghi del Rinascimento italiano e dell’archeologia antica come è Sutri che molti non conoscono e che di fatto è tra le zone con le risorse culturali e naturalistiche più ricche d’Italia. Se Gabriella poi vorrà ospitarci, potremmo anche passare a Sant’Eutizio, conoscerne il Convento tra le invenzioni del Santo fondatore dei Passionisti Paolo Della Croce e godere di altri momenti in convivialità magari facendo conoscenza di Padre Vittorio, un nostro sostenitore e amico Passionista.
Fra gli ospiti che pensavo di avere vicini:

Stefano di Biella;
Daniela di Soriano;
Don Floriano di Treviso;
Maria Claudia di Padova;
Marco di Firenze;
Fabrizio di Roma;
Gabriella di Sant’Eutizio;
Fabio di Milano;
Luigi di Bologna;
Enrico di Genova;
Antonella di Roma;
Stefania di Bologna;
Inaile dal Brasile;
Marco dalla Cambogia;
Davide di Torino;
Luigi di Trento;
Andrea di San Benedetto del Tronto;
Serena di Brescia;
Virgilio di Matera;
Ivan di Siracusa;
Emiliano di Livorno;
Lino di Padova;
Matteo di Fiano Romano;
Mia di Genova;
Daniza di Nuoro;
Lorenzo di Taranto;
Suor Angela di Ravenna;
Fra Giovanni di Calabria;
Maria di Messina;
Gianluca di Parma
Don Salvatore di Messina;
Massimo di Foligno;
Nicola di Cremona;
Rogerio del Brasile;
Isilda di Fatima;
Giuseppe di Firenze;
Alberto di Padova;
Mariliva di ?;
Francesco di Milano;
Andrea di Milano;
Luigi di Rovigo;
ecc.
Sicuramente il tuo nome appare in questo elenco e spero ti faccia piacere, visto che sei persona a me cara e gradita per partecipare alla festa di questi giorni.
L’idea, se approvi, è quella di organizzarci con poche macchine affinchè possiate economizzare e venire tutti insieme. Nello spirito rigorosamente dell’Arca, senza sprechi e col massimo profitto. E lo stesso si cercherà di fare per le altre spese di vettovagliamento là dove non avrò già provveduto io con le mie riserve o con l’aiuto di Daniela che agisce per conto della Caritas o di Fabrizio e Maria che potrebbero conoscere altri modi per fare incetta a favore di un nostro comune Banco Alimentare. Per la cronaca, meglio intenderci: quello che serve (escludendo la pasta che per gli Arcieri è come un pugno nello stomaco per il suo alto contenuto di glutine e per le sue conseguenze patologiche) sarebbe il caso di attrezzarci con gli ingredienti base: patate, riso, formaggi, carne tritata, salsicce, wustell, fettine di pollo, pane, uova, latte, biscotti, cioccolata, miele, fagioli, frutta, tonno, birre, vino, bibite (per chi non può farne a meno) e tutto ciò si volesse aggiungere all’elenco (prima però accertiamoci sul numero delle persone e poi passerò io alla fase di coordinamento anche in funzione di ciò che già c’è e delle macchine disponibili e che partono da più lontano). Come vedete è tutto molto semplice e serve poca roba (se considerate divise per tutti coloro che decideranno di condividere l’invito); e sapendo già come verrà utilizzata posso dire che sapremo mettere a buon frutto tutto ciò che Dio vorrà metterci a disposizione con il minimo di spesa.

Qualche precisazione. Non ho considerato gli altri componenti della tua famiglia proprio perchè gli altri amici verranno anche loro tutti da soli. Saranno giorni di riflessione all’insegna dell’Arca. Non è una scampagnata dove si rimediano due giorni di vacanza al mare, sebbene nessuno ci proibisce di farlo (anzi, sarebbe simpatico pure organizzare un falò ed un bagno notturno). Io stesso non avrò nessuno di casa. Avrei tenuto ad avere almeno Filippo Maria il figlio sedicenne (eccellente nel fare le pizze), per fargli conoscere i miei amici; così come avrei voluto avere fra noi Vincenzo, il figlio di Stefano, Arciere. Ma temo che al primo posto all’ordine del giorno di questo incontro dobbiamo porre le armonie, le sinfonie, le sincronie di chi ha un retaggio esperimentale condivisibile per età e per esperienza; ciò servirà a guardarci negli occhi senza l’infantilismo tipico della giovane età e senza la presunzione di chi vivendo di pensione crede di poter insegnare qualcosa a noi sulla vita; e ciò perché spogliati dalla contingenza si possa meglio comprendere cosa Gesù e Maria avrebbero piacere noi facessimo per i nostri figli, i nostri cari, le persone amate in questi tempi finali che ci stanno introducendo nella Grande Tribolazione; perchè ci sono certezze e dubbi di alcuni fra noi da verificare, discernere, abbattere e risolvere anche con terapie d’urto; programmi da vagliare e da mettere in essere tutti insieme, ricorrendo ai talenti di ognuno anche attraverso la compilazione di una road map; fare un punto della situazione soprattutto sulla esperienza maturata da Daniela come Arciere e da me (visto che sono colui che si è relazionato in questi anni con ognuna delle persone che sto avvicinando con questo invito) come Fondatore dell’Arca e di Xenobia, Editore ed Autore di Escogitur, Primo Preposito Generale, Arciere e Discepolo Montfortiano di Maria e Figlio di Don Bosco; ci sono compiti da darci (nel limite del possibile), tempistiche da rimarcare e da rispettare; propositi che ci aiutino a proiettarci nel giorno 25 marzo 2014 a Loreto con la consacrazione dei primi 7 Cavalieri; idee da sviluppare, condividere, complementare. Ed eventualmente una distinzione concreta tra Vigilanti (a cui vengono elevati coloro che fanno una scelta totalizzante di servire Nostra Signora della Tenda), Arcieri e non solo, per comprendere chi è pronto per indossare l’abito e chi preferisce agire in altre vesti.
Personalmente ci tengo a dirlo, come l’ho fatto presente in più circostante: sebbene il dovere di cristiano mi preme nell’essere pazienze in virtù e non premere sugli altri perché si attuino con coerenza le azioni, pur tuttavia sono profondamente amareggiato da come vanno le cose nel mondo, per come si siano stravolte le consuetudini di relazioni nella vita pubblica, privata e familiare; sono deluso dallo stato delle cose e dalle amicizie che credevo essere più vicine al progetto di Dio che alla realizzazione di qualche surrogato di Mammona; e quindi da coloro che, radicati in questo mondo per paura, per una errata concezione della vita e dei doveri, per una percezione falsata della realtà e della vita cristiana, snobbando tutte le conoscenze acquisite dagli insegnamenti di Gesù sulla decrescita felice, sull’uso improprio del denaro, sulla buona e cattiva amministrazione dei propri beni e talenti, sulla resilienza cattolica, sugli ammonimenti presenti nel Vangelo (in particolare al Giovane Ricco che pur riconoscendo Gesù il Buono, il Meglio, il sublime, prima ritengono di dover compiacere il suo avversario che è principe di questo mondo) su come condurre la propria esistenza nei tempi della apostasia e della desolazione. Esperienze di cui ho fermissimamente documentato le prove, accumulate anche da anni ed anni di studi, ricerche, applicazione e preghiere; registrate dal mio stato d’animo molto provato in questi anni di solitudine e abbandoni e che mi hanno pur tuttavia dato la forza di creare le Certose di Fregene e Fatima (a parte l’intoppo di Soriano) e che ho riassunto come esperienza re plicativa e autosufficiente nel Manuale degli Arcieri che avrò cura di consegnarvi su una pendrive per quel giorno (e di cui alcuni fra voi già sono a conoscenza tra cui Daniela, Isilda, Stefano e Stefania e altri che non sto qui ad elencare).
Per questo vorrei riscoprire con te e con tutti gli altri amici che avrai modo (finalmente) di conoscere di persona, ed in particolare a livello umano, professionale e squisitamente spirituale, un pò di gioia di vivere il cristianesimo come testimonianza di vita e di scelta, con amore e libertà, come fondamento della felicità e della naturale inclinazione al piacere (il progetto infatti non esclude la vita di coppia, il mangiar bene, il godimento del tempo libero, i viaggi, le vacanze, il libero scambio di conoscenze, saperi e mestieri) per essere in sostanza liberi da Mammona (ciò che ci schiavizza e rende dipendenti a tutto ciò che non appartiene formalmente e sostanzialmente a Dio e al Prossimo). E ciò per poter insieme essere nella potenza santa di liberare; e non solo di vivere il cristianesimo come modi di fare, sentire e di dire, come certi mistici, spiritualisti, carismatici che sono alla stregua dei falsi profeti per non saper andare al dunque rispetto agli insegnamenti del Vangelo che fondano sulla Verità nella Carità.
In questo posto, che è Fregene, e che ora è la Certosa in cui mi divido durante l’anno con Fatima (spero presto che in Portogallo si possa realizzare il nostro primo Lazzaretto per i Ritiri Spirituali, proprio sotto le pendici dei luoghi delle apparizioni mariane e angeliche); e, quindi, da questo incontro, che vivremo anche attraverso la recita del Santo Rosario, spero vivamente possiate trarre l’idea che, volendolo, desiderandolo con grande convinzione, si può fare tutto ciò di cui si è sempre parlato, vivendo la gioia, la felicità, l’amore, la condivisione, il bene comune, la bellezza, il buon governo nella identità propria del vero cristiano convertito alla Chiesa Cattolica di Gesù e Maria. E che parlare di Borghi non significa solo sperare nei tempi più propizi o come ricorso estremo nei tempi in cui saremo perseguitati per non accettare il Marchio della Bestia o altro, ma anche avere l’idea che quelli di Xenobia non sono Borghi qualunque dove si può venire in macchina, vestire borghese, frequentarci la sera o la domenica, inginocchiarsi in preghiera, prendere cibo genuino e scambiare qualche chiaccherata con amici che ci hanno visto più lungo di voi e scomparire senza rendere conto a Dio se quel che si prende, poi si riesce anche a condividere e a restituire sotto altra forma (e qui attueremo il trasferimento di ricchezze da parte di chi al momento non può dare in termini di tempo, talenti ed empatia, ma che potrà sostenerci nei modi che riterrà più opportuni, come terreni, case, risorse economiche, macchine e macchinari, mobilio, ecc. e che saranno principalmente quelli delle generazioni che hanno già avuto).

Vorrei che questo incontro durasse fino al lunedì dopo; perchè vi prospetterò in concreto come procede la mia vita quotidiana in stile Arciere e Vigilante, con il rifornimento al mercato del mio approvvigionamento e quindi la trasformazione dei prodotti.

Vorrei ora spendere due righe anche per parlare di Daniela, che a modo suo ci riporta sempre all’origine di questo progetto: lei è rimasta semplice come l’avevo conosciuta in internet nel 2008, anche se, per situazioni non dipendenti da lei, spesse volte è stata inchiodata in schemi Mammonici là dove avrebbe dovuto incontrare Dio e la realizzazione viva del Vangelo. Daniela, infatti, essendo della Provvidenza, e vivendo presso un Convento, quello di Padre Michele di Soriano, ed essendosi sposata con il figlio spirituale del Sacerdote, Alessandro, non si relaziona a questa società come a qualcosa da cui prendere, ma come qualcosa a cui dare e da cui tenersi possibilmente lontani il più possibile per non perdersi. Ed è un miracolo del Cielo come sia potuta sopravvivere nonostante tutto, nonostante il progetto non si sia ancora realizzato da quelle parti e per cui lei giunse là affidandosi a Nostra Signora della Tenda, l’augusto Tabernacolo, attraverso me che gli parlavo di Eucaristia e Maria (le due colonne di Don Bosco). Probabilmente perché tanto sconnesso non era quel discernimento, che era passato anche da un Ritiro Spirituale in quel di Albano Laziale (dove insiste una casa provinciale dei lefebvriani).

Attualmente, come stabilito a Biella con Stefano, Pina e Vincenzo, avevo smesso di occuparmi della Confraternita Arca della Bellezza che Don Floriano Abrahamowicz (quando avrò la conferma di quanti fra voi vorranno essere presenti, inviterò formalmente a nome di tutti a essere presente a Fregene almeno la Domenica) venuto a trovarci a Fatima nel febbraio 2011 aveva preferito fosse più una cooperativa di servizio e assistenza alla maniera di quelle volute da San Luigi Grignion de Montfort San Vincenzo de Paoli e delle Dame della Carità, che un ordine religioso; e tanto meno di occuparmene personalmente, perchè l’ho affidata all’amore e alla cura di altre persone di cui avevo la piena fiducia per lo zelo e la passione con cui accettarono di prendersene cura; ma che, se prima erano libere e disponibili ad agganciarla alle promesse del Santuario di Oropa, purtroppo per le leggi di questo mondo che conosciamo fin troppo bene, sono state impegnate più di quanto avrei potuto immaginare in quelle bellissime giornate di dicembre passate come loro ospite nella casa familiare, e quindi l’hanno un po’ trascurata come potrebbe essere trascurata non senza colpa una Cappelletta d’Adorazione Eucaristica in cui vive Nostro Signore. Ed il mio cuore ha preso fuoco per il dolore al punto che mi si sono cominciati a spezzare i denti quando non sentivo dolori al petto. E’ in questo frangente di massima solitudine in cui tutti gli amici mi abbandonavano da Daniela, Fabio, Isilda e altri si facevano prendere dalle contingenze della vita che ho conosciuto Stefania che mi ha preso per la mano e portato a condividere il Rosario nella Rete: preghiera che ha accompagnato gli interventi operatori di Maria Claudia prima e di Antonio dopo. Poi, all’improvviso è scomparsa anche lei dagli schermi e vorrei tanto, cara Stefania (che so che ci leggi) che fossi dei nostri dal 2 al 5 di agosto.
Per questi dolori che non avrei potuto sopportare nemmeno tra gli Arcieri più fedeli ho sentito da subito di dovermi costruire il ruolo di Vigilante, rimodellandomi su un “vestito nuovo” che faceva di me un uomo ancora più nuovo. E da quella casa di amici dove vi giunsi stracarico di pacchi e zaini con gli anfibi militari, me ne ripartì scalzo, lasciando tutto là, affidando a Dio il mio tempo, le mie preoccupazioni, tutte le mie cose e tutto ciò che avesse il Cielo voluto e sperato da me. E dopo aver vissuto il mio piccolo Calvario, ora sento di nuovo, perchè l’Arca possa ritornare nella sua forma originale, di riattivarmi pienamente per dargli il giusto risalto che merita. Per cui, se serve, anche dietro l’eventuale vostra approvazione e richiesta, sono disponibile a riprendere in mano l’Arca della Bellezza in qualità di Preposito, magari con l’aiuto di Daniela e di tutti voi, secondo i ruoli che ci daremo e secondo la disponibilità ad essere Cavalieri Fondatori. E, se serve, sono pronto ad azzerare ogni delega, perchè possa tornare a brillare attraverso leader carismatici che sappiano chiedere solo a Dio e a Maria ciò per cui noi Arcieri siamo Pronti in Degnità e Gratuità, senza passare per il consenso di persone terze o per le disponibilità di tempo che ci restano dopo aver servito Mammona per debiti, debolezze, paure, timori di perdere ciò che abbiamo, come accadde al Giovane Ricco.
Purtroppo ve lo dico senza peli sulla lingua: sento odore di bruciato provocato dal maligno che circonda questo progetto e che instancabilmente lavora senza sosta per abbattere ogni certezza che Gesù ci ha fatta pervenire sino ad oggi; e quindi vado a spegnere l’incendio. Che il maligno sta prendendo, se possibile, anche il tempo delle anime buone, di quelle elette e sta portando paura nelle case dei neoconvertiti, nelle famiglie a cui io stesso avevo dato massimo credito.

Per questo è bene che tu e tutti voi veniate a visitarmi nel luogo che ritengo degno, rispetto alle aspettative che ci siamo dati. Il luogo dove sono cresciuto sin dalla età di 11 anni e dove mi sono formato. Il luogo che ha conosciuto la mia Prima Comunione, la mia Cresima e ha visto crescere i miei tre figli. Il luogo che meglio si identifica a Parusìa ed il progetto dei Borghi Eucaristici di Xenobia. E se serve, programmiamo tutti insieme anche il viaggio verso Fatima, tenendoci per mano, come in una cordata di alpinisti; chiedendo a Isilda di organizzare il nostro soggiorno per la seconda metà di settembre nella Casa di Nazareth presieduta da mio padre (potremmo contare anche sull’appoggio di Madame Tarpin e della sua casa); e magari progettare anche il luogo dove fondare e costruire il primo Borgo Eucaristico di Xenobia con il sostegno di Fabrizio che già avrebbe messo a disposizione un terreno in Umbria, ma che potrebbe dismettere per altri siti (ce ne è uno particolarmente suggestivo a Soriano che potremmo andare a vedere tutti insieme; ma ce ne sarebbe anche un altro suggerito da Massimo) se sapremo dimostrare che esiste un gruppo minimo di fondatori del nuovo borgo.
Qualora non fosse possibile soddisfare questa mia richiesta di partecipare a quest’incontro a Fregene (in quella occasione ti chiederò anche la cortesia di portare le lenzuola o un sacco a pelo per la notte e un minimo di vettovagliamento che concorderemo a fine luglio) avrò una ragione in più per credere di essere stato lasciato nuovamente solo da te, senza se e senza ma (perché Mammona leva il tempo ai cristiani di potersi dire tali nelle opere di misericordia corporale e spirituale). E caricherò nuovamente questa croce senza rancore, sapendo anche che alcuni di sicuro verranno. Forse, sempre gli stessi, i soliti fedeli e credenti che non fanno della vita cristiana un semplice spuntino di sentimentalismo elitario.
Con tutto l’amore
Parusìa
in Gesù Adveniente e Maria CorRedentrice

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Alcune risposte, fra le poche ricevute

Ciao Marco, come stai?

Sono un po ‘ assente in questo periodo perchè, come certo starai
immaginando, sto avendo un po’ di lavoro e di opportunità di crearne del
nuovo. Le giornate corrono via veloci e alla fine della giornata sono
abbastanza provato, complice forse anche questa stagione altalenante
(freddo/caldo/umido/secco.. non si capisce più niente qui).

A me andrebbe bene venire giù durante un week end, da venerdì a domenica
sera/lunedì mattina. Credo che quello che va dal 2 di agosto al 5 sia ok,
anche più vicino al tuo compleanno. Avrò probabilmente un cantiere aperto in
quel periodo ma riesco a gestire la situazione.

Quindi mi puoi considerare invitato! 🙂

Logisticamente mi pare che la mia macchina potrebbe essere organizzata così
oltre a me:

Davide (Torino), Fabio (Milano), Mia (Genova), Maria Claudia (che però da
Padova deve organizzarsi per arrivare fino a Milano)

Resto in attesa di sapere se per te va bene.

Ciao, un abbraccio

In Gesù Adveniente e Maria CorRedentrice.

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Io voglio esserci.

Sia fatta la Volontà di Dio

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Caro fratello ti ringrazio per avermi invitato e per aver pensato di coinvolgermi nel progetto ma devo francamente dirti che non posso accettare ne l’invito ne l’adesione al progetto per tutta una serie di lacci e vincoli ( di mammona) a cui sono legato.So che questo ti fara’arrabbiare molto ma e’ la nuda verita’.Per quanto riguarda il fumo di satana fai bene a stare in guardia perche’ ogni progetto che miri a liberare le anime dai suoi artigli provoca la sua violenta e feroce aggrressione e ne so’ qualcosa personalmente,ma come sappiamo bene tutto avviene con la permissione di Dio che nella sua infinita’ sapienza volge tutto al bene delle anime,infatti permise che gli apostoli del maestro venissero vagliati da satana e tutti fuggirono lasciando solo e rinnegandolo ma gli stessi pavidi apostoli dopo la pentecoste ebbero il coraggio di annunciare il vangelo e di morire martiri senza piu’ nessuna paura.Come ho gia’ detto Dio opera con infinita sapienza e trasforma quelle che sembrano vittorie del maligno nelle sue piu’ cocenti scofitte la croce non e’ forse questo?quella che satana credeva una sua vittoria si e’ trasformata nella sua sconfitta definitiva quindi caro fratello non volermene se non ti seguo ,confido che anche se adesso sono pavido e fuggo per non andare incontro a problemi e incomprensioni familiari nella grande tribolazione Dio sapra’ infondermi attaraverso lo spirito santo la forza e l’intelligenza per fare cio’ che a lui piace,se anche altri come me non ti seguiranno non prendertela troppo Gesu’ continuo ad amare i suoi discepoli nonostante il loro abbandono nella prova,lui sapeva benissimo che senza lo spirito santo siamo solo esseri umani deboli e pavidi e’ solo con il dono dello spirito di Dio che possiamo diventare guerrieri forti andare incontro al nemico ed al martirio se necessario senza paura.Preghiamo dunque Dio che ci infonda lo spirito santo il quale ci indichi cosa dobbiamo fare e ci dia la forza di farlo senza paura.

Che Dio benedica te e tutti i partecipanti all’incontro di Fregene tuo fratello nella fede Emiliano

Inviato da iPad

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Siccome non penso al prossimo,al più prossimo,non posso parlare di Conversione
e di Missione e di visite agli indigenti e su parole che mi proiettano in
Africa o in terre di guerre,ma grazie a Dio ho trovato un buon analista ed un
buon confessore a cui sono riuscita a dire tutto,ma proprio tutto,senza remore
alcuna.Perchè ho capito quanto faccio schifo!
E la diagnosi con le sue risposte è venuta da se.

Replica di questa persona che ho molto amato e da cui sono stato ricambiato abbondantemente ad una mia risposta cruda e diretta; dove non maledivo lei, come invece pare aver interpretato, ma il clero secolare conciliarista

Esorcismo di Leone XIII, puoi recitarlo anche da solo.

I tuoi insulti sono medaglie al valore per me e,le tue maledizione,fai
attenzione perchè solo Dio maledice.
Continuerò a pregare per te.

In nómine Patris et Fílii et Spíritus Sancti. Amen.

Ad S. Michaëlem Archangelum precatio
Prínceps gloriosíssime c?léstis milítiæ, sancte Michaël Archángele, defénde
nos in pr?lio advérsus príncipes et postestátes advérsus mundi rectóres
tenebrárum harum, contra spirituália nequitiæ, in c?léstibus.
Veni in auxílium hóminum: quos Deus ad imáginem similitúdinis suæ fecit, et a
tyránnide diáboli emit prétio magno.
Te custódem et patrónum sancta venerátur Ecclésia; tibi trádidit Dóminus
ánimas redemptórum in supérna felicitáte locándas.
Deprecáre Deum pacis, ut cónterat sátanam sub pédibus nostris, ne ultra váleat
captivos tenére hómines, et Ecclésiæ nocére.
Offer nostras preces in conspéctu Altíssimi, ut cito anticipent nos
misericórdiæ Dómini, et apprehéndas dracónem, serpéntem antíquum, qui est
diábolus et sátanas, et ligátum mittas in abyssum, ut non sedúcat ámplius
gentes.

Exorcísmus
In nómine Iesu Christi Dei et Dómini nostri, intercedénte immaculata Vírgine
Dei Genitríce Maria, beáto Michaële Archángelo, beátis Apóstolis Petro et Paulo
et ómnibus Sanctis, (et sacra ministérii nostri auctoritáte confisi), ad
infestatiónes diabólicæ fraudis repelléndas secúri aggrédimur.

Psalmus 67 (si reciti in piedi)
Exsúrgat Deus, et dissipéntur inimici eius, et fúgiant qui odérunt eum, a
fácie eius.
Sícut déficit fumus, defíciant: sícut fluit cera a fácie ignis, sic péreant
peccatóres a fácie Dei.

V – Ecce Crucem Dómini, fúgite, partes advérsæ;
R – Vicit Leo de tribu Juda, radix David.
V – Fiat misericórdia tua, Dómine, super nos.
R – Quemádmodum sperávimus in Te.
Exorcizamus te, omnis immúnde spíritus, omnis satánica potéstas, omnis
incúrsio infernális adversárii, omnis légio, omnis congregátio et secta
diabólica, in nómine et virtúte Dómini nostri Iesu + Christi, eradicáre et
effugáre a Dei Ecclésia, ab animábus ad imáginem Dei cónditis ac pretióso
divini Agni sánguine redémptis +.
Non ultra áudeas, sérpens callidíssime, decípere humánum genus, Dei Ecclésiam
pérsequi, ac Dei eléctos excútere et cribráre sicut tríticum.
+ Imperat tibi Deus Altíssimus +,
cui in magna tua supérbia te símilem habéri adhuc præsúmis; qui omnes
hómines vult salvos fieri, et ad agnitiónem veritátis
venire.
Imperat tibi Deus Pater +;
Imperat tibi Deus Fílius +;
Imperat tibi Deus Spíritus Sanctus +.
Imperat tibi Christus, ætérnum Dei Verbum caro factum +,
qui pro salúte géneris nostri tua invídia pérditi, humiliávit semetípsum
factus obédiens usque ad mortem;
qui Ecclésiam suam ædificávit supra firmam petram et portas ínferi
advérsus eam numquam esse prævalitúras edíxit, cum
ea ipse permansúrus ómnibus diébus usque ad comsummatiónem sæculi.
Imperat tibi sacraméntum Crucis +, omniúmque christiánæ fídei Mysteriórum
virtus +.
Imperat tibi excélsa Dei Génitrix Virgo Maria +,
quæ superbíssimum caput tuum a primo instánti immaculátæ suæ
Conceptiónis in sua humilitáte contrivit.
Imperat tibi fides sanctórum Apostolórum Petri et Pauli ceterorúmque
Apostolórum +.
Imperat tibi Mártyrum sanguis, ac pia Sanctórum et Sanctárum ómnium
intercéssio +.
Ergo, draco maledícte et omnis légio diabólica, adjurámus te per Deum + vivum,
per Deum + verum, per Deum + sanctum, per Deum, qui sic diléxit mundum, ut
Fílium suum unigénitum dáret, ut omnis, qui credit in eum, non péreat, sed
hábeat vitam ætérnam; cessa decípere humánas creatúras, eisque ætérnæ
perditiónis venénum propináre: désine Ecclésiæ nocére et eius libertáti láqueos
inícere.
Vade, sátana, invéntor et magíster omnis falláciæ, hostis humánæ salútis.
Da locum Christo, in quo nihil invenísti de opéribus tuis: da locum Ecclésiæ
unæ, sanctæ, cathólicæ et Apostólicæ, quam Christus ipse acquisívit sánguine
suo.

Humiliáre sub poténti manu Dei; contremisce et éffuge, invocáto a nobis sancto
et terríbili Nómine Iesu, quem ínferi trémunt, cui Virtútes c?lórum et
Potestátes et Dominatiónes subiéctæ sunt; quem Chérubim et Séraphim indeféssis
vócibus láudant, dicéntes:
Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus Deus Sabaoth.

V – Dómine, exáudi oratiónem meam.
R – Et clámor meus ad te véniat.
Orémus
Deus c?li, Deus terræ, Deus Angelórum, Deus Archangelórum, Deus Patriarchárum,
Deus Prophetárum, Deus Apostolórum, Deus Mártyrum, Deus Confessórum, Deus
Vírginum, Deus qui potestátem habes donáre vitam post mortem, réquiem post
labórem: quia non est Deus præter Te, nec esse postest nisi Tu, creátor ómnium
visibílium et invisibílium, cuius regni non érit finis: humíliter maiestáti
glóriæ tuæ supplicámus, ut ab ómni infernálium spirítuum potestáte, láqueo,
deceptióne et nequítia nos poténter liberáre, et incólumes custodíre
dignáris.
Per Christum Dóminum nostrum. Amen.
Ab insídiis diáboli, líbera nos, Dómine.

V – Ut Ecclésiam tuam secúra tibi fácias libertáte servire,
R – Te rogámus, áudi nos.
V – Ut inimícos sanctæ Ecclésiæ humiliáre dignéris,
R – Te rogámus, áudi nos.

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Ciao Marco. Spero che tu ti ricordi di me: del resto quest’invito testimonia che sono rimasto nei tuoi pensieri. Sono addolorato che tu ti senta solo e abbandonato e che hai trovato difficolta’ nel portare avanti i progetti di Xenobia. Devi correggerti con del sano realismo che non significa assecondare mammona ma conciliare la propria vocazione con quello che la realta’ ti presenta. Non sentirti
abbandonato anche da me se ti preannuncio che non me la sento di partecipare da solo all’incontro che hai programmato. Io sono sposato, questa e’ la principale vocazione per me. Ho salvato mia moglie dalla clinica psichiatrica e devo rivolgerle costanti attenzioni. Siamo una coppia che non tollererebbe una separazione neanche di qualche giorno e mia moglie non ha la stabilita’ emotiva per essere coinvolta nelle cose dell’Arca della Bellezza. Resto un “guardiano” come mi hai nominato e proseguo nella mia vocazione al matrimonio che e’ la vocazione principale e naturale della maggior parte del genere umano. Restate
comunque nei miei pensieri e se potro aiutarvi lo faro’. Adesso che e’ morta mia madre sono anche disoccupato e l’attivita’ familiare e’ cessata fra mille dissapori con i fratelli. Devo inventarmi un nuovo modo di procurarmi delle entrate ma nei limiti del possibile saro’ lieto di aiutarvi. Con mia moglie stiamo per partire per un
pellegrinaggio alla Madonna dello Scoglio in Calabria da Fratello Cosimo. Preghero’ li’ per voi. Ciao e che il Signore ti Benedica.

segue ad una mia risposta

Sei “ufficialmente” invitato: puoi venire quando vuoi e quando i tuoi impegni te lo consentono. Non posso piu’ ospitarti al mare dove non ho piu’ la disponibilita’ degli alloggi ma se mi avverti per tempo ti trovo un B&Breakfast direttamente dove risiedo. Non devi pagare niente. Sei mio ospite. Ciao.

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Ciao Marco, grazie per l’invito. Purtroppo sono stata ricoverata per circa 20 giorni a causa di complicanze dovute all’intervento. Sono convalescente e molto debole. Probabilmente ne avrò ancora per un po’ di tempo e sono continuamente presa tra visite ed esami. Non credo di riuscire a venire. Sarebbe molto bello ma sono così debole…a presto

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Caro Marco,

come stai?
Ti ringrazio del graditissimo invito e d’avermi incluso nella tua lista ma non mi sarà possibile partecipare.
Cari saluti.
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Buongiorno Marco Turi

Pace e Bene a te!

Mi duole sapere che ti sei sentito abbandonato da me e da molti altri, comprendo la sofferenza da te provata e ti chiedo perdono se non ho saputo rispondere alle tue aspettative; non sapevo di avere un ruolo nel tuo progetto!
Sicuramente un ruolo ho come mamma di Cecilia e moglie di Michele, finalmente sposa davanti al Signore e non più lontana da Gesù Eucaristico.

Perché devi sapere Marco Turi che io e Michele ci siamo sposati il giorno 13 maggio 2013!
E nel mio cuore questa é stata una Consacrazione della mia famiglia a Nostra Signora di Fatima.

Non sto a spiegati come siamo giunti a questa felice decisione perché sarebbe troppo lungo; ti dico solo che io ho la certezza che si é trattato di intervento di Gesù.
Sia lodato in eterno il Signore!

Come vedi non sei il solo a ricevere conferme dal Cielo.

Ti dirò di più:
Fuori dal giardino di casa mia ci sta una cappellina dedicata a san Mauro dove al giovedì si tiene il Rosario della borgata e a seguire la S.Messa.

Con l’arrivo del giovane Parroco ordinato appena due giorni prima dell’ annuncio di Benedetto XVI, é partito il progetto di sistemarla in modo tale da poter conservare in modo permanente il Santissimo.

Assieme al mio vicino di casa abbiamo messo a posto il Tabernacolo per renderlo più sicuro e degno.

Il vicino ha costruito un cancello in ferro per permettere di soffermarsi in preghiera pur mantenendo la cappellina chiusa.

Anche queste sono risposte dal Cielo.

Ieri Don Pavel mi ha chiesto di fare catechismo ai bambini della piccola parrocchia appena ricomincia il periodo scolastico.

Certo non sono pronta, ma ho prontamente accettato perché credo che il Signore decide per me e farà in modo tutto vada secondo i Suoi Progetti.

Ora il mio impegno con la mia bimba Cecilia é aumentato dal fatto che per la nostra famiglia il lavoro si svolge in estate e il tempo da dedicare anche solo per scrivere una lettera come questa capita di rado.

Il mio interesse e ogni mio pensiero sono rivolti al Signore.
Egli infatti mi é sempre presente nella mente e nel cuore e ogni volta che Mia prende il sopravvento chiedo perdono mantenendo con Lui un dialogo che non cessa.

Ti chiedo di perdonarmi se non potrò essere presente.

Il tuo progetto se é gradito a Dio si concretizzerà malgrado gli ostacoli e soprattutto malgrado le persone incostanti.

Perché si deve credere che nulla accade per caso e nulla accade senza che Dio lo voglia o lo permetta e nulla é impossibile a Dio.

Ti abbraccio in Gesù e Maria!
Sia lodato il Signore!

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Ovviamente altri hanno letto senza preoccuparsi per ora di rispondere.
Dunque la mia conclusione?
Vorrei riprendere in mano due punti della Coroncina della Misericordia degli Arcieri: il Giovane Ricco (con annesso il Sermone della Montagna) e la Festa del Re per le Nozze del Figlio. Sono i due punti principali su cui si sviluppa il discernimento degli Arcieri per la Degnità nella Misericordia Divina. Perchè gli altri riguardano invece la Prontezza e la Gratuità nella Misericordia, e sono: le Parusìe del Signore e la Visita dei Magi; Gesù contro i Mercanti nel Tempio; il Figliol Prodigo ed il Povero Lazzaro.
Cosa succede dunque con il Giovane Ricco e nella Festa di Nozze?
Partiamo dalla fine: la Presentazione, finalmente, del Regno.

LE NOZZE PER IL REGNO (MT 22,1-14)

In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
È fin troppo evidente che Gesù chiama tutti alla salvezza, non c’è nessuno predestinato all’inferno e nessuno può considerarsi sicuro di raggiungere il Paradiso. Tutti siamo chiamati alla santità, quindi alla salvezza eterna che richiede però alcune condizioni per acquisirla e che Gesù descrive chiaramente nel Vangelo. Ne sintetizzo una: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua (Lc 9,23).
Il Cristianesimo è la vera Religione, Dio si è manifesto pienamente e ha rivelato quanto voleva comunicarci, mentre gli ebrei si sono fermati all’Antico Testamento, si considerano illusoriamente ancora il popolo eletto, mentre Gesù nella sua predicazione spiegò con parabole e con parole chiarissime che Dio con la sua venuta in mezzo a noi stava per creare la NuovaAlleanza con un nuovo popolo eletto e che avrebbe adorato Lui come vero Dio, Figlio del Padre.
Il nuovo popolo e la Nuova Alleanza sono proprio il Cristianesimo.
Ho già dedicato spazio alla spiegazione della salvezza eterna dei non cristiani o di coloro che vivono in luoghi con culture diverse dal Cristianesimo, una salvezza che nessuno può stabilire, dipende dalla buonafede della persona e dalla sua integrità morale. Ma la Chiesa Cattolica rimane il luogo della salvezza eterna. Anche un ateo può convertirsi in punto di morte o chiedere perdono a Gesù, non siamo noi a stabilire a chi spetta la salvezza.
Il dato sicuro è quello che ci arriva da Gesù e Lui desidera salvare l’umanità, ma lascia ognuno libero di accettarlo o rifiutarlo.
Ce lo dice nella parabola di oggi: “Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire”. Tutti gli uomini sono invitati al banchetto glorioso ma la stragrande maggioranza si rifiuta di partecipare al banchetto spirituale che antipica la gloria del Paradiso. Molti sono presi da interessi materiali, economici, affettivi, senza avere più nel cuore un piccolissimo spazio da dedicare a Gesù e alla preghiera. Questi si dichiarano colpevoli da se stessi, non è Gesù a condannarli, la loro vita dissoluta è già la loro condanna.
D’altronde, perché l’uomo nasce e vive se non per entrare in dialogo con chi lo ha creato e che merita adorazione e la centralità nella vita?
Siamo noi allora a stabilire o pianificare il nostro futuro, dipende dalle nostre scelte migliori che ci danno la pace interiore e la comunione con Gesù o dalle scelte sbagliate che causano disastri personali, familiari, esistenziali. Tutti siamo invitati da Gesù ad iniziare il cammino di conversione e di perfezione, molti lo rifiutano o addirittura lo ignorano, altri e sono la minima parte, comprendono che solo Gesù può darci quello che il mondo neppure conosce.
Per spiegare con quale amore e moderata insistenza Gesù ci invita al banchetto nuziale, dell’anima con Lui, nella parabola racconta che il re “dice agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Cosa Egli non ci ha preparato per immetterci nella Via del Vangelo e percorrere insieme a Lui il cammino di salvezza eterna?
Ma quale fu la risposta degli uomini, di tutti gli uomini di ogni tempo? “Quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero”. Non solo ignorarono l’invito del re e continuarono a curare i loro affari materiali e carnali, senza avere la lucidità di cercare la perla preziosa, il tesoro nascosto, la vita eterna, addirittura agirono con ira verso i servi che mandava quel re per invitare tutti a festeggiare. Questi servi che andavano a chiamare gli invitati sono i Santi e Profeti inviati da Gesù ovunque a portare l’annuncio del Vangelo. Molti Santi sono stati perseguitati, uccisi, ignorati e scacciati.
Però il re della parabola “si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città”.
Anche Dio si indigna verso quanti vogliono distruggere l’unica sua Chiesa, quella Cattolica, oppure verso quegli assassini delle anime che insegnano eresie e dottrine opposte al Vangelo. Dio si indigna però contrariamente al re della parabola è moto paziente ed attende la conversione dei peccatori, dona anche a questi assassini mille e mille possibilità di pentirsi e ravvedersi, perché Lui è Misericordia, ma quando vede che hanno sciupato tutte le possibilità, li lascia al loro destino…
Quel destino infelice che essi hanno scelto per loro e che non è la salvezza eterna.
Per entrare in Paradiso occorre indossare l’abito nuziale, l’anima deve essere avvolta dalla Grazia di Dio, e rimane impossibile salvare l’anima senza questa Grazia che è possibile ottenere anche con il pentimento all’ultimo istante di vita. Ma è indispensabile il pentimento davanti al confessore o espresso interiormente, ed è questo pentimento a donarci l’abito nuziale, per prendere parte al banchetto eterno e glorioso.
Chi non conduce una vita spirituale, si ritrova senza l’abito nuziale e magari qui in vita si illude di condurre una vita cristiana, proprio perché non si conosce interiormente, ma avrà la brutta sorpresa di sentirsi dire: «“Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».
Gesù ha dato all’umanità una Madre potente e misericordiosa, sempre pronta a venire incontro a quanti La invocano con amore e fiducia. Chi si consacra ogni giorno a questa Madre (http://www.gesuemaria.it/efficace-preghiera.html) si sforza di imitare le sue virtù, La prega ogni giorno con Fede, non si potrà perdere, Ella salva tutti coloro che si mettono sotto la sua protezione e La invocano sempre con il Santo Rosario.
Arriviamo ora al Giovane Ricco.
Abbiamo letto: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua (Lc 9,23).
Facciamo subito un preambolo dando per scontato che conosciate tutti questo evento dell’incontro del Giovane Ricco con Gesù (in realtà non si finisce mai di cosglierne ogni volta sfumature diverse).
Infatti quello che accade da subito è che il Giovane chiama Gesù IL BUONO. Sà che Gesù è Dio. E sà che nulla al mondo può competere con la Sua generosità, la Sua bontà, le Sue promesse, il Suo Regno. Quello che Gesù dice ha peso più di qualunque altra cosa perchè corrisponde a Verità ed è il fondamento di ogni Realtà. Cristo è Re, infatti, perchè Regge ogni cosa. Ed il Giovane Ricco pare saperlo perchè gli dice in sostanza: io sono un Tuo seguace, mi dico cristiano (sebbene questo nome verrà coniato più tardi da San Paolo).
Gesù lo ama, come ama tutti coloro che gli si avvicinano (il cosiddetto Prossimo). Ed il Giovane pensa che sia sufficiente essere lì per dirglielo. Come pensa sia sufficiente attenersi alla Legge per fare poi tutto ciò che vuole. Stesso concetto verrà utilizzato da Sant’Agostino ma con altro spirito: AMA DIO E FAI QUEL CHE VUOI, sottintendendo che solo chi ama veramente Dio farà le cose degnamente e con frutti evidenti e insindacabili.
Ma quali sono i frutti del Giovane Ricco che osserva le Leggi (i Comandamenti o Legge mosaica o Legge Naturale), i Precetti; che rispetta i servi e tutti coloro con cui entra in contatto? I frutti sono connaturati alle Leggi Umane e non a quelle di Dio che ha destinato per noi un Regno ben maggiore di quello in cui si muovono questi cosiddetti Cristiani o Cattolici conciliaristi dei nostri tempi. Questi ricoprono cariche che li allontanao dalla chiamata, da ogni contatto con realtà cristiane antisonanti rispetto Mammona, rispetto alle Matrici di Inganno, intrinse di Peccato, continuazione delle scelte di Adamo che volle controllare tutto e tutti a dispetto di quell’albero radice del Bene e del Male che Dio voleva tenesse lontano da sè.
Il Giovane Ricco, quindi, era rispettato dagli uomini perchè considerato secondo certa falsa mentalità, un vero cristiano, un modello. E per questo con certa alterigia si avvicina a Gesù e si picca si chiamarLo Buono. E forse per mostrare a chi era con lui che solo Gesù avrebbe potuto testimoniare che lui era il migliore fra coloro che si facevano chiamare cristiani. Gesù che è Dio, comprende l’antifona. Lo ama ma non si fa prendere in giro. Infatti, interrogandolo sui Comandamenti, non gli chiede chi è il suo Dio, se nomina Dio invano, se ha altri Dèi al di fuori di Lui. Perchè Gesù intuisce che il culto del Giovane Ricco è verso Mammona ed è ineludibile, inscindibile. Perchè il prestigio di questo Giovane è dato proprio dalle sue ricchezze. Ed è lo stesso motivo per cui ha molti amici che lo seguono e schiavi che lo rispettano. L’osservanza della Legge è un corollario che serve alla sua causa per mostrarsi anche moralmente ineccepibile. Una ottima operazione di marketing che il Giovane associa ad una conversione mistica. Insomma sta seduto su una sicurezza che non si chiama Dio, ma Denaro, Ricchezza, Possedimenti. E Gesù prova a sfilargli queste sicurezze mettendolo alla prova. Il Giovane cede e si rende conto che non è degno. Per questo non accusa Gesù. Non lo tratta male. E forse per questo il Maestro lo aveva amato. Si rendeva conto che il Giovane si sarebbe ritirato in buon ordine riconoscendo che il Paradiso non era il posto suo. Che Gesù lo aveva invitato come tutti i commensali delle Nozze del Figlio nel Regno, ma che a lui interessava di più quest’altro Regno, retto da Mammona.
Una frase probabilmente non sfuggirà al Giovane Ricco: d’ora in poi, però, non chiamarti cristiano, perchè non ne sei degno. Non puoi nominare invano il Mio nome perchè non mi sei testimone, perchè non mi ami, perchè alla mia chiamata tu svirgoli con mille scuse. E come te, incontrerò molti altri Tiepidi, molte altre Chiese di Laodicea, molti altri Falsi ed Ipocriti. Quando un mio figlio vi chiamerà e voi risponderete come il Giovane Ricco, ripensate a questa storia.

GESÙ E IL GIOVANE RICCO (MT 19,16-22)

Carlo Broccardo

Fin dai primi secoli, l’episodio del giovane ricco ha avuto interpretazioni molto diverse[1]. Secondo alcuni, per esempio, Gesù suggerisce due modi differenti di vivere la fede: la via normale di chi si sforza di osservare i comandamenti e la via «perfetta»di chi invece sente risuonare un invito speciale a lasciare tutto e seguire più da vicino il maestro («Se vuoi essere perfetto…», dice Gesù al giovane).

C’è anche però chi non è assolutamente d’accordo con questa interpretazione e ritiene che l’invito di Gesù sia rivolto a tutti, dal momento che tutti i credenti sono chiamati a seguire il Signore. Non c’è purtroppo intesa, tra chi sostiene quest’altra ipotesi, sul come interpretare le parole di Gesù: bisogna prenderle alla lettera o ammorbidirle in qualche modo? Perché non è proprio la cosa più semplice del mondo vendere tutte le proprie sostanze, a motivo della fede…

Noi non ci addentreremo nel dibattito, che dura da quasi duemila anni e non è ancora concluso. Lo eviteremo non per pigrizia o per paura, ma per la convinzione che sia più opportuno anzitutto leggere il testo di Matteo; confrontandolo con i racconti paralleli di Marco e Luca (cf. Mc 10,17-22 e Lc 18,18-23), ci accorgeremo di quanto il primo Vangelo sia più semplice degli altri e tutto sommato chiaro. Come dire che già Matteo, quando ha letto il testo di Marco, si deve esser posto le nostre domande; e vi ha pure risposto, a modo suo, cioè modificando il racconto di Marco quanto basta per aiutarci a comprenderlo[2].

I comandamenti di Dio

Matteo inizia la sua narrazione in modo un po’ brusco, senza spendere più di una parola per presentare il personaggio nuovo e tralasciando completamente di specificare luogo e tempo in cui avviene il fatto; con una costruzione tipica del suo Vangelo, dice semplicemente che qualcuno «si avvicina» a Gesù. Marco e Luca rivelano qualche dettaglio in più, dicendoci rispettivamente che quest’uomo si prostra e che è un notabile; Matteo invece rimane generico: sappiamo solo che un tale ha una domanda da porre a Gesù, tutto il resto viene dopo. Ma leggiamo i primi versetti:

Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?». Egli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Ed egli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso» (19,16-19).

La prima parte del botta-risposta tra questo tale e Gesù può sembrarci un po’ strana: uno si avvicina e gli fa subito una domanda così radicale, su questioni fondamentali quali la vita eterna, senza neppure salutare. Non dimentichiamo che siamo nel mondo ebraico del primo secolo d.C., in cui è normale che i discepoli pongano ai rabbini (non per nulla Gesù viene chiamato «maestro») questioni del genere. Un giorno, per esempio, i discepoli interrogarono Rabbi Eliezer (morto circa nel 90 d.C.): «Rabbi, insegnaci le vie della vita, affinché su di esse raggiungiamo la vita del mondo futuro»[3].

Ma torniamo alla domanda rivolta a Gesù: di per sé non è poi così difficile rispondere. Come dice Gesù, solo Dio è buono; dunque «fare ciò che è buono» equivale a «fare la volontà di Dio», e la volontà di Dio è rivelata nella legge che egli ha dato al suo popolo. Come dice il profeta Michea: «Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio» (Mi 6,8). Quella che viene posta a Gesù non era in fin dei conti una domanda difficile: ogni buon ebreo sarebbe stato in grado di rispondere.

Ma allora, occorreva proprio farla, una domanda del genere? Anche Gesù, prima di rispondere, fa notare che la questione è ovvia: «Perché mi interroghi su ciò che è buono?». A tutti è noto ciò che è buono: Dio[4]! Noi ci vergogneremmo nel porre una domanda ovvia; i discepoli di un rabbino no: fa parte del gioco, se così possiamo dire. È tipico del mondo rabbinico, infatti, progredire nell’insegnamento attraverso una serie di domande-risposte; si comincia dalla più elementare, poi si avanza nella riflessione, approfondendo ogni volta di più.

La seconda domanda infatti è più precisa: «Quali comandamenti?». Se tutti erano d’accordo sul fatto che per entrare nella vita occorresse osservare i comandamenti, c’erano opinioni diverse su quali fossero le norme veramente indispensabili. Troviamo una traccia di tali discussioni anche nel quesito che un dottore della legge porrà a Gesù, a Gerusalemme: «Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?» (Mt 22,36). Secondo la tradizione rabbinica, la legge contiene 613 precetti: quali sono quelli necessari per avere la vita? Qui la risposta non è più scontata: ogni maestro ha un suo modo di vedere, rifacendosi ad altri rabbini prima di lui o contrapponendosi a loro.

In tal proposito Gesù ha una sua opinione: fra i molti precetti di Dio, i più importanti sono i comandamenti dati a Mosè sul monte Sinai; tra questi dieci, poi, in modo particolare quelli che riguardano il comportamento verso le altre persone (omette invece i doveri dell’uomo verso Dio). È una scelta chiara, sottolineata dall’aggiunta del precetto contenuto in Lv 19,18: «Ama il prossimo tuo come te stesso». Questo, secondo Gesù, è il cuore della legge; il comportamento buono che occorre mettere in pratica per avere la vita è l’amore del prossimo.

Al di là della questione teorica

Fino al v. 19, dunque, il dialogo tra questo tale e Gesù assomiglia molto alle dispute rabbiniche; il fatto poi che Matteo non ci dica perché mai egli si avvicini a Gesù (desiderio di apprendere o tentativo di metterlo in difficoltà?) né chi sia questo personaggio misterioso che fa tante domande, tutto questo contribuisce a fare della discussione in corso una questione puramente teorica. Fino al v. 19 compreso, in altre parole, abbiamo davanti agli occhi due tali che discutono dei massimi sistemi.

Con il v. 20 però la musica cambia. Anzitutto Matteo comincia a delineare meglio il personaggio: è un giovane e ha sempre osservato la legge di Dio; così per noi che leggiamo non è più uno sconosciuto; se non ha un nome, ha almeno un volto. E poi ci lascia intendere che la questione non è per lui pura accademia, ma qualcosa che lo riguarda di persona.

Una traccia era già visibile prima, a essere precisi; perché non aveva chiesto a Gesù: «Che cosa bisogna fare», in generale, ma: «Che cosa devo fare». Ora però il suo coinvolgimento personale diventa manifesto: ricevuta la risposta di Gesù, egli non continua la discussione per approfondire ancora la questione a livello teorico (per esempio: riflettendo sul rapporto tra amore del prossimo e amore di Dio, come accadrà al c. 22). Piuttosto, fa subito una riflessione sulla sua vita. Leggiamo il testo, sino alla fine:

Il giovane gli disse: «Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». Udito questo, il giovane se ne andò triste, poiché aveva molte ricchezze (19,20-22).

È bello notare come Gesù lasci l’iniziativa al giovane: non gli chiede subito di seguirlo, dopo la prima domanda. Alla domanda generica, Gesù risponde in modo generico; quando però colui che lo interroga si espone in prima persona, allora anche Gesù scende sul campo personale: «Vieni e seguimi» non è una spiegazione teorica, ma un invito che tocca la vita.

Qualcosa manca ancora

Dopo aver notato il livello meno astratto di questa seconda parte del brano, è necessario che torniamo ad approfondire alcuni dettagli. A cominciare dalla domanda del giovane: «Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?» (v. 20). Fin dall’antichità, la prima parte della frase ha fatto sdegnare non pochi lettori del Vangelo; sembrerebbe un po’ troppo presuntuoso uno che afferma di aver sempre osservato i precetti di Dio! L’unica attenuante è la sua giovane età: si sa, i giovani tendono a esagerare… Ma il cosiddetto Vangelo dei Nazareni, uno scritto apocrifo del II secolo, non concede giustificazioni di sorta: «Come puoi dire: Ho osservato la legge e i profeti?»[5].

Ragionando così però entriamo in questioni che Matteo ha abilmente evitato; e dunque perdiamo tempo. Ancora una volta, infatti, egli modifica il testo di Marco semplificandolo. Secondo Marco è Gesù che fa la precisazione: «Una cosa sola ti manca» (Mc 10,21; cf. Lc 18,22); secondo Matteo, invece, è lo stesso giovane che si rende conto che gli manca qualcosa. Quando dice di aver osservato tutti i comandamenti, non lo fa dunque con la presunzione di chi ritiene di essere a posto, ma al contrario ben sapendo che qualcosa ancora gli manca.

Dalle parole del v. 20 conosciamo meglio il personaggio e riusciamo finalmente a intuire perché si fosse avvicinato così bruscamente a Gesù, rivolgendogli domande sulla vita eterna: seppure giovane, era già arrivato a comprendere che per avere la vita è necessario osservare la legge di Dio; di più, era consapevole dell’importanza dell’amore al prossimo come fondamento di ciò che è buono. Di più ancora, tutto questo lo aveva non solo capito, ma anche messo in pratica. Eppure non gli basta. Conosce la via per la vita eterna, anzi si è già incamminato, ma è ugualmente inquieto. Va da Gesù perché cerca qualcosa di più. Sa che gli manca, spera di trovarla.

Povertà e sequela

«Che cosa ancora mi manca?». Questa è la domanda. Prima erano solo schermaglie, riti introduttivi; ora la questione vera che lo ha portato a Gesù. La risposta non si fa attendere: «Vendi tutto e seguimi». Una proposta semplice e complicata al tempo stesso: facile da capire ma non da mettere in pratica per il giovane a cui è rivolta; difficile anche da interpretare per noi che leggiamo. Procediamo pertanto con calma, annotando in proposito tre riflessioni.

La prima: al giovane che cerca di più, Gesù chiede di vendere tutto, di dare il ricavato ai poveri e poi di seguirlo. Potremmo discutere sulla fattibilità di un comando del genere, non certo sulla sua chiarezza; è un invito radicale, senza mezze misure: «Vendere e dare tutto ai poveri equivale a bruciare i ponti dietro di sé, partire senza possibilità di ritorno»[6]. In altre parole, Gesù gli chiede esplicitamente una scelta di povertà totale e irreversibile. Qualcosa di analogo lo avevamo incontrato al c. 10, quando manda i dodici apostoli in missione assolutamente privi di mezzi, «perché l’operaio ha diritto al suo nutrimento» (10,10)[7]; ma lì si tratta di un certo modo di annunciare il vangelo, qui invece è in ballo una scelta che coinvolge tutta la vita.

Una seconda riflessione riguarda l’altro invito: «Seguimi». Non è la prima volta che Gesù chiama qualcuno a seguirlo; ma è la prima volta che pone come condizione previa il lasciare tutto, anzi vendere tutte le proprie sostanze e distribuirne il ricavato. È vero che i primi quattro discepoli di fatto lasciano barca, padre e quant’altro e subito seguono Gesù (cf. 4,18-22); lo stesso si può intuire di Matteo il pubblicano, che all’invito di Gesù risponde alzandosi e mettendosi a seguirlo, sull’istante (cf. 9,9); qualcosa di simile con il discepolo anonimo del c.8, al quale Gesù dice: «Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti» (8,22)[8]. Il confronto con questi racconti di chiamata mette bene in luce che sempre seguire Gesù è una scelta radicale; mai però come nell’episodio del giovane ricco questo aspetto viene sottolineato e detto in modo tanto esplicito – e, specialmente, richiesto dallo stesso Gesù.

Al giovane che lo avvicina, Gesù chiede dunque due cose: vendere tutto quello che ha e seguirlo. Non solo l’una, non solo l’altra; lo capisce bene l’interessato che – non volendo rinunciare ai molti beni che possedeva – declina pure l’invito a seguire Gesù: «Udito questo, il giovane se ne andò triste» (19,22). La conclusione del racconto introduce una terza riflessione, a proposito del legame indissolubile (così ci viene presentato) tra povertà e sequela. Posta in modo fin troppo banale, la domanda risuona così: ma il ricco, alla fine, si salverà lo stesso? Non ha seguito Gesù, è vero, ma ha pur sempre osservato i comandamenti… Posta in maniera più strettamente esegetica, la questione è in quale rapporto stiano le due frasi ipotetiche dei vv. 17 e 21:

– se vuoi entrare nella vita,osserva i comandamenti (v. 17);

– se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto (…), poi vieni e seguimi (v. 21).

Entrare nella vita (o, per usare le parole del giovane, ottenere la vita eterna) ed essere perfetto: sono dunque due cose distinte? Come dire: chi vuole si ferma al primo gradino, chi aspira a qualcosa di più si slancia per raggiungere il secondo? Il parallelo tra i due versetti sembrerebbe dire di sì: a un tale che già osserva i comandamenti (e quindi è sulla via giusta per entrare nella vita) Gesù chiede di fare qualcosa di più. Ma se così fosse, entreremmo in un corto circuito teologico; sarebbe come affermare che entrare nella vita è solo il primo gradino…

Se infatti il giovane ricco sta già facendo la cosa giusta, se è già incamminato sulla via che conduce alla vita eterna, si può realmente dire che gli manca ancora qualcosa? Che cosa potrebbe mai essere superiore alla vita stessa di Dio? In cosa potrebbe consistere tale perfezione, da essere qualcosa di più alto della vita eterna? Queste le domande che un lettore di oggi potrebbe farsi; hanno tutte però un errore di fondo, e precisamente un concetto sbagliato di cosa voglia dire osservare la legge ed essere perfetti.

Sul concetto di perfezione

Oltre al testo che stiamo leggendo, solo un’altra volta in tutto il Vangelo secondo Matteo ritorna l’aggettivo «perfetto» (téleios); proprio nel discorso della montagna, in un contesto dunque in cui Gesù parla tantissimo di come bisogna mettere in pratica la legge di Dio. Più precisamente, dopo aver detto ai suoi ascoltatori che la loro giustizia (cioè il loro modo di vivere la legge, di fare la volontà di Dio) deve essere superiore a quella degli scribi e farisei, Gesù fa sei esempi concreti (le cosiddette «antitesi»: 5,17-48); conclude affermando:

Siate voi dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste (5,48).

Entriamo più nel dettaglio, servendoci di due articoli sul tema, presenti nel secondo fascicolo di Parole di vita di quest’anno, dedicato interamente al discorso della montagna. A proposito dell’invito a essere perfetti come il Padre, Carbone scrive così:

Questa formula sostituisce il ritornello del codice di santità della legge («Siate santi, perché Io sono santo» Lv 19,2). Mentre nella torà il concetto di santità è soprattutto un concetto statico, basato sulla separazione da ciò che è profano, nel Nuovo Testamento è un concetto del tutto dinamico, basato su una perfezione finale (teleiosis) che si raggiunge con uno sforzo continuo di discernimento per essere sempre in linea con la volontà di Dio rivelata in Gesù[9].

Più avanti Scaiola, precisando meglio l’affermazione di Carbone, riflette su come anche nell’Antico Testamento praticare la volontà di Dio sia un concetto dinamico; non si tratta solo di mettere in pratica alla lettera un cumulo di precetti. In questa scia si pone Gesù, quando invita i suoi discepoli ad avere una giustizia superiore:

C’è un’osservanza che appare letterale, ma può anche uccidere, e c’è un compimento che disorienta perché non è un punto di arrivo, ma l’inizio di un dinamismo tendenzialmente infinito. In questo cammino paradossale, però, abbiamo dei punti di riferimento imprescindibili e rassicuranti: la Scrittura e l’esempio di Gesù[10].

Alla luce di queste due riflessioni riusciamo a comprendere meglio la situazione del giovane ricco. Era veramente esemplare: stava percorrendo la strada giusta per raggiungere la vita eterna! Ma non tanto perché era bravo a mettere in pratica nel dettaglio tutti i comandamenti; e neppure perché aveva capito che il cuore teologico della legge è l’amore al prossimo. L’aspetto migliore del suo modo di fare era, paradossalmente, proprio il non sentirsi a posto e quindi il continuare a cercare; ciò che lo rendeva un ottimo praticante era il non accontentarsi della pura osservanza dei precetti, il coraggio di disturbare Gesù per chiedergli: «Che mi manca ancora?».

In questo contesto riusciamo a capire meglio anche la risposta di Gesù: non gli propone un punto di arrivo, ma gli chiede di continuare la strada. Lo invita a camminare dietro di lui, il maestro; e non più o meno, ma sul serio: tagliando completamente i ponti con tutto il resto. Gesù gli propone questo, se vuol essere perfetto. Purtroppo il giovane non ha accettato l’invito e se ne è andato triste; lui che desiderava essere perfetto, ha preferito fermarsi e accontentarsi. Troppo costoso continuare a camminare.

I primi, gli ultimi e la bontà di Dio

Alla fine dunque non c’è differenza tra entrare nella vita ed essere perfetti: perfetto è chi continua a camminare sulla via che conduce alla vita. Non c’è dunque contrapposizione neppure tra osservare la legge e seguire Gesù: chi segue la via della legge sarà sempre per strada, nella continua ricerca di cosa vuol dire oggi amare il prossimo come se stessi; e per Matteo non c’è dubbio che chi percorre questa strada incontra Gesù, il maestro.

Nella teologia di Matteo, essere discepoli non è dunque la chiamata di pochi, ma l’invito che Gesù rivolge a tutti. Lo possiamo intuire dalle riflessioni che abbiamo fatto sull’episodio del giovane ricco; e poi sarà detto esplicitamente da Gesù risorto, che darà agli undici apostoli un mandato preciso: «Andate e fate discepoli tutti i popoli» (28,19).

Ma allora, se tutti siamo chiamati a essere discepoli, significa che è «obbligatorio» per tutti vendere ogni cosa per seguire Gesù? E quei discepoli che non possono farlo? È una domanda che ci permette di ammirare una delle qualità più belle di Matteo, che è la sua precisione nel costruire architetture letterarie. Diamo uno sguardo rapido al contesto, in particolare agli episodi che seguono il nostro racconto: Matteo ci invita a leggerli insieme, poiché si illuminano a vicenda.

Subito dopo che il giovane se ne è andato triste, ecco una riflessione di Gesù: le ricchezze sono un ostacolo serio per chi vuol seguire la via della vita. Dunque: bene per i discepoli che hanno lasciato tutto, avranno in eredità la vita eterna (proprio quello che il giovane cercava)! Però attenzione: perché «molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi» (19,30). Che vuol dire? La parabola degli operai dell’ultima ora lo spiega (cf. 20,1-16: e infatti come conclusione della parabola ritorna la stessa frase di 19,30): alla fine il Signore Dio darà a ciascuno un denaro, tanto a chi fin da subito ha sgobbato nella sua vigna quanto a chi si è aggiunto solo all’ultimo. Chi lascia tutto lo fa per seguire Gesù, non per guadagnarsi il premio; e non c’è da essere gelosi se egli è buono e dona la vita anche a chi non ha lasciato tanto quanto noi[11].


[1] Per una sintesi ordinata delle varie ipotesi, cf. V. Fusco, Povertà e sequela. La pericope sinottica della chiamata del ricco (Mc. 10,17-31 parr.), Paideia, Brescia 1991, 18-37.

[2] Qui diamo per presupposto quanto ormai comunemente accettato, e cioè che Marco sia stato il primo Vangelo a essere scritto; e che Matteo e Luca abbiano utilizzato il racconto di Marco come fonte per scrivere il loro Vangelo.

[3] Il testo è preso da J. Gnilka, Il Vangelo di Matteo, II, Paideia, Brescia 1991, 244.

[4] È diversa la questione nei passi paralleli di Marco e Luca, in cui il ricco chiede a Gesù: «Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?»; e Gesù reagisce dicendo: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo» (Mc 10,17-18; Lc 18,18-19). Lì sembra accennata una problematica di tipo teologico, che non è così facile da decifrare; Matteo semplifica la questione: non vuole che ci perdiamo ad affrontare un tema secondario.

[5] Il testo è riportato da Gnilka, Il Vangelo di Matteo, 247.

[6] Fusco, Povertà e sequela, 57.

[7] A tal proposito si può vedere l’articolo di C. Broccardo, «È sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro (Mt 10)», in Parole di vita 53/3 (2008) 25-32.

[8] Per un approfondimento dei racconti di vocazione in Matteo, si veda l’articolo di A. Guida, «I racconti di vocazione e sequela in Matteo», in Parole di vita 53/3 (2008) 18-24.

[9] S. Carbone, «Nuova giustizia nei rapporti con il prossimo. Le “antitesi” (Mt 5,17-48)», in Parole di vita 53/2 (2008) 18.

[10] D. Scaiola, «Secondo le Scritture. Una giustizia superiore», in Parole di vita 53/2 (2008) 42.

[11] La parabola finisce con le parole del padrone: «Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure sei invidioso perché io sono buono?» (20,15). E così Matteo (a differenza di Marco e Luca) si riallaccia alla prima risposta di Gesù al giovane ricco: «Uno solo è buono» (19,17). Per qualche dettaglio in più cf. A. Mello, Evangelo secondo Matteo, Qiqajon, Magnano (BI) 1995, 350.

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ECCO QUALE E’ L’UNICA VERA CONVERSIONE

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LA SANTA MESSA SPIEGATA AI BAMBINI

Cosa accade durante la Messa?

La Messa rende presente a noi il sacrificio di Gesù sulla croce.

Quel sacrificio che è avvenuto sul Calvario, a Gerusalemme, 2000 anni fa, viene misteriosamente reso presente tutte le volte che si celebra la Messa.

Per questo diciamo che la Messa è il memoriale del sacrificio di Gesù, ma questo non significa che è un ricordo: nella Messa Gesù si offre ancora al Padre per ottenere il perdono dei nostri peccati.

Il sacerdote al momento della Consacrazione pronuncia le stesse parole che disse Gesù nell’Ultima Cena. In questo momento il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue di Gesù. Donandosi a noi con l’Eucaristia, Gesù, ci unisce a Lui e tra di noi.

Partecipare alla Messa è la cosa più importante di tutta la nostra vita.

Non c’è infatti nulla di più importante della morte in croce di Gesù, che ha ottenuto per noi la salvezza eterna e ci ha aperto le porte del Paradiso. Quindi la Messa, che ogni volta applica a noi i frutti della morte in croce di Gesù, è la cosa più importante e più bella che ci sia su questa terra.

Per questo quando non andiamo a Messa alla domenica, a meno che non siamo impediti da un serio motivo, commettiamo un peccato grave, perché tutte le domeniche Gesù risorto ci aspetta a Messa.

I fini della Messa sono:

adorare il Signore; ringraziarlo per i benefici che ci dona; implorare il perdono dei nostri peccati; domandare le grazie di cui abbiamo bisogno.


LE PARTI DELLA MESSA

La Messa si svolge in due grandi momenti, che formano un unico atto di preghiera:

– la LITURGIA DELLA PAROLA, che comprende la proclamazione e l’ascolto della parola di Dio;

– la LITURGIA EUCARISTICA, che comprende l’offertorio, la preghiera che contiene le parole della Consacrazione e la Comunione.


PRIMA DELLA MESSA:

– Suona la campana: è la voce di Dio che mi chiama, non voglio mancare!

– Entro in chiesa con anticipo e faccio il segno della croce con l’acqua benedetta. Con questo gesto ricordo la grazia ricevuta nel battesimo, esprimo la mia fede nella SS.Trinità e ringrazio Gesù che è morto in croce per me.

– Saluto Gesù presente nel tabernacolo facendo la genuflessione, prendo posto nei primi banchi e mi inginocchio per dire una preghiera in preparazione alla Santa Messa.

RITI DI INTRODUZIONE

Gesù, sono qui per assistere al Tuo Santo Sacrificio nella Messa, voglio essere devoto e seguirti nei gesti che il Sacerdote compie anche per me. Invoco Maria Santissima e gli Angeli con i Santi a pregare per me, perchè questa Messa mi faccia diventare santo.

Il sacerdote, insieme ai chierichetti, esce dalla sacrestia, e giunto in presbiterio, fa la genuflessione a Gesù presente nel tabernacolo, va verso l’altare e lo bacia perché è simbolo di Gesù. Noi ci alziamo in piedi per accoglierlo, perchè durante la celebrazione, Cristo sacerdote, pastore e maestro del suo popolo, è presente ed agisce attraverso la persona del sacerdote.

– INTROITO
Eseguiamo il canto di introito (ingresso).

Il sacerdote va alla sua sede da dove guida l’assemblea. Assieme a lui facciamo il segno della croce.

Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen.

La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi.

E con il tuo spirito.

– ATTO PENITENZIALE
Facciamo un breve esame di coscienza e chiediamo perdono dei nostri peccati con l’atto penitenziale assieme al sacerdote:

Fratelli, per celebrare degnamente i santi misteri, riconosciamo i nostri peccati.

Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli,
che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni,
(ci si batte il petto) per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa.
E supplico la beata sempre vergine Maria,
gli angeli, i santi e voi, fratelli,
di pregare per me il Signore Dio nostro.

Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna.
Amen.

– KYRIE
Ora recitiamo o cantiamo un’antica acclamazione rivolta al Signore:

Signore, pietà. Signore, pietà.

Cristo, pietà. Cristo, pietà.

Signore, pietà. Signore, pietà.

Queste invocazioni possono anche essere proclamate in lingua greca: Kyrie eléison, Christe eléison, Kyrie eléison.

– GLORIA
Nella celebrazione eucaristica Gesù viene in mezzo a noi. Esprimiamo la nostra gioia alla SS.Trinità, come fecero gli angeli quando nacque Gesù:
Gloria a Dio nell’alto dei cieli
e pace in terra agli uomini di buona volontà.
Noi ti lodiamo, ti benediciamo,
ti adoriamo, ti glorifichiamo,
ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa,
Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente.
Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo,
Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre;
tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi;
tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica;
tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi.
Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo:
Gesù Cristo, con lo Spirito Santo
nella gloria di Dio Padre.
Amen.
– ORAZIONE
Dopo il Gloria il sacerdote recita una orazione rivolta al Signore in cui raccoglie le nostre intenzioni

LITURGIA DELLA PAROLA

Dio ci parla per farci conoscere il suo amore

Gesù, sono qui ad ascoltare la Tua parola, rendimi un cuore docile per mettere in pratica i consigli e i suggerimenti che il Sacerdote in tua rappresentanza mi darà. Fa che la Tua parola venga accolta anche da coloro che non credono e che non conoscono la sana dottrina. Gesù, le tre croci che faccio imitando il Sacerdote sulla fronte, sulle labbra e sul cuore, voglio che imprimano in me la Tua Parola nella mia mente, dalle mie labbra, dentro il mio cuore.

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La liturgia della Parola è la prima delle due parti di cui è formata la S. Messa.

È composta da:

PRIMA LETTURA: è tratta dai libri della Bibbia che compongono l’Antico Testamento (sono i libri scritti prima della nascita di Gesù);

SALMO: è una breve preghiera di lode al Signore molto antica, che sicuramente ha cantato anche Gesù;

SECONDA LETTURA: è tratta dal Nuovo Testamento (ovvero dai libri scritti dagli Apostoli durante e dopo la vita di Gesù sulla terra).

Alla fine di ogni lettura, proprio per ricordarci queste parole vengono dal Signore, il lettore dice: “Parola di Dio” e tutti rispondiamo: “Rendiamo grazie a Dio”

– VANGELO

La proclamazione del Vangelo è la parte più importante della Liturgia della Parola. Il testo del Vangelo fu scritto poco dopo la morte-resurrezione di Gesù da quattro autori, detti evagelisti: San Matteo, San Marco, San Luca, San Giovanni.

Prima di ascoltare il Vangelo esprimiamo la nostra gioia cantando l’Alleluia (acclamazione in lingua ebraica che significa “Lodate il Signore!”, seguita da un breve versetto) e ci alziamo per preparaci ad ascoltare Gesù risorto che ci parla per mezzo del sacerdote. (Nel tempo di Quaresima al posto dell’alleluia si cantano altre acclamazioni come: “Gloria e onore a te, Signore Gesù”)

Quando il sacerdote dice: “Dal Vangelo secondo…” rispondiamo: “Gloria a te o Signore” e facciamo tre piccoli segni di croce col pollice della mano destra in questo ordine:

sulla fronte: voglio pensare a Gesù
sulle labbra: voglio parlare di Gesù
sul cuore: voglio amare Gesù
Al termine della lettura del Vangelo, il sacerdote dice: “Parola del Signore” e tutti rispondiamo: “Lode a te, o Cristo”. Anche queste parole servono per ricordarci che Gesù ci ha parlato attraverso il Vangelo.
– OMELIA
Il sacerdote pronuncia un discorso chiamato “omelia” in cui ci aiuta a capire il significato delle letture e del Vangelo che sono stati letti e ci esorta a vivere secondo gli insegnamenti di Gesù.
– CREDO
Dopo l’omelia ci alziamo per recitare la Professione di Fede detta anche CREDO.
Il Credo riassume i grandi misteri della nostra fede. Ci parla di Dio Padre e delle sue opere; ci dice chi è il Figlio, ci parla del suo essersi fatto uomo per salvarci; ci dice chi è lo Spirito e come opera. Ci ricorda che formiamo un solo corpo, la Chiesa, e che siamo in attesa della vita eterna.
Credo in un solo Dio,
Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,
unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli.
Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero;
generato, non creato; della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di lui tutte le cose sono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo;
(a questo punto chiniamo il capo per adorare Gesù fatto uomo per noi)
e per opera dello Spirito Santo
si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo.
(ora rialziamo il capo)
Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.
Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture;
è salito al cielo, siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti,
e il suo regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo, che è Signore e da la vita,
e procede dal Padre e dal Figlio
e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato
e ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica.
Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Amen.
PREGHIERA UNIVERSALE
In essa si prega per tutti gli uomini, nel seguente ordine: per le necessità della Chiesa, per i governanti e per la salvezza di tutto il mondo, per tutti quelli che si trovano in particolare necessità, per la comunità locale. Il sacerdote invita a pregare con una semplice monizione e conclude con un’orazione.

LA LITURGIA EUCARISTICA:

GESU’ SI OFFRE AL PADRE

La liturgia Eucaristica è la seconda delle due parti che formano la Santa Messa.
È composta da:
Offertorio – Preghiera Eucaristica – Comunione.
– OFFERTORIO o PREPARAZIONE DEI DONI
Il sacerdote offre a Dio il pane e il vino che saranno consacrati.
Gesù, all’Offerta che ti sta presentando ora il Sacerdote, voglio anch’io unire la mia povera offerta. Ti offro il mio cuore perchè sia tuo per sempre. Ti offro i miei studi, la mia malattia, la mia salute, i miei divertimenti, le mie gioie così come anche ogni pena che soffrirò per tuo amore. Mi dispongo con Maria ai piedi della Croce per accogliere i tuoi sospiri dalla Croce e con Lei non voglio fuggire dal Calvario, ma attendere il compimento di ogni tua parola. Infine mi dispongo affinchè questa offerta produca frutti di conversione e i peccatori siano salvati dalla tua misericordia.
Per la celebrazione dell’Eucarestia sono necessari il pane senza lievito (che viene realizzato sotto forma di piccole bianche sfoglie rotonde che chiamiamo ostie) e il vino con qualche goccia d’acqua. Si utilizzano queste sostanze perché sono le stesse che furono utilizzate da Gesù nell’Ultima Cena quando le tramutò nel suo Corpo e nel suo Sangue. Il pane e il vino sono anche il segno del nostro lavoro e dei beni che possediamo.

Durante l’Offertorio i fedeli eseguono un canto appropriato.

I primi cristiani quando si riunivano per celebrare l’Eucarestia, portavano da casa il pane e il vino; per questo, rifacendosi a questa antica usanza, a volte alcuni fedeli portano all’altare i doni per la celebrazione.
Il sacerdote recita una preghiera sui doni portati all’altare e innalzandoli un poco li presenta, cioè li offre a Dio (perciò questo momento si chiama offertorio).
Ad un certo punto il sacerdote mette alcune gocce d’acqua nel calice col vino. Quelle piccole gocce rappresentano la nostra unione con la vita di Gesù, che si è fatto uomo per noi. Inoltre ci ricordano che dal costato di Cristo morto sulla croce, quando fu trafitto uscirono Sangue e Acqua, segno della sua natura umana e divina.

Durante l’offertorio il sacerdote offre a Dio i doni per il Sacrificio anche a nostro nome; uniamoci dunque al Sacerdote offrendo al Signore il nostro cuore, la nostra vita, i nostri affetti, i nostri dolori, tutto il nostro essere.

Dopo si lava le dita dicendo: Lavami, Signore, da ogni colpa, purificami da ogni peccato. Questo ci fa capire quanto grande deve essere la purezza del Sacerdote, che deve tenere fra le mani il Corpo di Gesù; ci ricorda anche il dovere di partecipare alla Messa con l’anima pulita, specialmente se dobbiamo accostarci alla S. Comunione.
Poi il sacerdote ci dice: Pregate, fratelli, perché il mio e vostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.
E noi rispondiamo: Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.
– ORAZIONE SULLE OFFERTE
Il sacerdote recita un preghiera sulle offerte alla quale rispondiamo: Amen.

– PREGHIERA EUCARISTICA

Siamo nel momento centrale della Messa.

Gesù è giunto il momento di fare silenzio e di adorarti. Ti adoro nell’Ostia candida, adoro il Tuo Corpo che fu per me crocifisso sul Calvario, abbi pietà di me. Gesù ti adoro nel Mistero di questo Sangue preziosissimo che hai sparso sulla Croce per la mia salvezza, abbi pietà di me e delle anime dei peccatori.

Il pane e il vino sono sono stati preparati sull’altare e con la preghiera di Consacrazione diventeranno il Corpo e il Sangue di Gesù. La preghiera che ora recita il sacerdote si chiama Preghiera Eucaristica (la parola “eucaristia” significa rendimento di grazie).

Il sacerdote ci invita ad unirci alla sua grande preghiera dicendo:

Il Signore sia con voi. Rispondiamo: E con il tuo spirito.
In alto i nostri cuori. Rispondiamo: Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. Rispondiamo: E’ cosa buona e giusta.
– PREFAZIO E SANTO
Dopo che il sacerdote ha recitato una preghiera di lode e ringraziamento a Dio, detta Prefazio, cantiamo uniti agli Angeli e ai Santi un canto di gloria:
Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell’alto dei cieli.
A questo punto ci inginocchiamo per accogliere Gesù che sarà presente sull’altare.
Le parole della Consacrazione sono le parole più strabilianti che Dio abbia donato alla Chiesa. Possono trasformare un po’ di pane e vino in Gesù Cristo Crocifisso!
Questo grande miracolo si chiama transustanziazione, che significa “cambiamento di sostanza”.
A un certo punto il sacerdote prende in mano l’ostia e pronuncia le parole della Consacrazione, le stesse che disse Gesù nell’Ultima Cena:
QUESTO E’ IL MIO CORPO…

In questo momento l’Ostia non è più un semplice pezzo di pane, come durante l’offertorio, ma è il vero Corpo di Gesù sotto l’aspetto del pane.

Poi il Sacerdote prende in mano il calice col vino e pronuncia le parole della consacrazione:

QUESTO E’ IL CALICE DEL MIO SANGUE

e quel Vino non è più semplice vino, ma è il vero Sangue di Gesù sotto le apparenze del vino; quello stesso Sangue che Gesù versò sulla croce.

Ecco che l’altare è diventato un vero Calvario, il monte su cui fu crocifisso Gesù. Infatti, cio che è avvenuto duemila anni fa, a Gerusalemme, torna ad accadere sull’altare durante ogni Messa.


CALVARIO: Sacrificio cruento – MESSA: Sacrificio incruento

Il sacrificio del Calvario si dice cruento perchè si compì con reale spargimento di sangue.

Il sacrificio della Messa si chiama incruento perchè si compie, in un modo misterioso, senza reale spargimento di sangue.
Sull’altare, dunque, si compie realmente, sebbene in modo misterioso, lo stesso e unico sacrificio che Gesù compì sulla croce.
Infatti sul Calvario la vittima era Gesù; sull’altare la vittima è lo stesso Gesù.
Sul Calvario il Sacerdote era Gesù, che offriva se stesso all’Eterno Padre; sull’altare il vero Sacerdote è Gesù risorto, che offre se stesso all’Eterno Padre per mezzo del sacerdote.

Anche la ragione per cui il sacrificio si offre è la stessa: la salvezza degli uomini.


Infine il sacerdote conclude la Consacrazione con queste parole: Fate questo in memoria di me.
Sono le parole che Gesù disse agli apostoli per invitarli a ripetere attraverso la Messa il suo Sacrificio in croce.

Un grande miracolo si compie in ogni Messa!

Per questo il sacerdote dice: Mistero della fede.
Rispondiamo: Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua Resurrezione nell’attesa della tua venuta.

Il sacerdote prosegue la preghiera eucaristica. In essa il sacerdote prega per la Chiesa, per noi presenti a Messa e per tutti i defunti. Questa preghiera termina con un lode alla Trinità:

Per Cristo, con Cristo e in Cristo
a te, Dio Padre onnipotente
nell’unità dello Spirito Santo
ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.
Amen. (Ora ci alziamo in piedi)

RITI DI COMUNIONE

GESU’ SI DONA A NOI CON IL SUO CORPO E IL SUO SANGUE

Gesù è giunto il momento che tanto aspettavo: unirmi a Te nella Santa Eucarestia. Fa che mi tenga sempre in grazia per goderti un giorno per sempre. Non permettere che mi accosti a Te in stato di grave peccato, donami la perfetta contrizione e fa che la Santa Comunione che sto per ricevere, preservi il mio corpo e la mia anima da ogni pericolo di eterna perdizione, perchè questo anelo dalla tua somma bontà.

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– PADRE NOSTRO
Per prepararci a ricevere la Comunione, il sacerdote ci invita a recitare insieme il PADRE NOSTRO perché:
1) E’ la preghiera di tutti i figli di Dio insegnata da Gesù.
2) Dicendo “dacci oggi in nostro pane quotidiano”, chiediamo a Gesù di diventare il vero cibo della nostra vita.
3) Chiediamo perdono dei nostri peccati e promettiamo di perdonare le offese ricevute.
Il sacerdote dice:
Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire:
Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
Liberaci, o Signore, da tutti i mali,
concedi la pace ai nostri giorni;
e con l’aiuto della tua misericordia,
vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento,
nell’attesa che si compia la beata speranza,
e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo.
Tuo é il regno, tua la potenza

e la gloria nei secoli.

Signore Gesù Cristo, che hai detto ai tuoi apostoli:

“Vi lascio la pace, vi do la mia pace”,
non guardare ai nostri peccati,
ma alla fede della tua Chiesa,
e donale unita e pace secondo la tua volontà.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
Amen.

La pace del Signore sia sempre con voi.
E con il tuo spirito.

Il sacerdote dicendo: La pace del Signore sia sempre con voi, ci dona la vera Pace, che è quella di Gesù risorto, il quale, con il suo sacrificio, ci ha riconciliati con Dio.
In questo momento dobbiamo sentirci come gli Apostoli quando Gesù risorto apparve loro dicendo: “Pace a voi!”.
Poi, su invito del sacerdote, ci possiamo scambiare un breve gesto di pace segno di comunione fraterna. Lo facciamo in maniera ordinata e sobria, porgendo la mano destra soltanto a chi si trova accanto a noi dicendo: La pace sia con te.
– FRAZIONE DEL PANE
Il sacerdote spezza il Pane consacrato, proprio come fece Gesù nell’ultima cena per distribuirlo ai discepoli.
Questo gesto ci ricorda anche le tante ferite e piaghe sofferte da Gesù per noi.
Nello spezzare l’Ostia, il sacerdote ne mette una particella nel calice col Vino consacrato.
Questo rito indica il momento della Risurrezione di Gesù, ovvero quando il suo Sangue, sparso durante la passione, si riunì di nuovo al suo Corpo.
Intanto recitiamo o cantiamo:
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace.
Gesù è l’Agnello di Dio che si è sacrificato per noi. Perciò, prima di riceverlo nella Santa Comunione, gli chiediamo perdono per averlo offeso con i nostri peccati e invochiamo ancora la sua pace.
Poi il sacerdote ci mostra l’Ostia consacrata dicendo:
Beati gli invitati alla Cena del Signore. Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo.
Rispondiamo:
O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato.
A questo punto chi può ricevere la Santa Comunione, dopo essersi raccolto per recitare qualche preghiera di preparazione, si incammina con raccoglimento e modestia dal sacerdote che porge l’Ostia a chi si deve comunicare dicendo: Il Corpo di Cristo. Rispondiamo: Amen.

COME RICEVERE GESU’:

Ci sono TRE CONDIZIONI che dobbiamo rispettare per poter accogliere degnamente e con rispetto Gesù dentro di noi:

1) Essere in grazia di Dio, cioè essere nella sua piena amicizia avendo l’anima pulita da peccati gravi. Chi ha commesso peccato mortale non può fare la Comunione. Dovrà perciò confessarsi prima di ricevere la Comunione, altrimenti commetterebbe un peccato ancora più grave che ferisce profondamente Gesù, chiamato sacrilegio.

2) Sapere e pensare chi si va a ricevere. Dobbiamo riconoscere che nell’Ostia c’è Gesù vivo e vero e desiderarlo con fede e amore. Accostiamoci perciò al Santissimo Sacramento con umiltà, raccoglimento e decenza nel vestire.

3) Essere a digiuno da almeno 1 ora, cioè non possiamo aver mangiato nell’ora che precede la Comunione (in questo tempo di preparazione si può solamente bere l’acqua e prendere le medicine).


Se per qualche motivo non puoi fare la Comunione, non distogliere la tua attenzione dal fare la comunione spirituale impegnandoti di confessarti al più presto per poter ricevere degnamente Gesù-Ostia. Pronuncia con tutto il tuo cuore queste parole:

Signore, credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento. Ti amo sopra ogni cosa e Ti desidero nell’anima mia. Poichè ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore (fai un breve pausa di silenzio). Come già venuto io Ti abbraccio e mi unisco tutto a Te, non permettere che abbia mai a separarmi da Te.


Fare la Comunione ci permette di partecipare pienamente al Sacrificio della Messa; è molto importante perciò essere sempre pronti a ricevere Gesù grazie ad una Confessione frequente e ben fatta.

La Comunione ha inoltre dei meravigliosi effetti:
– ci fa essere più uniti a Gesù e alla sua Chiesa;
– cancella i peccati veniali (cioè meno gravi) e ci protegge da quelli mortali;
– conserva e rinnova la grazia che abbiamo ricevuto col Battesimo;
– ci aiuta ad amare il prossimo.

COME FARE LA COMUNIONE:

La Comunione si riceve stando in in piedi o in ginocchio.

Se ti comunichi stando in piedi, prima di ricevere il Sacramento, china un istante il capo o fai una genuflessione per adorare Gesù che si sta per donare a te.

Il Santissimo Sacramento si assume direttamente in bocca, oppure, nei luoghi in cui è permesso, sulle mani.

(Quando l’Ostia viene data per intinzione, cioè dopo essere stata intinta nel Vino consacrato, si riceve solamente in bocca.)

Se ricevi il Corpo di Gesù direttamente in bocca, dopo aver detto Amen, tieni la lingua un poco avanzata sulle labbra leggermente aperte.

Se invece ricevi il Corpo di Gesù nella mano fai molta attenzione e comportati così: porgi al sacerdote la mano sinistra all’altezza del petto con la mano destra sotto. Appena hai ricevuto la Santa Ostia, spostati leggermente a lato rimanendo rivolto al sacerdote e, con la mano destra, porta subito il Santissimo Sacramento alla bocca (si deve evitare di fare questo mentre ci si volta per tornare al posto e bisogna avere le mani pulite!). Controlla che non siano rimasti dei frammenti del Corpo di Gesù sulle tue mani; se così fosse (ed è molto facile che questo accada) raccoglili e portali immediatamente alla bocca perché Gesù è presente anche nel più piccolo frammento.

Ringraziamento:
Dopo aver ricevuto la Comunione torna al posto e mettiti in ginocchio per ringraziare Gesù. Questo è un momento importantissimo e bellissimo perché Gesù è dentro di te: stai raccolto e adora il tuo Signore. Esprimigli tutta la tua gioia di possederlo. Apri a Lui il tuo cuore e parlagli con grande confidenza, prega anche per le persone vive e defunte a te care.

– ORAZIONE DOPO LA COMUNIONE
Dopo la Comunione il sacerdote recita una breve orazione
RITI DI CONCLUSIONE DELLA MESSA

Gesù, la tua benedizione mi accompagni ora nella giornata e mi aiuti a mantenere i propositi che mi hai suggerito in questa Santa Messa. Fammi missionario della Tua parola, apostolo della Tua dottrina, fedele della Santa Eucarestia. Tornando a casa ti porto dentro di me, fa che diventi testimone della dignità che hai riversato in me. Vergine Santa, mi accompagni la tua benedizione. San Michele Arcangelo mi sostenga la tua spada. San Giuseppe mi protegga la grazia con la quale proteggesti una volta il Bambin Gesù dalle minacce di Erode, fammi custode di questa Santa Messa perchè possa conservarmi come vero amico di Gesù.

Il sacerdote ci benedice con il segno della croce e e ci invita a far conoscere Gesù, che abbiamo ricevuto nella Santa Comunione, a tutti i nostri amici.

Il Signore sia con voi.
E con il tuo spirito.

Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo.
Amen.

La Messa é finita: andate in pace.
Rendiamo grazie a Dio.

Per esprimere il nostro ringraziamento al Signore ci uniamo all’assemblea partecipando al canto finale.
Così termina la Messa, ma è importante non scappare subito fuori dalla chiesa!
È bene fermarsi qualche minuto a pregare e a ringraziare ancora Gesù per il grande dono che ti ha fatto. Puoi dire anche un’Ave Maria per chiedere alla tua Mamma del Cielo di aiutarti ad amare suo Filglio Gesù con tutto te stesso e perchè ti aiuti a fare tesoro dei benefici che hai ricevuto partecipando alla Santa Messa.
Uscendo dal banco fai la genuflessione per salutare Gesù sempre presente nel Tabernacolo. Prima di uscire dalla porta della chiesa fa il segno della croce.
La celebrazione della Messa è finita, ma ora comincia la Missione! È importante che la Messa continui nella tua vita; è bello e grande, infatti, rimanere sempre uniti a Gesù e farlo conoscere a chi ancora non ha avuto la grazia di averlo incontrato.